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Interviste SOMMARIO

IRONTHORN: una leggendaria tempesta hard & heavy per salvare il mondo!

A livello di realtà musicali underground alquanto interessanti, il nostro Bel Paese è da sempre stato fucina di numerosi talenti dal più variegato background artistico. E spesso, ma non solo, il Sud Italia ci ha regalato molti act di spessore e rilievo che, nel corso degli anni, si sono poco a poco fatti strada nel difficile mondo del rock e metal nazionale ed europeo. Lungi dal voler fare in questa sede una lunga disquisizione sul tema in itinere, basti soltanto dire che i nostri ospiti di oggi, gli IronThorn, non faccio certamente eccezione alla variegata schiera di band italiche provenienti, nella fattispecie, dalla gloriosa Sicilia! Il loro sound, dedito ad una reinterpretazione in chiave moderna dei principali riferimenti di matrice hard’n’heavy anglosassone, appare quindi diretto ma allo stesso tempo ricco di molteplici sfumature. Giunti all’incirca due anni or sono all’importante traguardo del secondo full-lenght discografico, dopo il piacevole debutto ‘After The End’ (2017), i nostri hanno riconfermato il loro potenziale in questo secondo recente ‘Legends of the Ancient Rock’ (pubblicato a Novembre 2019 per la Sliptrick Records). Ed è a partire da un’approfondita analisi sulle composizioni e tematiche trattate nel loro ultimo disco che ha preso il via la nostra interessante e lunga intervista, durante la quale abbiamo avuto modo di trattare diversi argomenti: dalla genesi dei brani, al confronto con il disco precedente, fino ai loro riferimenti stilistici, i sogni nel cassetto ma soprattutto i progetti post-pandemia! Insomma, non ci resta che augurarvi una buona lettura e come sempre, rock on!

Salve ragazzi e benvenuti sulle pagine di VeroRock.it, complimenti innanzitutto per il vostro ultimo lavoro in studio che ho ascoltato veramente con molto piacere! Partendo proprio da ‘Legends of the Ancient Rock’, pubblicato oramai poco più di due anni fa (a Novembre 2019 per la Sliptrick Records), qual è stato il responso della critica e dei fan? Grazie Raffaele, e grazie a tutta la redazione di VeroRock.it . per noi è sempre un piacere parlare di musica ed esporre info e  curiosità riguardo la nostra attività, e ci lusinga sapere che hai apprezzato ‘L.O.T.A.R.‘, Disco che ha rappresentato per noi una sorta di affermazione della nostra personalità musicale ricca di sfaccettature diverse. Proprio quest’aspetto probabilmente è quello che è più risaltato agli occhi della critica, la quale devo dire che è stata molto lusinghiera nei nostri confronti, e la cosa ci riempie ovviamente d’orgoglio e ci sprona a cercare di fare sempre meglio, i fan poi si sa spesso sono di parte ;)) ma sicuramente chi ci ha conosciuti con ‘After The End‘ ha trovato in ‘L.O.T.A.R.’ un lavoro decisamente più maturo, che anticipa eventuali direzioni future.

Quanto secondo voi ha influito, sia in positivo che in negativo, la pubblicazione di questo disco poco prima dell’aimè ancor oggi impellente pandemia di covid-19? Mi spiego meglio: se da un lato è stato difficile portarlo in tour, siete riusciti tramite i vostri canali a mantenere desta l’attenzione dei fan e degli appassionati? Beh tocchi sicuramente una nota dolente, questa triste situazione che ci ha coinvolti tutti, sicuramente ci ha notevolmente frenati per ciò che riguarda le esibizioni dal vivo in un periodo in cui avevamo cominciato a pianificare una tournée europea , come supporter di una notissima band internazionale ed è chiaro che questo ci ha fatto rosicare parecchio. Ma era inevitabile, abbiamo cercato comunque di sfruttare questo periodo per dedicarci a progetti paralleli come la partecipazione a delle compilation tributo e dei “streaming festival” che probabilmente “in tempi di pace “ avremmo tenuto in disparte. Questo ci ha sicuramente permesso di non abbandonare i nostri fan che talvolta eravamo soliti intrattenere anche con quei classici video, oramai battezzati “corona version”  che tanto spopolavano sui social nei periodi di lockdown.

Rispetto al primo album di debutto, ‘After The End’ (2017), quali sono le principali differenze ed analogie presenti nell’ultimo ‘Legends of the Ancient Rock’ sia a livello di tematiche che a livello compositivo? Dunque in un certo senso ‘L.O.T.A.R.’  rappresenta il sequel concettuale di ‘After The End‘, il nostro primo album che delinea la scena di una fuga da una prigione militare, rappresentando  i legacci e le catene mentali che ci tengono prigionieri di preconcetti, bugie corruzione e  pensieri dominanti. Mentre il primo disco percorre la strada che dirige l’ascoltatore verso la via d’uscita dal da questa condizione di prigionia, con uno spirito decisamente ribelle e combattivo, ‘L.O.T.A.R.’ rappresenta la fase successiva, quella in cui una volta riusciti a scappare da tutto questo, fiduciosi di trovare lidi paradisiaci, in un mondo libero, ci si trova davanti una scena di completa devastazione, uno scenario post-apocalittico ai limiti del distopico in cui ci si rende conto che ciò che stava accadendo fuori dalla prigione stava scaraventando il mondo in uno stato di rovina e disperazione. Ma è proprio quello il momento in cui si scorge una forza sublime, una pietra che racchiude in se un potere sovrumano, una nuova speranza per tutti quelli che erano piombati nello sconforto. Questa pietra rappresenta la potenza illimitata della musica, a cui in pratica è dedicato l’intero disco, e per dare una nota ancor più leggendaria a questo concetto, ogni brano è fortemente intrecciato concettualmente con stralci di miti e leggende di varia provenienza, dalla mitologia norrena a quella classica greca, fino ai miti e le leggende letterarie moderne. Sicuramente tra i due dischi c’è una differenza di fondo legata ad una produzione un po più volutamente acerba e minimalista di ‘After The End‘ ad una più curata e incisiva di ‘L.O.T.A.R.’ in cui ha influito parecchio anche l’affiatamento, sia da un punto di vista musicale che da un punto di vista umano, che è notevolmente cresciuto tra di noi nel tempo. Oggi componiamo guardandoci negli occhi e capiamo esattamente le intenzioni di ognuno senza filtri e soprattutto senza limiti di sorta, ne di stile ne di sound ne tantomeno di genere. I due album restano comunque legati dall’intenzione, fortemente voluta,  di rispolverare i classici del passato e renderli attuali attraverso tematiche e sound più moderni, e sicuramente da questo punto di vista il digitale ci da una grande mano d’aiuto.

Entrambi i dischi sono stati prodotti dalla Drakonerius Production di Maurizio Liberto. Com’è nata questa collaborazione con questa interessante ed attiva realtà siciliana presente nella scena metal underground? Continuerete anche in futuro a collaborare con loro? Vi sveleremo un grande segreto: Drakonerius, per gli amici “Drako”, altri non è che, udite udite, il nostro chitarrista :)). La verità è che probabilmente non esisterebbero gli Ironthorn senza la Drakonerius e viceversa: tutto parte proprio nel lontanissimo 2014 quando cominciavano a prendere forma i primi riff di “Eternity” e “Blind” che volevamo a tutti i costi far sentire al di fuori della nostra sala prove. Maurizio a quel punto prende la situazione in mano e decide di rendere il soggiorno di casa sua un rudimentale studio di registrazione. Naturalmente da li sono cambiate tante cose, ogni settimana ci arrivavano foto che immortalavano nuove attrezzature e nuovi giocattolini, è cambiata la sede , e nel tempo  Maurizio(Drako) ha acquisito tutte le conoscenze necessarie a padroneggiare le varie tecniche relative a questa passione che è diventata nel tempo un lavoro!

Rispetto agli esordi nel 2014, cosa è cambiato all’interno della band, sia in termini di musicisti coinvolti che in relazione allo sviluppo di un sound più maturo? Quale secondo voi il punto di svolta che vi ha portato sino ad oggi? Beh, per trovare l’assetto giusto occorre sempre del tempo: le prime idee nacquero con una formazione leggermente diversa da quella attuale, in pratica la sezione ritmica in toto era diversa. Nel tempo si sono alternati diversi musicisti con cui, per un motivo o per un altro, non si è instaurata quell’empatia e quella sintonia che ti permettono di remare in una direzione, proprio come una squadra. Oggi con l’attuale formazione abbiamo trovato il giusto equilibrio per fare proprio questo gioco di squadra in cui tutti e cinque abbiamo voce in capitolo su tutto, seppur ognuno ha un suo ruolo che va rispettato e incentivato; provando ad esprimere una metafora calcistica, l’attaccante non prova a parare i tiri degli avversari, per quello c’è il portiere e viceversa. Ognuno di noi poi ha un background musicale e delle inclinazioni leggermente diverse, ma volutamente ricerchiamo questa eterogeneità, convinti che ci dia personalità. Individualmente siamo liberi di esprimere le nostre personalità sia in termini di sound che per ciò che concerne l’aspetto compositivo, cercando di smussare solo gli angoli per non cozzare con gli altri, un lavoro che ormai col tempo è diventato quasi un riflesso involontario.

Domanda forse un po scontata ma doverosa: quali sono le vostre principali influenze a livello sia di ascolto personale che di riferimenti stilistici anche al di fuori dell’universo hard’n’heavy? Come dicevamo prima, proveniamo da generi diversi ma convergiamo comunque nell’amore per il metal, hard’n heavy e sue varie sfaccettature: Luigi, il nostro cantante, viene prevalentemente da scuola Hetfield ma paradossalmente anche dal grunge e non disdegna ascoltare realmente qualunque cosa per cui si senta in giornata, tanto che canta anche in una band swing e rythm’n blues; Maurizio, chitarrista e produttore, è fortemente legato al classic power, band come Helloween, Stratovarious, Gamma Ray… ma anche lui è un fan sfegatato dei Metallica, e come biasimarlo! Gabriele, altro chitarrista, viene da scuola blues, rockabilly, ma è un grande appassionato anche dei grandi classici (Zeppelin , Deep Purple etc.) ed è un fan sfegatato dei Dream Theater; Eliseo, il bassista, è praticamente fissato con i Black Sabbath ma ogni tanto ci “stupisce” con chicche tipo Alberto Camerini; ed infine Anthony, il drummer, che forse anche per la sua età (è il più giovane tra noi e lo bulliziamo :)) è cresciuto a pane e Slipknot, e nei momenti di pausa in sala ci alletta con passaggi stile Avenged Sevenfold. C’è da dire comunque che siamo tutti di mentalità molto aperta, è vero siamo fortemente legati ai classici, tipo Maiden, Judas Priest, Motorhead, etc. ma non disdegniamo anche altro come il punk, la musica classica o il cantautorato italiano…E tanto per non farci mancare nulla, qualche mese fa, in collaborazione con una webzine internazionale, abbiamo riarrangiato un brano dance ’90s in chiave metal!

Il vostro debutto discografico, ‘After The End’, includeva in allegato anche una storia a fumetti. Com’è nata questa idea? Avete pensato di utilizzare qualcosa di simile anche in futuro per descrivere i brani presenti su disco? Beh l’idea di fondo era quella di coinvolgere l’ascoltatore a 360 gradi, volevamo raccontare una storia…e per essere più incisivi abbiamo fornito anche un breve supporto visivo/narrativo. Per far questo ovviamente, nel primo album, abbiamo rinunciato al classico booklet con i vari testi dei brani e lo abbiamo reso un breve albo a fumetti, grazie alla collaborazione con Francesco Montalbano, nostro amico e fumettista. Per il futuro beh, la storia parte con ‘After The End‘ continua con ‘L.O.T.A.R.‘ che è un tributo alla musica per cui ci sembrava doveroso dedicare tutta l’attenzione all’ascolto, ma ovviamente la storia non è ancora finita…In quest’ottica non possiamo escludere l’idea di rivalutare il fumetto ma al momento non è in progetto concretamente; chi lo sa, magari ne alleghiamo uno col nuovo album, prendi due paghi uno :)).

Il vostro approccio musicale rientra, secondo il mio punto di vista, pienamente nell’universo classico hard’n’heavy, per intenderci ad un sound classico e compatto con riferimenti evidenti a Judas Priest, Saxon, Savatage e chi più ne ha più ne metta, ma al contempo risulta comunque al passo con i tempi. La vostra è la classica formazione heavy metal con due chitarre, ma sono per caso presenti altri contributi strumentali in questo disco? Chi suona ad esempio le parti di flauto sulla struggente “Phoenix”? In effetti le nostre influenze sono chiare e sono assolutamente volute: non rinneghiamo il passato anzi, la nostra intenzione è proprio quella di dare a modo nostro continuità ad un genere che ha visto la sua massima luce nei leggendari anni 80 e che ha incentivato parecchi musicisti provetti ad imbracciare uno strumento e dire la propria, un genere che vive nel cuore di molti , un genere che probabilmente in italia non ha mai attecchito come in altre aree geografiche , ma che sicuramente ha lasciato il segno  nella società e in altre forme d’arte come la cinematografia la moda e altro. L’ausilio  di strumentazione digitale, come dicevamo prima, ci consente di levigare il sound in maniera che risulti un po moderno, ma che richiami comunque quelle note del passato: non escludiamo pertanto l’utilizzo di strumenti “atipici” e non convenzionali qualora il loro utilizzo abbia un nesso col contesto. In quest’ottica abbiamo anche un po voluto giocare con “Phoenix” in cui compare quasi da lontano questo strumento tipico della nostra terra, lu “Friscalettu”, ovvero uno zufolo rudimentale costruito con canna palustre . In“Phoenix” è il nostro cantante Luigi a intonare il giro di Friscalettu, in un brano che utilizzando la figura mitologica dell’araba fenice descrive le crude realtà della nostra terra e della difficoltà soprattutto dei musicisti e degli artisti in genere di spiccare il volo e prendere fuoco metaforicamente e che quindi spesso sono costretti ad abbandonare la propria terra. Dovevamo dare una nota tipica della tarantella siciliana, e cosi sia la ritmica che il Friscalettu come le chitarre cooperano per costruire quest’escalation dalla cadenza fortemente sicula che si chiude col fragore del battito d’ali della fenice.

Reputo alquanto interessante il vostro approccio compositivo che dedica la giusta importanza sia agli arrangiamenti che ai testi presenti. Come nascono e si strutturano i vostri brani? Quale il processo compositivo alla base? Generalmente partite prima dalle liriche o da spunti strumentali? Guarda, il nostro approccio alla composizione in genere è molto “old style”: ci vediamo in sala, ognuno espone varie idee, riff, parti ritmiche , talvolta pezzi già strutturati ma da definire. In sala cominciano poi a prendere vita, ognuno di noi può proporre delle modifiche anche rispetto al lavoro degli altri; il nostro insomma è un processo del tutto democratico, certe volte cominciamo un pezzo, che in prima battuta non ci convince del tutto e decidiamo simultaneamente di metterlo un po da parte ed elaborarlo; dopo qualche settimana prenderà la forma più adatta e gli spunti necessari a diventare un brano degli ironthorn. Possiamo sicuramente dire che quasi tutti i nostri pezzi siano nati di getto in sala: Luigi, il nostro cantante, in questo frangente abbozza istintivamente delle linee vocali a cui poi assocerà un testo, dettato dalle tematiche che precedentemente abbiamo discusso insieme e adattato all’andamento della musica. Il tutto poi viene smussato e finalizzato in fase di registrazione e mix grazie al sapiente lavoro di Maurizio in sincro con quello di tutti noi. 

A proposito di ospiti presenti sull’ultimo disco, ho naturalmente apprezzato la presenza del mitico Roberto Tiranti (Labyrinth, Mangala Vallis, Ken Hensley Live Fire, Wonderworld, New Trolls, ecc.)! Com’è nata questa bellissima collaborazione concretizzatasi nel brano “The Seed Of Fire”?Sicuramente la presenza attiva di un mostro sacro italiano come Roberto non ha potuto che riempirci di orgoglio e ci ha fatti emozionare come dei bambini alle prime strimpellate. Riteniamo che sia un artista superlativo, per questo una volta venuti a conoscenza del fatto che eravamo entrambi con Sliptrick Records non è stato complicato trovarci per iniziare a parlare del progetto di “The Seed Of Fire”. Dall’altra parte abbiamo trovato oltre che un grande artista anche una persona meritevole di stima, che si è approcciata a noi con grande umiltà e che ci ha dato anche delle perle di saggezza che ci hanno permesso e ci permetteranno di fare meglio in futuro. Abbiamo avuto occasione di incontrarci nel 2019 in occasione di un concerto dei Wonderworld e si è instaurato un bel rapporto di amicizia oltre che professionale sia con lui che con Ken e Tom , delle persone davvero alla mano!

Nonostante ‘Legends of the Ancient Rock’ sia uscito solo pochi mesi prima della pandemia, come avete trascorso il periodo del lockdown? Avete in questi quasi due anni scritto e composto nuova musica per il prossimo disco?L.O.T.A.R.‘ è la nostra creazione, un po come un figlio, per cui nel 2019 quando uscì non vedevamo l’ora che spiccasse il volo e che andasse avanti da sé. Sicuramente ha avuto un ottimo riscontro, ovviamente frenato per ciò che riguarda la sua presentazione dal vivo. Ciononostante come dicevamo prima abbiamo cercato di rimanere attivi sia da un punto di vista social, sia a livello compositivo. Durante i lockdown naturalmente abbiamo avuto più tempo e anche più spunti per riorganizzare le idee e metterne giù altre di nuove. Oggi abbiamo così tanto materiale da poter fare altri 2 dischi! Naturalmente abbiamo già iniziato a lavorare in sala alle nuove idee ma probabilmente stavolta avremo bisogno di un po di tempo in più proprio per scremare la mole di materiale da inserire nel prossimo disco.

Sempre in riferimento a questo periodo di allontanamento dai palchi, siete riusciti ultimamente ad esibirvi live, portando on stage i brani dell’ultimo album? Avete in programma nuove date o un mini tour in giro per l’Italia o altri paesi europei? In quanto musicisti, non possiamo stare troppo lontani dai palchi che sono il nostro nutrimento, quindi alle prime occasioni utili siamo riusciti a suonare limitatamente alla Sicilia, in diverse occasioni come il Meltin’prog fest D-ONE, tenutosi a Catania e il Teste Dure Metal Fest a Palermo. Ad oggi si sta concretizzando la possibilità di fare un piccolo tour italiano ma, data la situazione COVID attuale ancora non risolta del tutto, preferiamo non sbilanciarci troppo nel dare news.

Come voi stesso affermate nel descrivere l’ultimo disco, ‘Legends of the Ancient Rock’ vuole essere una sorta di tributo alla musica e alle band che vi hanno da sempre ispirato. Se poteste scegliere tra gli artisti che più ammirate o che maggiormente vi hanno ispirato, viventi e non, quali vorreste nella vostra lineup ideale con cui suonare? Eh beh…domanda da un milione di dollari! Forse non basterebbe un festival di 4 settimane a raggruppare tutte le personalità e tutte le band a cui siamo legati. In “Legends”, semi omonimo brano dell’ultimo album, abbiamo voluto proprio ringraziare alcune di queste figure, o almeno quelle che siamo riusciti ad inserire in un brano di meno di 6 minuti. Su Youtube abbiamo pubblicato un simpatico lyric video in cui le band e i musicisti coinvolti nel brano attraverso citazioni di loro canzoni, sono raffigurati in chiave fumettistica, e potrebbero comporre un ipotetica line up. Cinque di loro sono menzionati per nome nel ritornello, 1 scelto da ognuno di noi: in ordine, Bruce Dickinson, James Hetfield, Dimebag Darrel, Joey Jordison e Jimmy Page.  Nel video si vedono anche il mitico e compianto Lemmy Kilmister, Ozzy osbourne, Dave Mustaine, Robert Plant, Rob Halford, Ronnie James Dio e tanti altri!

Sempre parlando di ‘Legends of the Ancient Rock’, potete brevemente parlarci di com’è nata l’idea alla base di questo album? Esiste una correlazione tra i diversi brani o, invece, seguono tematiche differenti? Ciò che  rende omogeneo l’album e da continuità ai vari brani è il risalto dato al “potere della musica” e l’utilizzo del mito, della leggenda, in ognuno di essi. Ogni brano è legato in misura differente ad avvenimenti, a storie e a riflessioni che in qualche modo trovano applicazione nella nostra attività musicale. L’idea nasce una sera casualmente in pizzeria, parlavamo delle nuove idee e si materializza nella mente di Luigi questa pietra al centro dell’album, giocando con la dualità del termine “rock” tradotto letteralmente come pietra e rock come genere musicale suggerito da Maurizio (inizialmente voleva essere “stone”). Partendo da quest’immagine abbiamo tutti cominciato a viaggiare con la mente, l’idea era quella di creare un vero e proprio manifesto, un biglietto di ingresso che ci consentisse di entrare nel cuore e nella mente delle persone, mettendo in primo piano non noi come band, ma dando il ruolo di protagonista alla musica stessa, perché riteniamo che sia sempre la musica a meritare il posto di rilievo noi siamo solo degli strumenti in dotazione ad essa.

Sono rimasto piacevolmente colpito, in particolar modo, da alcuni brani presenti in questo full lenght: “Ladro del Tempo”, “The Seed of Fire”, “My Cure” e “Phoenix” soprattutto. Mi ha sorpreso altresì la vostra capacità, a livello lirico, di astrarre episodi della quotidianità, rileggendoli in chiave quasi metafisica o filosofica, attraverso la correlazione con la mitologia greca e nordica. Raccontateci qualcosa di più rispetto ai suddetti brani e al significato di fondo che li caratterizza ciascuno! La correlazione tra i brani e l’uso di miti e leggende è fortemente voluta come dicevamo prima per imprimere a tutto l’album una nota solenne e altisonante che vogliamo attribuire all’essenza della musica stessa. Scendendo nello specifico abbiamo ricorso all’utilizzo ad esempio del mito del Prometeo incatenato in “The Seed Of Fire” per delineare il legame del musicista con la musica stessa, legame che va aldilà della sofferenza e della morte stessa. In “My Cure” l’accostamento è con la mitologia norrena nello specifico si riferisce al rapporto tra Loki e Sygin , un amore incondizionato che va aldilà del senso di giustizia e dall’integrità morale, un amore che non vede barriere etiche, proprio come Sygin che continuò ad amare il suo Loki, Dio dell’inganno, dopo le sue tante malefatte donandogli sollievo e addolcendo la sua condanna. “Werewolf” poi utilizza questa figura leggendaria del lupo mannaro per sfatare uno dei più grandi luoghi comuni che il musicista e soprattutto il “Metallaro” sia  uno scappato di casa brutto sporco e avvezzo alla delinquenza, (forse brutti e sporchi si , ma non scippiamo le vecchiette ;). “The Call Of Silence” sfrutta invece il mito letterario di Lovecraft, “Cthulhu” per creare un accostamento tra sogno e realtà, tra giorno e notte, tra silenzio interiore e frastuono, laddove spesso il momento più propizio per l’artista è proprio quello notturno, fatto di sogni e incubi, che non preoccupano lo stesso che invece li brama ardentemente in quanto stimolanti per l’immaginazione, e attende quindi il suo “richiamo”,  ed un amara realtà fatta invece di ipocrisia e sofferenza. In “Ladro del Tempo”  nuovamente ricorriamo alla mitologia greca e più precisamente alla Titanomachia, lo scontro tra dei e titani, per descrivere il difficile rapporto tra individui come spesso padre e figlio o comunque individui di generazioni diverse, in relazione alla musica e all’ inclinazione da parte dei più giovani di fare della musica il proprio mondo. “Trick Or Treat” infine capta l’essenza di una leggenda anglosassone, quella di Jack’o lantern, uomo ingannevole, che ha la presunzione di scommettere col diavolo in persona e in prima battuta riesce ad avere la meglio ma alla fine dei giochi perirà nel buio totale, in cui sarà costretto a vagare solo con un tizzone ardente a fargli compagnia, il quale, inserito in una rapa, la renderà una lanterna; rapa che nelle raffigurazioni più moderne diventa la caratteristica zucca di halloween. Il brano sfrutta questo racconto per parlare delle difficoltà che talvolta il musicista trova  nel rapporto con i suoi compagni che talvolta possono giocare brutti scherzi e provare a minare l’integrità di un progetto, scornandosi con l’essenza stessa della musica che costruisce e unisce. Per quanto riguarda “Phoenix” abbiamo già avuto modo di parlarne ampiamente prima. 

Il brano di chiusura è la lunga e sublime “The Ancient Rock”, totalmente strumentale. Qual è il significato del brano e com’è nato e si è sviluppato? Ci sembrava in un certo senso doveroso chiudere un disco dedicato alla musica con un brano strumentale, un brano che permettesse all’ascoltatore di essere emotivamente trascinato, senza supporto testuale. Per dare continuità alla “storia” abbiamo come dire, voluto inserire una “colonna sonora” alla fine, che potesse eventualmente riallacciarsi ad un eventuale seguito. “The Ancient Rock” infatti rappresenta il momento in cui si elabora tutto quanto precedentemente detto, si prende coscienza che questa  “pietra”  racchiude in sé un enorme potere, ci si prepara allora ad un incalzante battaglia, stavolta con una potente arma tra le mani. E’ questo il motivo per cui il brano racchiude momenti riflessivi e travagliati e altri taglienti e sprezzanti un po come un “pre-carica”, lasciando anche all’ascoltatore il tempo di riflettere ed eventualmente ricominciare da capo; “The Ancient Rock” infatti si conclude con lo stesso intro del disco in reverse, quasi a voler dire, se ancora non sei certo…ricomincia e rielabora!

Siete ormai sulle scene underground italiane da diversi anni. Quali sono i gruppi con i quali avete un rapporto di stima e amicizia, sia provenienti dalla Sicilia che da altre regioni, anche nazioni europee? Chiaramente trovandoci spesso a suonare in vari festival abbiamo la possibilità di conoscere le varie e numerose altre band con cui condividiamo il palco, si instaurano rapporti di amicizia e soprattutto sin dal primo momento con molti di loro abbiamo l’impressione di conoscerci già da una vita, chiaramente è l’amore per la musica che imprime in noi questo legame. Di recente abbiamo avuto modo di suonare con i romani The Last Sound Revelation con cui si è nato subito questo tipo di legame, quando il sentimento è affine i legami si creano repentinamente anche tra regioni se non nazioni diverse, lo stesso vale per i Wonderworld di Roberto di cui parlavamo prima. In Sicilia sono numerose le band con cui abbiamo questo tipo di legame e per cui nutriamo stima: dagli storici Nuclear Simphony , ai  Metathrone, Dark Secret, Inchiuvatu, Hot Alien Sauce, Yasna, Thrash Bombz…potremmo stare qui ad elencarli tutti ma sono veramente un mucchio di persone.

Con quale artista internazionale o anche nazionale vi piacerebbe esibirvi sul palco e perché? Sicuramente restiamo legati particolarmente a quelle band che in qualche modo ci hanno avvicinato al genere, per questo motivo se potessimo scegliere e con una non velata punta di presunzione primi tra tutti  Metallica e Iron Maiden. Aldilà di queste immagini oniriche, ci siamo sempre detti che ci piacerebbe avere l’occasione di suonare “The Seed Of Fire” con i grandi Labyrinth di Roberto Tiranti.

In riferimento all’attuale panorama hard’n’heavy tricolore, cosa pensate in generale della scena metal? Quali i punti di forza e quelli di debolezza su cui intervenire rispetto magari ad altre realtà europee di riferimento? In Italia seppur il genere probabilmente non è mai riuscito ad avere un supporto collettivo importante, aspetto che alcuni puristi ritengono positivo, è altresì vero che abbiamo e abbiamo avuto delle realtà di stampo anche internazionale che non si possono assolutamente tralasciare: vedi i Labyrinth più volte menzionati, i Rhapsody of fire, i Lacuna coil, Necrodeath, Strana officina, Sabotage, e tanti altri, tutte band che al di fuori della realtà italiana sono acclamate e accolte con l’onore e il rispetto che meritano. Ma , Probabilmente, da un po di tempo il punto di riferimento unico nell’ambito resta il nord Europa e le etichette tedesche, vedi Century Media e Nuclear Blast che dettano in un certo senso la direzione da seguire. Purtroppo  Il nostro paese resta legato a dei preconcetti musicali e talvolta ideologici che purtroppo non rendono giustizia alle tante band e etichette indipendenti legate alla scena underground, che meriterebbero sicuramente di più, motivo per cui purtroppo molte di esse gettano la spugna. Noi teniamo duro e non abbiamo assolutamente intenzione di fermarci, ma riteniamo che sicuramente si dovrebbero supportare maggiormente questo tipo di realtà per fare in modo di accrescere l’interesse e l’adesione da parte di giovani musicisti ad una vera e propria sottocultura, che c’è , esiste, e vuole farsi sentire a gran voce!

Nei vostri precedenti tour, quali sono stati i momenti o gli eventi a cui avete preso parte che ricordate con piacere? Quali invece quelli che vi hanno segnato maggiormente in maniera negativa? Sicuramente la scena che ci ha fatto più piacere fu in occasione della presentazione del disco nel 2019: in quel frangente siamo stati piacevolmente colpiti nel vedere dei ragazzini di 13/14 anni cantare tutte le nostre canzoni a squarciagola, in quell’occasione Luigi scese dal palco e li invitò a cantare con loro al microfono; questo in qualche modo ci ha riempiti di orgoglio e di speranza per il futuro della musica, oggi nel contesto italiano non è facile che dei giovanissimi si avvicinino al genere e soprattutto alla scena underground. Quanto ai momenti negativi, diciamo che non ci sono mai state delle situazioni estremamente dannose per noi, sicuramente viaggiando ci troviamo spesso nelle condizioni di affrontare 5/6 ore di viaggio prima e dopo  un gig, quindi notti in bianco passate a guidare un furgone, e vedere l’alba ancora intrisi di sudore. A proposito di sudore ricordiamo in particolare un live ad un motoraduno, nel mese di agosto al chiuso, eravamo praticamente in un buco, abbiamo sudato cosi’ tanto che facevamo fatica a non scivolare dal palco. Un altro momento di tensione fu ad un festival , subito dopo una nostra esibizione iniziò a suonare un’altra band, nel frattempo eravamo scesi in mezzo alla folla per pogare insieme agli altri e nell’impeto Luigi scaraventò con una spallata il nostro ex bassista su un vaso di cemento, morale della favola passammo il resto della serata in ospedale, ma alla fine tutto si risolse per il meglio…o ancora il nostro ex batterista che si ubriacò pesantemente prima di suonare e si alzò dalla sua postazione per mettersi a chiacchierare e vagare durante la nostra esibizione!  Non parliamo comunque di momenti che ci hanno realmente segnato ma di episodi, certo spiacevoli che spesso fanno parte dei giochi, e che col passare del tempo diventano anche degli aneddoti divertenti.

A livello personale, siete tutti coinvolti anche in altri progetto o collaborazioni in ambito musicale? Di cosa vi occupate nelle vostre rispettive vite? Dunque, oltre gli Ironthorn ognuno di noi naturalmente coltiva varie passioni anche molto differenti dalla musica. Maurizio è un gamer , per cui nei momenti di svago potete trovarlo alla sua super postazione da gioco tutta a led colorati doppio schermo e cuffie, quando non è all’altra postazione ovviamente quella di produzione che è ancora più Hi-Tech. Luigi oltre che con gli Ironthorn canta anche in qualche cover band con cui fa vario tipo di serate , ha anche la passione della subacquea e della fotografia. Gabriele fa gare di body building , ed è anche un preparatore atletico; Eliseo è un appassionato di pesca ed infine Anthony è uno studente di scienze infermieristiche.

Dopo aver ospitato e collaborato con il mitico Roberto Tiranti, con quali altri artisti vi piacerebbe o avete intenzione di collaborare nella composizione dei nuovi brani? Avete già in mente qualche nome o contattato qualcuno? O con chi magari avreste voglia di collaborare realisticamente parlando? Ci stimola sempre la possibilità di poter collaborare con altri artisti, di condividere la nostra musica con personalità che hanno un esperienza di gran lunga superiore alla nostra e da cui riteniamo di avere tanto da imparare, per cui queste collaborazioni, non sono solo fine a se stesse o delle mere questioni di marketing, ma realmente vogliono essere per noi anche motivo di crescita e di confronto. In quest’ottica abbiamo più volte parlato di voler nuovamente coinvolgere in futuro, qualche artista esterno alla band, e si sono fatti diversi nomi, primo tra tutti quello della favolosa frontgirl dei Lacuna Coil, Cristina Scabbia, ci intriga parecchio l’idea di “spezzare” con una voce femminile che stilisticamente si discosta dagli Ironthorn, ma staremo a vedere, non ci siamo fatti avanti,  per cui al momento resta un idea!

Ragazzi, la nostra piacevole chiacchierata è giunta al termine, ma vi ringrazio nuovamente per tutto il tempo prezioso e per la vostra disponibilità. Ultima domanda: quale consiglio dareste ai giovani musicisti che si apprestano ad intraprendere il vostro stesso duro e lungo percorso artistico? Grazie a te Raffaele, grazie per aver voluto approfondire con grande professionalità vari aspetti della nostra attività . Alle generazioni future ed ai giovanissimi che sentono viva la musica dentro, non vogliamo fare sicuramente una paternale dall’alto della nostra saggezza, possiamo solo dire, aldilà di tutte le difficoltà che si possono affrontare in questo contesto, che la soddisfazione di potersi esprimere in maniera genuina attraverso la musica, la possibilità di condividere emozioni, esperienze, amicizie, alla lunga ripaga tutto il sangue buttato in sala prove, ripaga le notti insonni a costruire riff e ripaga le ore passate a studiare il proprio strumento, la musica non delude mai, l’importante è non sentirsi mai superiori ad essa…quindi divertitevi e siate sempre umili! E di sicuro ci troverete li, ansiosi di pogare ad un vostro mega concerto!

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