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TANGERINE DREAM: ‘La classifica album anni settanta’!

Andare a riscoprire l’epopea dei Corrieri Cosmici tedeschi, pionieri della musica elettronica e poi in seguito della new age o del chill out sound, è un impresa tanto impegnativa quanto piacevole. Un marchio di fabbrica che è sopravvissuto a tante trasformazioni e non ultima alla dipartita del membro fondatore Edgar Froese, che è stato l’unico musicista presente in tutta la sterminata discografia del gruppo fino a quando non ci ha lasciati, nel 2015. Oggi, sotto il nome di Tangerine Dream ci sono tre ottimi musicisti che ne hanno raccolto l’eredità e che si esibiscono dal vivo eseguendo vecchi brani di repertorio e proponendone di nuovi, con un suono perfettamente in linea con il passato.

Ma per andare all’essenza del progetto Tangerine Dream bisogna tornare negli anni ‘70, con i loro primi 10 lavori che coprono tutto l’arco del decennio. Quella che vi presento è la mia personale classifica album che parte dal 1970, anno di debutto, fino al 1979. Sono esclusi dalla lista “The Sorcerer” che è una colonna sonora, ed il live “Encore”.

10- Cyclone (1978) L’album, uno dei più discussi della prima parte della carriera dei Tangerine Dream, contiene diverse novità rispetto al passato. La prima, che salta immediatamente all’orecchio, è l’apparizione di brani cantati laddove era stata da sempre proposta della musica strumentale, la seconda è il tentativo d’ibridazione fra il classico suono elettronico del gruppo e quello di matrice prog-rock. In quegli anni le sonorità progressive erano state completamente cancellate dalla scena punk e post-punk, in quanto considerate datate e prolisse. Quindi la scelta di Froese e soci appare quanto mai fuori tempo massimo, nel tentativo di rinnovare un sound che era sempre stato all’avanguardia con dei canoni rock ampiamente superati. Inoltre la band aveva perso un valido elemento: Peter Baumann, chiudendo di fatto l’età dell’oro costituita dal terzetto Baumann – Franke- Froese. In ogni caso Cyclone è un buon album, non meritevole delle critiche aspre che ha ricevuto all’epoca. Il musicista inglese Steve Jollife, appare non solo in veste di cantante, ma come polistrumentista, ed i suoi innesti di flauto e di altri strumenti a fiato restano sorprendenti. Il brano conclusivo, “Madrigal Meridian” ci riporta sulla strada della musica strumentale, dove le classiche sequenze elettroniche dei Tangerine Dream vengono accompagnate da un ritmo rock, con risultati meno entusiasmanti rispetto al passato .

Cyclone (1978)
Force Majeure (1979)

9 – Force Majeure (1979) L’ultimo album del decennio vede il duo composto da Edgar Froese e Christopher Franke impegnato a cambiare ancora una volta le carte in tavola. Chiuso l’esperimento, non troppo riuscito, di presentare dei brani cantati, c’è un ritorno alle suite strumentali, senza però abbandonare del tutto l’approccio rock progressive acquistato nel precedente “Cyclone”. L’apertura con la Title Track mescola musica sinfonica e Pink Floyd, con soluzioni melodiche più accattivanti, strizzando sempre l’occhio al rock. L’apertura davvero delicata di “Cloudburst Flight” fa sperare per il meglio, ma verso la conclusione del brano alcune soluzioni non convincono del tutto. Ma a riscattare l’album ci pensa la lunga suite finale : “Thru Metamorphic Rocks”, con le sue sequenze ossessive ed una distorsione dovuta ad un transistor danneggiato nel mixer. Il tutto mescolato ad ululati lontani e suoni elettronici. Con questo brano i Tangerine Dream dimostrano ancora una volta di essere dei caposcuola assoluti.

8- Electronic Meditation (1970) Electronic Meditation è l’album di debutto dei Tangerine Dream, ma è anche un opera singolare, difficilmente paragonabile agli altri lavori della band. Già a partire dalla formazione che vede tre giganti delle avanguardie tedesche: a parte Edgar Froese, unico membro stabile in tutta la storia del gruppo, troviamo Klaus Schulze alla batteria, che molto presto si rivelerà un genio della musica elettronica con una serie di album solisti imperdibili per non parlare delle sue collaborazioni con gli Ash Ra Tempel ed i Cosmic Joker. Infine la presenza di Conrad Schnitzler al violoncello ed al violino, già membro dei Kluster (I futuri Cluster), che avrà in futuro un’ampia discografia come compositore ed interprete di primo piano del Krautrock. L’album, come dicevamo, è scarsamente rappresentativo del suono e della direzione che i Tangerine Dream prenderanno subito dopo ma è da considerare un unicum irripetibile in cui questi tre geni cercheranno nuovi linguaggi musicali, mescolando avanguardia, il free rock dei conterranei Amon Duul II e la psichedelia dei Pink Floyd, citati apertamente nell’omaggio a “Saucerful of secrets” nel brano “Journey through a burning brain”. La formazione straordinaria di Electronic Meditation si scioglierà subito dopo la pubblicazione dell’album, lasciando il solo Froese a dirigere le danze ed a portare il suo progetto verso le profondità del cosmo.

Electronic Meditation (1970)
Rubycon (1975)

7- Rubycon (1975) L’album è una suite divisa in due parti, una per facciata del disco in vinile. Sviluppa ulteriormente il concetto di musica cosmica espresso nel precedente album “Phaedra” . Qui si avverte l’affiatamento del trio composto da Froese, Franke e Baumann. Con la prima parte , dopo una beve introduzione di suoni lontani simili a campane, sentiamo sorgere un tappeto dì tastiere ed una melodia per flauto che ci riporta alla mente l’inizio di “Shine on You Crazy Diamond” dei Pink Floyd, con la differenza che questa volta il trio berlinese ha anticipato il famoso gruppo britannico di qualche mese. Nella seconda parte dell’album suoni che evocano uno scenario da post guerra atomica, si sentono sirene lontane ed anche un coro di voci sintetico che ricorda alcune soluzioni alla György Ligeti. A seguire ritroviamo le classifiche sequenze elettroniche che creano un clima di tensione per concludersi in una ritrovata pace, forse in una lontana oasi ai confini della galassia.

6 – Ricochet (1975) Con Ricochet i Tangerine Dream realizzano il loro primo album dal vivo. Ma a differenza dell’album “Encore” (1977) che non inseriamo nella nostra classifica, è concepito non come un “live show” ma come un opera inedita completa, i cui materiali sono stati ampiamente rimaneggiati in studio. Diviso in due lunghe suite chiamate semplicemente “Ricochet Part One” e “Ricochet Part Two”, l’album ricevette meno consensi rispetto i precedenti “Phaedra” e “Rubycon”, ma è diventato una delle loro opere più famose negli anni a seguire.Strumentali tradizionali come la batteria e la chitarra si mescolano alla strumentazione elettronica, con risultati molto convincenti . La prima parte dell’opera si sviluppa intorno ad un tema epico supportato dai sequencer, mentre la seconda si apre con le malinconiche note di un pianoforte che introducono un altra cavalcata elettronica a base di sintetizzatori, con inserti di suoni e voci registrati su nastro.

Ricochet (1975)

Atem (1973)

5 – Atem (1973) Con Atem I trio tedesco sforna un album che tocca i vertici della sperimentazione. La title track è un amalgama sonoro che si dipana in oltre venti minuti in cui le percussioni sconfinano in un puro rumorismo. Il mellotron, strumento cardine della musica progressive, irrompe, creando un effetto cameristico che si erge sul caos, un orchestra sinfonica sintetizzata che s’interrompe a tratti per fare spazio a suoni siderali che sembrano provenire da spazi profondi. “Fauni -Geva” ci proietta invece in un atmosfera bucolica con suoni di flauto sintetizzato e versi di uccelli, quasi come se ci trovassimo in un mondo primitivo subito dopo la creazione. “Circulation Of Event” invece ci porta al di sopra del pianeta terra, e contiene vibrazioni cosmiche che c’investono dolcemente. Finale più brutale con il ritorno del rumorismo in “Wahn”, dove voci e grugniti si alternano a percussioni sintetiche. Un finale da “musica concreta” che chiude uno degli album più impegnativi e magnifici del trio berlinese, ma che rappresenta anche il termine di un periodo storico. Dopo “Atem” la musica dei Tangerine Dream diventerà più accessibile, ma non per questo meno profonda e coinvolgente.

4 – Alpha Centauri (1971) Il secondo album dei Tangerine Dream appare con una direzione più precisa rispetto all’album di debutto. In apertura “Sunrise in the third system” ci offre un organo maestoso circondato da suoni siderali . È una musica astratta che sembra venire da lontano, che fa pensare al cosmo, ai pianeti, alle galassie. È nata la musica “cosmica” che influenzerà tutto il mondo musicale tedesco del cosiddetto “Krautrock”. Con quest’album Froese comincia la sua collaborazione con Cristopher Franke, che durerà almeno un ventennio. Franke qui è impegnato in vari strumenti: flauto, percussioni e synth VCS3, mentre nei crediti, fra i vari strumenti suonati da Froese, appare anche una macchinetta da caffè! I Tangerine Dream giocano con la musica, ma alla fine i risultati sono di grande effetto. “Fly and collision of Comas Sola” sembra citare ancora una volta “A saucerful of secrets” dei Pink Floyd, dove delle percussioni selvagge sopraggiungono nel finale, mescolandosi all’organo ed al flauto, suggerendo una visione apocalittica di collisioni fra corpi celesti. Ma il vero gioiello è la title track, una suite finale di oltre 22.00 minuti, dove la conclusione del viaggio cosmico termina con un organo maestoso che si fonde con delle voci ultraterrene, dando vita ad una suggestione non dissimile da quella creata poco tempo dopo da Klaus Schulze con il suo primo capolavoro da solista : “Irrilicht “

Alpha Centauri (1971)
Phaedra (1974)

3- Phaedra (1974) L’album, considerato una pietra miliare della musica elettronica, fa da spartiacque per il suono della band che entra a far parte della scuderia della casa discografica Virgin con una maggiore diffusione rispetto al passato. Il trio berlinese decide di rendere il proprio suono più accessibile e meno astratto, senza rinunciare alle caratteristiche che lo avevano imposto all’attenzione degli ascoltatori più esigenti. Entra in gioco il sequencer, il cui uso diventerà una delle prerogative della band, ma qui utilizzato non in maniera ritmica ed ipnotica, bensì presentato in una serie di elementi sonici in movimento, un suono imploso, chiuso in se stesso, che va a comporre una sorta di affresco galattico,una corrente siderale che ci trasporta verso una meta ignota, un po’ come nel finale del film “2001 Odissea nello Spazio” di Stanley Kubrick. La suite intitolata appunto “Phaedra”, della durata di quasi 18 minuti, è un po’ il manifesto di questo nuovo suono, che entrerà nella classifica inglese e diventerà Disco d’Oro in Australia. In “Mysterious Semblance at the Strand of Nightmares” un mellotron introduce una melodia quasi romantica, interrotta a tratti da suoni glaciali. In “Movements of a visionary” riprende il viaggio cosmico di questi astronauti della mente, fra sequencer glaciali e suoni dallo spazio profondo. L’ascolto di “Phaedra” è a tutt’oggi appagante e per niente obsoleto. Merita di salire sul nostro podio, in una delle prime tre posizioni a mio giudizio, perfettamente intercambiabili.

2 – Zeit (1972) Ritenuto, a giusta ragione, una delle pietre miliari della musica elettronica mondiale, Zeit vede entrare nell’organico composto da Froese e Franke il musicista Peter Baumann, dando vita cosí alla formazione più acclamata dei Tangerine Dream, che resterà tale fino al 1978, data in cui Baumann lascerà il gruppo per cominciare una carriera solista. L’album è costituito da quattro suite, una per facciata del doppio vinile, ed è un opera sperimentale, in parte basata su improvvisazioni. Fra gli ospiti c’è il compianto Florian Fricke, il fondatore dei Popol Vuh, altra band cosmica tedesca di equivalente prestigio, qui impegnato a suonare il Moog nella suite di apertura: “Birth of a Liquid Plejades”. Il “Cologne Cello Quartet” da un tocco di contemporaneità con l’introduzione di lunghe note di violoncello che mescolate ai suoni elettronici creano un effetto di grande suggestione. La parola tedesca “zeit” significa “tempo”, ma qui ci troviamo in un tempo cosmico, all’apparenza privo di ritmo, oppure con un ritmo dilatato non percepibile attraverso i sensi umani. Una musica adatta alle immagini di film come “Solaris” o “Stalker” di Andrej Tarkowskij, ma anche per un viaggio mentale negli spazi profondi, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dall’opera magnifica dei Tangerine Dream.

Zeit (1972)
Stratosfear (1976)

1 – Stratosfear (1976) Il titolo dell’ottavo album dei Tangerine Dream nasce da un gioco di parole inglesi : “stratosphere” (stratosfera) e “fear”(paura). È l’ultimo album in studio con Peter Baumann, se si esclude la colonna sonora “Sorcerer” del 1977 che pur mantenendo le sonorità del gruppo presenta la frammentazione tipica delle musiche da film. Personalmente sono molto legato a quest’album che scoprii da giovanissimo e che m’introdusse nel mondo meraviglioso dei “Corrieri Cosmici”. Qualcuno potrebbe storcere il naso per questa prima posizione,ma l’essenza dei Tangerine Dream è tutta qui, un album equilibrato in cui si ricerca soprattutto l’atmosfera, dove non troviamo più l’esplorazione di spazi siderali ma uno sguardo sul pianeta Terra visto al di sopra delle nuvole..La title track è il brano più iconico della band, nonché quello eseguito più spesso dal vivo, a cominciare dall’arpeggio di chitarra iniziale che fa da apripista alla più classica delle cavalcate elettroniche sul ritmo del sequencer. A seguire “The big sleep in search of hades”, che parte con un clavicembalo suonato da Christopher Franke subito raggiunto da un suono di flauto sintetico che ci porta alla mente i Pink Floyd di Richard Wright. Ma l’atmosfera pacifica del brano viene interrotta da note più cupe, e si viene inghiottiti in un clima di paura, come se all’improvviso ci si trovasse davanti ad un precipizio. Il brano ha un andamento circolare ed in chiusura torna la dolcezza da cui si era partiti. “3am At the Border of the Marsh From Okefenokee” cioè alle “3 del mattino al confine della palude di Okefenokee” è un brano molto descrittivo. Froese suona un armonica a bocca accompagnato dai suoni sintetizzati che richiamano idealmente i piccoli rumori della palude. Ma anche qui l’atmosfera cambia più volte all’interno del brano, descrivendo dapprima un oscurità intensa che sembra inghiottire l’ascoltatore , poi una marcia verso l’alba sul ritmo di un più rassicurante sequencer ed infine il ritorno al punto di partenza, con i suoni misteriosi delle palude e dell’ armonica a bocca. La conclusiva “Invisible Limits” ha qualcosa che fa pensare a dei paesaggi desertici, con l’introduzione di strumenti tradizionali come la batteria ed una chitarra quasi blues. Sembra un assaggio di quel genere che qualche decennio dopo sarà definito “Chill Out Music”. Anche in questo brano troviamo dei radicali cambi: da un atmosfera quasi immobile alla cavalcata di sequencer e sintetizzatori tipica del gruppo. Nel finale un dolcissimo piano acustico ci rimanda ancora una volta alle melodie tanto care ai primi Pink Floyd. Tutto questo condensato in un album di circa 35 minuti. Tanto è bastato ai Tangerine Dream per dimostrare, ancora una volta, tutta la loro arte.

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