Quale occasione migliore per inaugurare la nuova rubrica ‘Amarcord’ se non quella di porgere metaforicamente il microfono a tutte quelle persone che pur non essendo strettamente musiciste di professione, offrono il proprio contributo alla causa del rock attraverso quella passione e abnegazione che spesso coincide con il proprio stile di vita quasi sempre insito sin dall’adolescenza. E’ per questo che vogliamo dar voce a tutti quei fan (termine riduttivo ma che per praticità indica un amore incondizionato) che hanno dedicato la propria vita alla musica ma che al contrario dei ben noti personaggi che siamo abituati a celebrare, rivestono la stessa importanza e contribuendo in maniera determinante al loro successo attraverso l’acquisto di cd, t-shirt, viaggiando verso i loro show o altre mille attività. Non meno delle conclamate star anche loro hanno pagine ed aneddoti da raccontare ed è per questo che siamo lieti d’inaugurare il nostro ciclo di interviste con la sempre attiva Donatella Milani, una vera rocker la cui storia nasce e si sviluppa proprio nel periodo d’oro di maggior crescita della scena rock e metal internazionale, il suo racconto ci offre un bellissimo spaccato della realtà che c’era in quegli anni sia nella natia Firenze che negli Usa e proprio nel momento in cui stavano nascendo quelle grandissime band che negli anni a venire avrebbero registrato il sold out negli stadi di tutto il mondo …
Allora Donatella, innanzitutto grazie di aver aderito al nostro invito per l’inaugurazione di questa nuova rubrica, ci racconti come nasce la tua passione per la musica ed a quale età? La mia passione per la musica nasce da molto lontano. Sin da quando sono nata in casa mia abbiamo sempre respirato rock’n’roll, a partire da mio fratello maggiore, più grande di me di 14 anni, che aveva un gruppo e facevano concerti nel giardino di casa quando ancora andavo all’asilo. Ma la persona che ha influenzato di più i miei gusti musicali è stato l’altro mio fratello, Leonardo (attuale chitarrista della Bud Tribe e storico guitar hero dei Sabotage n.d.r.), col quale sono cresciuta e che mi ha instradato all’ascolto di grandi bands come Deep Purple, Jimi Hendrix, Cream, Black Sabbath e soprattutto Led Zeppelin, suo gruppo preferito. Più tardi, verso gli 8-10 anni di età, mi fece conoscere i Kiss e diventarono il mio gruppo preferito di quei tempi. Però bisogna dire che da piccola mi piacevano anche le canzoni dello zecchino d’oro o di cantanti italiani che passavano alla tv a quei tempi, per cui non ero così selettiva nelle scelte musicali. Verso il ‘79 andai perfino a vedere un concerto di Renato Zero con una mia amica e la sua mamma, a quei tempi non mi dispiaceva.
Quando ti sei accorta che piu’ che una semplice passione era forse una ragione di vita? Diciamo che con l’arrivo dell’adolescenza questa passione per la musica è aumentata notevolmente, non so se in coincidenza con l’età, oppure perché un bel giorno mio fratello arrivò a casa col primo disco degli Iron Maiden e fu amore a prima vista. Ero comunque già alle Medie, e sentivo che cominciavano delle piccole divergenze in fatto di gusti tra me e le mie amiche abituali, sia a livello musicale che come modo di vestire … questo fece si che mi allontanai naturalmente dalla mia compagnia abituale, con cui sentivo di non avere molte cose in comune … mi feci cucire dalla mia mamma un paio di pantaloni a strisce bianche e nere proprio come quelli che indossava Steve Harris e mi comprai un braccialetto borchiato, questo fu l’inizio del cambiamento!! Fu una metamorfosi naturale, in quanto grazie a mio fratello Leonardo mi stavo introducendo in un mondo molto più affascinante per me e più consono alla mia natura. A quei tempi era un ambiente prettamente maschile, frequentavo i suoi amici e solo più tardi riuscii a trovare delle amiche con cui condividere la mia stessa passione per la musica.
Quali sono stati i primi concerti della tua vita? Chi ti ci ha portato? Se si esclude quello di Renato Zero, il mio primo concerto credo che sia stato quello dei Sabotage all’Istituto d’Arte a Porta Romana … non mi ricordo che anno era, forse il 1980 o 81. Se può essere considerato un concerto, avevo 10 anni quando nel 1977 Leonardo mi portò per la prima volta all’Universale a vedere “The Song Remains The Same”, una serata davvero speciale, che ancora ricordo con grande entusiasmo. L’entrata era strapiena di gente, come se fosse stato un vero concerto, e l’emozione di vedere i Led Zeppelin fu grande. Oggi con You Tube è facile cercare qualsiasi reperto che si voglia vedere e rivedere, ma a quei tempi i Led Zeppelin li avevo visti solo in foto sulle copertine dei dischi o su Ciao 2001. I miei genitori senza mio fratello non mi mandavano da nessuna parte, per questo in quegli anni di grande fermento mi sono persa tanti bei gruppi. Mi ricordo ancora della litigata che feci con la mia mamma perché volevo andare a vedere gli Iron Maiden nel 1981, ma non mi ci mandò, perché mio fratello era a fare il militare ed io avevo solo 14 anni … Il primo gruppo famoso che ho visto comunque sono stati i Saxon nel 1983 al Teatro Tenda e conservo ancora gli autografi che mi fecero sul mio diario.
A scuola ti è capitato di frequentare persone con la stessa passione o eri una tipa ‘strana’ come è successo ai tanti che si accostavano al metal, dai benpensanti di allora giudicato un ‘genere’ per svitati? A scuola ero decisamente l’unica che ascoltavo certi gruppi … specialmente alle elementari! Alle medie c’era un mio compagno di classe che conosceva i Led Zeppelin e i Deep Purple, se non altro l’unico che quando parlavo di musica non mi guardava come se venissi da un altro pianeta. Inoltre in un’altra sezione, conobbi un ragazzino che poi ho ritrovato come amico negli ambienti metal di Firenze, il Boccetta, ma all’epoca delle Medie non si era ancora palesato. In quel periodo verso i 14 anni frequentavo le discoteche con le mie amiche la domenica pomeriggio, anche perché non c’era molto altro da fare … solo più tardi avevo scoperto discoteche come lo Space Electronic, il Manila o il Queen dove mettevano musica rock e facevano serate speciali per il genere. Le prime amiche con cui ho potuto condividere l’amore per la musica furono l’Elisabetta e l’Antonella, che conobbi quando avevo 15 anni e che rispetto alle altre mie amiche erano molto più avanti, anche se ambedue prediligevano la New Wave, ma almeno conoscevano i gruppi rock ed heavy metal che piacevano a me, e comunque avevamo più o meno anche gli stessi gusti sull’abbigliamento e il look. Questo mi portò pian piano ad allontanarmi naturalmente dalle mie vecchie amiche, con cui sentivo di non avere più niente a che fare.
Quali erano in gioventu’ i gruppi che t’incuriosivano e t’interessavano di piu? Verso i 12- 13 anni smisi di ascoltare passivamente quello che metteva sul giradischi mio fratello ed iniziai a selezionare da sola ciò che preferivo ascoltare. Sceglievo tra i suoi dischi i miei preferiti e mi chiudevo in camera mia. Mi piaceva tanto osservare le copertine degli album, studiarne i particolari e dove c’erano i testi mi divertivo a fare le traduzioni per capire il senso dei brani. I gruppi che mi piacevano di più erano i Saxon, Judas Priest, Van Halen, Iron Maiden, AC/DC, insomma avevo accantonato il classico hard rock per avvicinarmi a qualcosa di più moderno. Col passare degli anni e cominciando a frequentare metallari ovviamente le conoscenze musicali si allargarono, e quindi iniziai ad ascoltare gruppi più giovani come Anvil, Fastaway, Raven, Venom, Metallica, Def Leppard, ma anche Rush, Aerosmith, o i nostri gruppi italiani come Vanadium e Strana Officina. Poi a metà degli anni’80, con l’arrivo dei Motley Crue i miei gusti si diressero verso la California ed un senso di ulteriore cambiamento arrivò…cambiai totalmente look con i capelli ossigenati e cotonati come Vince Neal, ed il mio abbigliamento diventò più colorato. Le riviste americane che si compravano a quell’epoca erano piene di gruppi glam come Ratt, Motley Crue, Wasp….era decisamente un genere più leggero, ma sembrava portasse con sé tutta l’atmosfera spensierata del Sunset Boulevard.
FIRENZE negli anni 80 era una delle città con il piu’ alto concentrato di giovani metallari, con la nascita di molte band poi rimaste nella storia, non a caso nel capoluogo toscano nacque anche una delle prime fanzine italiane del settore ‘Metal City Rocker’, proprio in virtu’ di questo come vivevi quei momenti? Avesti l’impressione che stava nascendo qualcosa di grandioso nonostante il disinteresse dell’opinione pubblica e dei media nazionali? Anche se non ce ne rendevamo conto, quello fu davvero un periodo di grandi cambiamenti a livello musicale. Purtroppo in un paese come il nostro questo genere di musica non avrebbe mai potuto avere un ruolo dominante ed ancora oggi siamo qui a parlane come allora. In realtà il rock è sopravvissuto con grande fatica, ed il suo apice credo che sia stato proprio in quegli anni. Anche oggi abbiamo gruppi di grande spessore che meriterebbero di rimanere nella storia, ma non hanno possibilità di emergere come meritano. E quando sento la loro amarezza e frustrazione per quanto accade, non posso fare altro che pensare che è una storia che si ripete, un film già visto, ed è davvero molto triste. Negli anni ‘80 avevamo la speranza di poter sfondare una porta, anche perché alla tv c’erano programmi tipo Mr. Fantasy di Carlo Massarini, oppure Videomusic, in cui veniva concesso un po’ di spazio anche alla musica rock, e naturalmente il mitico “Metal City Rocker”, che dava voce ai nostri gruppi e di cui ero un’assidua lettrice.
Quali erano i posti ed i locali che frequentavi di piu’? A Firenze negli anni ’80 eravamo un bel gruppone di metallari, e ci ritrovavamo sempre nei soliti posti: la sera dopo cena in birreria allo Scacco Matto, il sabato e la domenica pomeriggio al bowling in via Faenza, dopo aver fatto un salto da Contempo per comprare qualche disco o vedere le ultime uscite. Il mio negozio preferito era senza dubbio l’American Transfer, dove si poteva trovare tutto l’abbigliamento da metallari, spille, poster e quant’altro. Lì comprai il chiodo con il mio primo stipendio, anzi, credo di averci lasciato un bel po’ di patrimonio in quegli anni … Spesso durante la settimana di pomeriggio si andava anche al Cinema Universale, dove c’era un calendario mensile di film musicali davvero invitante … lì ci ho visto infinite volte il già citato “The Song Remains The Same”, “Woodstock”, “Quadrophenia”, “The Wall” e molti altri film di genere rock. Ma non dobbiamo dimenticare che te sei stato un precursore dei tempi, avevi già il videoregistratore ed vhs musicali davvero interessanti … ben presto anche casa tua diventò un luogo di ritrovo (troppo buona … ma fu davvero cosi’ n.d.r.) !!
Ad un certo punto della tua vita decidi di dare una svolta trasferendoti in America … c’è l’amore per questa musica o ci sono altre ragioni che ti hanno spinto a fare questo? Come ti ho spiegato prima, verso il 1984, dopo aver scoperto i Motley Crue e gli altri gruppi glam del periodo, iniziai ad avere una vera attrazione per la California, in particolare per Los Angeles e per la zona del Sunset. Nei video o nelle riviste come Kerrang, Hit Parader o Circus Magazine, si intuiva lo stile di vita che c’era in quella particolare zona, si potevano scorgere tutti i locali dove i gruppi avevano iniziato, come il Roxy, il Troubadour, il Whiskey a go go, ed inoltre ero incuriosita che in ogni disco proveniente da Los Angeles nei ringraziamenti si citava sempre il mitico Rainbow bar. Sembrava un paese dei balocchi, sognavo di poter andare a visitare un giorno tutti quei posti. In quel periodo ero alla ricerca di un lavoro e per caso trovai l’annuncio di una signora di Firenze che cercava una baby-sitter alla pari per un anno a San Francisco. Certo non era proprio Los Angeles, ma pensai che da li sarebbe stato molto più facile raggiungere i locali che desideravo tanto vedere. Per non so quale motivo il colloquio andò benissimo, ma dovetti aspettare l’anno successivo per poter partire, cioè al compimento del mio 18mo anno di età.
Arrivasti negli USA agli albori degli anni 80 proprio nel mentre dell’esplosione dell’hair metal con band come Motley, Ratt ecc… e della nascita di molte band nella by area come Metallica, Megadeth, Anthrax ed altri, tu come vivesti quel periodo? Hai visto concerti e conosciuto musicisti? Fu un periodo davvero magico, anche se li per li mentre lo vivi non te ne rendi conto pienamente. Avevo fatto amicizia con una ragazza che lavorava come centralinista alla Polygram, ed ogni tanto andavo a trovarla nel suo ufficio. Ogni volta tornavo a casa con un disco promozionale o col poster di qualche gruppo. Al Rainbow poi era facilissimo incontrare gente famosa, era come toccare dal vivo tutto quello che leggevo sulle riviste o nelle copertine dei dischi … lì ho incontrato Blackie Lawless, i Rough Cutt, Vivian Campbell … quando a volte andavo il weekend a Los Angeles mi fermavo a dormire da una mia amica, lei era una fotografa, aveva il lasciapassare per tutti i concerti ed aveva conosciuto una marea di gente. Mi portò a visitare la Elektra Records, la casa discografica dei Motley Crue di quei tempi, mi fu regalato anche un picture disc molto raro, di cui era vietata la vendita. Ma devo dire che se anche abitavo a San Francisco, ero riuscita a farmi un bel gruppo di amici con cui sono tuttora in contatto e con cui andavo a vedere i concerti. C’erano due locali in particolare, uno di fronte all’altro in Broadway St., dove ogni fine settimana si potevano vedere concerti di gruppi non ancora famosi. Ad esempio i Poison, i Guns ‘n’Roses, i Keel e i Jet Boy li ho visti per la prima volta in questi piccoli clubs qualche anno prima che diventassero famosi. Il concerto più bello che ho visto a San Francisco è stato il day on the green, un festival che fanno tutti gli anni all’ Oakland Colusseum Stadium, gremito da più di 60.000 persone … quella volta ci furono gli Y&T, i Victory, Ratt, Yngwie Malmsteen, gli Scorpions … davvero una bella giornata.
Hai mai pensato di poterti trasferire definitivamente li’? Alla scadenza del visto di permanenza negli Stati Uniti (avevo un visto turistico da rinnovare ogni 6 mesi), i genitori della bambina a cui facevo da baby-sitter mi proposero di rimanere anche oltre l’anno stabilito. Mi dissero che se avessi rinnovato il visto altre due o tre volte ed avessi dimostrato di avere un lavoro, avrei sicuramente ottenuto la cittadinanza americana. L’idea mi allettava, ma dopo quasi un anno che ero lì iniziai ad avere una forte nostalgia per Firenze, soprattutto degli amici e della famiglia, con cui avevo stretto contatto di corrispondenza. A parlarne oggi sembra impossibile, ma ero davvero molto giovane e mi mancavano le strade e le piazze di Firenze, i ritrovi con i miei amici, la cucina di mia nonna … dall’Italia mi arrivavano le foto della mia famiglia che mi dicevano di tornare, che ero già stata abbastanza negli U.S.A. e che era tempo di tornare a casa. Anche i miei amici mi scrivevano di tornare, e quando mi raccontavano dei loro giri in centro e delle cazzate che facevano mi prendeva una grande nostalgia. Pensavo a con quanta facilità ero riuscita a vivere un’esperienza a 10.000 km. di distanza da casa a soli 18 anni, e che nella vita avrei avuto altre occasioni per tornarci. E così dopo quasi un anno tornai a Firenze … lì per lì ero sicura di aver preso la decisione giusta, ma oggi se ripenso a quell’esperienza, capisco che avrei dovuto avere un po’ più di pazienza ed aspettare un anno o due per poter ottenere la cittadinanza. Forse la mia vita sarebbe stata diversa … almeno avrei potuto avere altre opportunità … ma non mi rimprovero per questo, ero davvero troppo giovane e poco razionale, pensavo e decidevo sul momento, come spesso si fa a quell’età. In seguito ci sono tornata altre due volte, ma solo per periodi di vacanza e niente più.
Hai qualche episodio particolare che ti viene in mente che ti va di raccontarci? Con la mia amica Mariana, quella che lavorava alla Polygram, spesso andavamo a Los Angeles e ricordo con piacere quando incontrammo Lars e James dei Metallica e trascorremmo una serata con loro passeggiando per il Sunset. La Mariana più avanti discuteva con Lars, mentre io conversavo con James del più e del meno … poi mentre io e la mia amica entrammo al Rainbow, loro invece decisero di andare via…sembra paradossale, ma nel momento in cui vivi certe cose non pensi alla straordinarietà del momento. Che peccato che a quei tempi non ci fossero i cellulari … ci sarebbe stato tanto da fotografare.
Raccontaci del servizo che facesti per la rivista ‘Bulle & Pupe’, da chi e come nacque l’idea? Bulli e Pupe nacque dall’idea di Fabio Daddi, il fidanzato della mia amica Mery. Era uno scrittore (lo è tuttora) di favole per bambini, ed aveva molto estro. Gli venne in mente di fare un giornalino che descrivesse la vita notturna degli adolescenti fiorentini e così pensò di fare un’uscita sulle metallare di Firenze. All’epoca non eravamo tantissime, ci conoscevamo più o meno tutte, inoltre con la Mery e la Laura avevo un’amicizia molto affiatata. Ci propose così di fare un servizio fotografico ed andammo in viale Fratelli Rosselli, proprio di lato al cavalcavia, dove erano affissi i manifesti del tour degli Iron Maiden e Wasp del 1986. Fu un pomeriggio molto divertente, un ricordo di amiche che non vedo più da anni.
Segui la scena musicale dei giorni nostri? Hai band contemporanee che ti hanno conquistato come quelle dei magici anni ’80 o anche tu come molti della nostra generazione fai fatica ad assimilarle? Si, certamente, gruppi come i nordici Amorphis e Opeth o come i polacchi Riverside sono tra i miei preferiti, ma non dobbiamo sottovalutare le nostre bands italiane, che non hanno niente da invidiare al panorama rock europeo. Al contrario di quanto viene comunemente definita la parola rock nel nostro paese, la vera essenza di questo genere la si può trovare in gruppi come Small Jackets, Witchwood o Lu Silver String Band e tanti altri, che ci dimostrano quanto valore è tuttora presente anche qui, nonostante le evidenti difficoltà. Dobbiamo in ogni modo supportare la loro musica, far conoscere ai ragazzi le nostre risorse e fargli capire che non esiste solo quello che viene passato dai media nazionali che identificano il rock solo in artisti come Ligabue o Emma Marrone.
Sappiamo che oggi, almeno prima della pandemia, hai una collaborazione con il Circus, proponendo musica ed organizzando feste a tema? Come ti trovi in questa nuova veste? Collaborazione è una parola grossa! L’anno scorso con la mia cara amica Lidia (a destra nella foto n.d.r.) abbiamo deciso di organizzare una festa a tema, il 70’s weird party. Dopo aver preparato una scaletta di brani abbiamo pianificato la jam, ed è venuta fuori una serata fantastica. Sembrava davvero di essere negli anni ‘70. I musicisti sono stati strepitosi, era bello vedere quello che la fantasia aveva scatenato in ognuno di noi, con look sorprendenti. Purtroppo nel 2020 non abbiamo potuto ripetere il 70’s weird party, ma avevo messo in cantiere di bissare nel mese di Marzo, con il Glam Jam Birthday Party, una festa anni ‘80 stile glam rock per festeggiare il mio compleanno. Ho dovuto posticiparla ad Ottobre, ma il risultato è stato lo stesso meraviglioso. In quel frangente era proprio come essere al ‘Whisky a Go Go’ negli anni ‘80. Purtroppo a causa delle restrizioni anti Covid abbiamo dovuto mandar via della gente in coda all’entrata per non riempire il locale allo stremo, ma chi è potuto entrare si è divertito molto, oltre a confermare la grande capacità dei musicisti di suonare insieme senza essersi incontrati prima. Sono serate che uniscono e rafforzano il senso dell’amicizia. Vista la popolarità di queste feste a tema, avevamo in programma di farne molte altre: quella successiva sarebbe dovuta essere a Febbraio 2021, stile anni ‘60, con una jam gruppi italiani. Per il momento è tutto sospeso, per cui non sappiamo se e quando potremo rimetterci in moto.
Dopo questo bellissimo racconto che ci ha fatto davvero rivivere la magia di quegli anni ma anche il recente passato prepandemico, c’è un augurio o qualcosa che vorresti dire ai lettori di VeroRock? Si, c’è qualcosa che vorrei dire, anche se può sembrare retorico, ma penso a tutti quei gruppi e ai locali che in questi anni ci hanno permesso di ascoltare buona musica e che non devono mollare … lo so che è difficile, dopo un anno di rinunce e di sacrifici sperare di poter tornare presto sul palco, ma la musica è la cosa più bella che ci sia, importante come l’aria che respiriamo, l’unica che è sempre lì anche nei momenti peggiori della nostra vita….per questo dobbiamo tenere duro e conservare i propri progetti per riprenderli da dove eravamo rimasti….non lasciate che nessuno porti via tutto il bello che avete realizzato e che potrete realizzare ancora nei prossimi anni a venire …rock’n’roll will never die!!!