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Album 2016 Recensioni

Utopia – Mood Changes

A distanza di circa sei anni dal loro disco di esordio, “Ice and Knives” (2010), uscito sempre per l’etichetta capitolina Anteo Records, ritorna sulle scene una delle realtà più interessanti e ispirate dell’attuale panorama musicale underground italiano. Dopo alcuni cambi di line-up che hanno visto nello specifico l’entrata in formazione del nuovo batterista David Cannata, al posto del dimissionario Valerio Lucantoni, e dopo una lunga fase di gestazione compositiva, eccoli finalmente sul mercato discografico con questo loro secondo album, “Mood Changes”, uscito ai primi di Gennaio 2016.

Sicuramente il risultato finale ci conferma nuovamente tutte le ottime qualità tecniche e compositive che il quintetto romano aveva già saputo sapientemente mettere in mostra nel loro full-lenght di debutto (che ha visto la partecipazione, in veste di ospite, del noto chitarrista Marco Sfogli, conosciuto a tutti per la sua passata collaborazione con James Labrie e per l’attuale militanza nella PFM, al posto dello storico membro Franco Mussida – n. d. r.) e si percepisce altresì una maggiore maturità e varietà nel songwriting proposto: il genere in questione è indubbiamente derivativo di band storiche del panorama prog-metal mondiale del calibro dei Dream Theater e degli Shadow Gallery, ma, pur rimanendo fermamente saldo a questi binari stilistici, riesce comunque a risultare interessante e variegato in tutte le dieci tracce che lo compongono! Il mix vincente tra il Progressive più duro e cupo degli ultimi dischi della band di Petrucci & co. e altri elementi sonori ed arrangiamenti di matrice più marcatamente Fusion, sono degnamente sostenuti da un’innata vena melodica che ha da sempre caratterizzato il sound del gruppo proveniente dall’area romana.

Si parte nel migliore dei modi con la scorrevole “The Trickster”, il cui inizio ricorda molto le atmosfere di quel capolavoro di “Awake” dei DT, soprattutto per quanto concerne gli stacchi di batteria e gli arrangiamenti di tastiera/chitarra oltre che per il cantato di Riccardo Fenaroli, indubbiamente ispirato dal miglior James Labrie dei primi lavori: i cambi repentini di tempo rendono ancora più interessante il tutto, a sostegno di un ritornello di facile presa sin dai primi ascolti e di un ottimo assolo da parte di Lorenzo Antonelli (tastiere)! Segue “Corpuse Caeleste”, di cui è stato girato anche un lyric video, che invece si attesta su suoni più moderni, assai vicini alle composizioni più “metalliche” dell’ex band di Mike Portnoy, ma che riesce sicuramente ad essere di grande impatto, soprattutto per il pregevole lavoro chitarristico di Lorenzo Venza, sia nelle ritmiche che negli arrangiamenti e nei soli nella parte conclusiva del brano. Con “I Want To Know” si passa invece su tempi più sincopati, con maggiori parti arpeggiate, e una ricerca inusuale della melodia, arricchita dai tappeti di tastiera e di piano, che lasciano alla voce la possibilità di muoversi su diverse sfumature canore: l’alternanza tra le strofe, dal carattere più lento e dolce, al pre-ritornello, più duro e sinistro, per poi ritornare ad un refrain centrale dal carattere spiccatamente melodico, rendono sicuramente accattivamente questa sorta di semi-ballad! “Your Mirror”, introdotta da una fuga di pianoforte, è a mio modesto giudizio, uno dei brani migliori di tutto il disco, a livello di ricerca compositiva, sonora, melodica ed interpretativa: il pregevole lavoro di Antonelli con i sintetizzatori ma soprattutto la voce eccezionale di Fenaroli, sia su tonalità più baritone nelle strofe che su parti più alte nel cantato centrale, sono gli ingredienti magici che valorizzano questa bellissima song. “I’ll Be A Fool” ci riporta nuovamente su toni più lenti, risultando anch’essa una composizione ben riuscita: una ballad semplice ma veramente ben suonata ed interpretata da tutti i punti di vista, non ultimo quello strumentale. “Black Drop”, dalle atmosfere più marcatamente orientaleggianti, è introdotta invece da un solo di basso di pregevole fattura da parte di Enrico Sandri, che mette in mostra tutta la sua perizia strumentisica: l’alternanza di sfuriate con la doppia cassa a parti più lente e introverse, sempre arricchite da duelli di chitarra/tastiera degni dell’accoppiata Petrucci/Rudess, sono la quintessenza di un altro dei migliori pezzi dell’album. “Fight” ci riconferma nuovamente tutte le doti dei cinque membri, veramente bravi nel destreggiarsi nei diversi registri stilistici presenti nel brano: dalle parti più rocciose, quasi Hard Rock, a ritmiche di derivazione Funky, fino al ritornello ancora una volta molto orecchiabile e ad assoli di tastiera con molti elementi Fusion! “Dust” è un altro brano molto ben riuscito soprattutto negli arrangiamenti e nella scelta dei suoni sia di chitarra che di tastiera: il groove martellante di basso/batteria a sostegno di un cantato aggressivo nelle strofe, è ancora una volta un elemento fondamentale per tutta la resa complessiva. “I Will Try” è forse il brano che presenta al suo interno, più che in altre tracce, tutte le influenze Fusion e Jazz che compongono il variegato background stilistico dei cinque musicisti: è un brano a mio parere eterogeneo che forse avrei visto meglio a metà del disco, ma che comunque risulta piacevole dopo diversi ascolti. Con la titletrack, “Mood Changes”, arriviamo all’ultimo brano di questo affascinante e godibilissimo lavoro: si ritorna su ritmiche più serrate alternate a parti più lente, e su un cantato che spazia da parti più taglienti in pieno screaming, ad altre più pulite in favore di una ricerca melodica sopraffina, che sfocia nel ritornello centrale, il tutto supportato da un encomiabile lavoro strumentale.

Tirando le somme, il nuovo attesissimo secondo lavoro degli Utopia (da non confondere con l’omonima band prog rock statunitense attiva circa quattro decadi or sono – n. d. r.) risulta essere un ulteriore passo avanti rispetto al precedente album di debutto del 2010, che già ci aveva offerto tutte le potenzialità insite in questo progetto. Difficile riuscire a tro-vare dei difetti evidenti all’interno di queste dieci tracce che scorrono piacevolmente per una durata complessiva di circa poco più di sessanta minuti, e che proprio per la loro ricercatezza e varietà riescono a tenere sempre desta l’attenzione dell’ascoltatore, coinvolgendolo a più riprese in diversi passaggi e cambi di tempo repentini: questa dote, di riuscire appunto a coniugare la ricchezza ed eterogeneità compositiva con una durata non eccessiva di ciascun pezzo, è indubbiamente un loro punto di forza, soprattutto se si pensa alle “interminabili” suite delle recenti produzioni di mostri sacri, che per quanto possano ammaliare, a lungo andare possono anche risultare un po’ prolisse e stancanti. Forse l’unico consiglio migliorativo può essere quello di continuare ancor di più a percorrere la propria strada e la propria ricerca sonora, con l’obbiettivo ultimo di produrre nuove interessanti proposte musicali, che si diversifichino ogni tanto anche dai consueti, e forse oramai un po’ desueti, stilemi del genere.

Voto: 7,5

Tracklist:

1.The Trickster
2.Corpus Caeleste
3.I Want To Know
4.Your Mirror
5.I’ll Be A Fool
6.Black Drop
7.Fight
8.Dust
9.I Will Try
10.Mood Changes

Line-up:

Riccardo Fenaroli (Voce)
Lorenzo Venza (Chitarra)
Lorenzo Antonelli (Tastiere)
Enrico Sandri (Basso)
David Cannata (Batteria)

Data di pubblicazione: 11 Gennaio 2016

Etichetta: Anteo Records & Publishing

Links:
www.utopiaband.info
www.facebook.com/utopiaband

Fonte: Raffaele Pontrandolfi

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