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THE MUSICAL BOX: i primi sprazzi di teatralità genesisiana con “The original 1972/73 show”.

Roma, Auditorium Parco della Musica, 20/03/2025 – la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica è, per il terzo anno consecutivo, appuntamento fisso per i fan dei Genesis e, più in generale, per gli amanti del progressive rock targato anni settanta.

A far rivivere le magiche atmosfere del periodo Gabriel (1967-1975) ci pensano i canadesi The Musical Box, unica tribute band ad aver ricevuto l’investitura ufficiale e il supporto da parte dei Genesis. In più di una circostanza infatti, Banks, Collins, Gabriel, Hackett e Rutherford hanno espresso il loro apprezzamento nei confronti dei cloni d’oltreoceano per la fedele riproposizione di musica e scenografie originali. A dare poi negli anni ulteriore lustro alla tribute band sono stati Collins e Hackett, ospiti musicali – seppur in circostanze diverse – ad un loro concerto.

Dopo il successo delle due precedenti esibizioni romane (leggi qui le recensioni 2023 e 2024), stasera va in onda la riedizione di un live show che i Genesis allestirono oltre cinquant’anni fa a supporto dell’album Foxtrot. Un live show non ancora teatrale quanto il successivo Selling England by the pound tour né tantomeno multimediale quanto il The Lamb lies down on Broadway tour, ma già debordante di idee e linguaggi musicali altamente innovativi per l’epoca. L’essenziale allestimento scenico consta di un tendaggio bianco, posizionato a forma di semicerchio, che divide integralmente palcoscenico e dietro le quinte.

L’aggiunta, poi, dei primi, embrionali make-up e travestimenti del carismatico frontman Gabriel – occhi contornati da trucco fosforescente, fronte rasata nel mezzo, tute eccentriche indosso e maschere raffiguranti elementi naturali o personaggi soprannaturali – ipnotizza gli spettatori dell’epoca, proiettandoli in una dimensione artistica che fonde teatralità e musica. Il trasformismo di Gabriel non passa inosservato e catapulta il gruppo sulle prime pagine della stampa specializzata dell’epoca ma l’improvvisa notorietà – il cui principale beneficiario in termini di immagine è proprio il frontman – porterà alla rottura degli equilibri interni, faticosamente costruiti fino a quel momento.

Il tour italiano di sei date sarebbe dovuto partire il 3 marzo da Roma ma un ritardo nella consegna della strumentazione tecnica determina il rinvio del concerto al 20 marzo. L’attesa finalmente termina quando, poco dopo le ventuno, il quintetto fa il suo ingresso sul palco accolto dai fragorosi applausi di un pubblico italiano che prima di chiunque ha decretato il successo dei Genesis, all’epoca semisconosciuti nella nativa Inghilterra.

In formazione stabile già da qualche anno, Denis Gagné (voce principale, flauto), SébastienLamothe (chitarra ritmica, 12 corde, voce), FrançoisGagnon (chitarra elettrica, acustica, 12 corde), Ian Benhamou (organo, mellotron, tastiere) e MarcLaflamme (batteria, percussioni, armonie vocali) ripropongono questa sera una scaletta principale equamente suddivisa tra brani di Nursery Cryme e Foxtrot.

Il clone di Gabriel, nei panni di un guardiano celeste guarnito di ali da pipistrello, scruta idealmente un Pianeta Terra oramai privo di qualsiasi forma di vita. C’è del DNA nostrano in Watcher Of The Skies, brano di apertura del set di quel periodo: la permanenza della band sul suolo italico nel corso della tournée primaverile del 1972 ne ispirò, infatti, testo e musiche. Da capogiro l’iniziale crescendo di mellotron e basso accompagnati da una ritmica inquieta!

I primi anni settanta sono un periodo fecondo per chi ama sperimentare nuove sonorità e nuovi linguaggi in campo musicale. All’orizzonte non s’intravvedono né punk né disco music e i top manager delle case discografiche mostrano una spiccata sensibilità nei confronti di solisti e gruppi che si cimentano nella creazione di nuove forme espressive. È in questo contesto che i Genesis di Nursery Cryme calano un eccezionale tris d’assi: nascono così le furiose scorribande elettriche di The Musical Box, l’entusiasmante crescendo armonico del mellotron in The Fountain Of Salmacis e la ritmica inquieta di The Return Of The Giant Hogweed. Brani dalla metrica complessa, lontani anni luce dal formato canzone, tuttavia privi di quella pomposità che caratterizza talune composizioni dei contemporanei Yes, ELP, Gentle Giant e Van Der Graaf Generator.

Eppure, i testi delle lunghe suite genesisiane non sono certo meno espressivi della musica. La fantascienza fa capolino qua e là nelle già citate Watcher of the Skies e The Return Of The Giant Hogweed, il tema della sessualità repressa pervade The Musical Box, la speculazione edilizia viene esasperata in Get’em Out By Friday e l’eterna lotta tra il Bene e il Male viene rievocata nei venti e passa minuti della suite prog per eccellenza: Supper’s Ready.

La concitata recitazione del frontman – in Apocalypse in 9/8, su un palcoscenico accecato da bagliori di luce stroboscopica, egli si materializza con indosso l’inquietante maschera angolare del Magog – fa da contraltare alla compostezza degli altri quattro musicisti, concentrati sui rispettivi strumenti. Una costante della serata che caratterizzerà ancor più le future esibizioni del gruppo fino all’abbandono del frontman nella primavera del 1975.

La tensione e la drammaticità di The Knife – su cui Gagnon esegue un assolo chitarristico meno aspro nella timbrica e meno ostico negli accordi rispetto a quello del maestro Hackett – chiudono un mirabile set, eseguito ancora una volta con dovizia di particolari dal quintetto d’oltreoceano.

Un coro di approvazione si leva dal pubblico quando Gagné preannuncia l’esecuzione di altri brani. Seven Stones si fa apprezzare per i tenui fraseggi di organo, un armonioso crescendo di mellotron e delicate armonie vocali, in contrasto con la complessiva asprezza di Nursery Cryme.

Seguono, in rapida successione, Twilight Alehouse e Can-Utility And The Coastliners. La prima narra la condizione di solitudine in cui versa il protagonista della storia, un uomo ubriaco, e rappresenta un tentativo isolato da parte dei Genesis di esplorare nuovi territori sonori, a metà strada tra un blues malinconico e un rock rabbioso. La seconda, nata con il titolo provvisorio Bye Bye Johnny (nonché ultimo brano della serata), reca la firma del geniale Hackett ed è il frutto di una scrittura fatta “on the road”, durante gli interminabili tour promozionali imposti dalla casa discografica, nonché di un successivo perfezionamento nei vari soundcheck e live.

Il tour di Foxtrot segna l’inizio di una lunga parabola ascendente nella carriera dei Genesis. Il quasi unanime consenso della stampa specializzata nei confronti del nuovo album, la crescente partecipazione di pubblico (soprattutto quello italiano) ai loro concerti e la scalata ai vertici delle classifiche di vendita allontanano definitivamente lo spettro di uno scioglimento prematuro del gruppo che aleggiava a seguito dell’improvviso abbandono del chitarrista e compositore nonché cofondatore Anthony Phillips.

I Genesis incontreranno altri ostacoli lungo il loro cammino: le defezioni di Gabriel e Hackett e il radicale mutamento della scena musicale di metà anni settanta indirizzeranno i superstiti Banks, Collins e Rutherford verso una semplificazione della proposta musicale che tuttavia amplierà considerevolmente la platea degli estimatori del gruppo, decretandone un successo commerciale senza precedenti.

Ma questa è tutt’altra storia.

Scaletta:

  1. Watcher Of The Skies
  2. The Musical Box
  3. The Fountain Of Salmacis
  4. Get’em Out By Friday
  5. Supper’s Ready
  6. The Return Of The Giant Hogweed
    Bis:
  7. The Knife
  8. Seven Stones
  9. Twilight Alehouse
  10. Can-Utility And The Coastliners

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