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Live Report SOMMARIO

THE PINEAPPLE THIEF + O.R.k., Roma, 22/02/19 – Melodie eteree e “porcospini” crimsoniani!

Un evento tanto atteso da tutti i fan del progressive rock contemporaneo, pronto ad accogliere in gran numero due act internazionali per una serata sold out a dir poco memorabile: ad aprire le danze gli O.R.k. di Colin Edwin e Pat Mastellotto, due autentici giganti della scena musicale mondiale, per poi lasciare il palco agli amici The Pineapple Thief, guidati dalla sapiente classe di un magistrale Gavin Harrison!
Serata all’insegna di sonorità progressive moderne e sperimentali, con contaminazioni che sfociano fino all’elettronica mista ad un rock contemporaneo ricercato e mai banale: una doppietta da capogiro quella prevista per l’evento di Venerdì 22 Febbraio 2019 presso l’accogliente location del Largo Venue nel cuore di Roma! In apertura di serata ci hanno pensato gli italo-britannici O.R.k. con il loro release party di ‘Ramagehead’, di fronte ad un pubblico già numerosissimo sin dall’inizio, mentre ai The Pineapple Thief è toccato il compito di riservarci una prima assoluta in terra capitolina, condita da una setlist equamente bilanciata tra brani estratti dall’ultima fatica discografica ‘Dissolution’ (2018) e pezzi più datati. Il protagonista assoluto di questa serata, organizzata da Rock’n’Roll Eventi, è stato certamente il pubblico, eterogeneo ma sempre attento e ricettivo, numeroso come non lo si vedeva ormai da tempo anche negli eventi clou della Capitale!

Non ci resta come sempre che augurarvi una buona lettura “progressiva”, ringraziando per averci gentilmente fornito il materiale fotografico Riccardo Arena, fotografo ufficiale, e Paolo Corciulo, direttore di SUONO.it!

O.R.k.
Arriviamo in concomitanza dell’inizio del primo set e rimaniamo a dir poco piacevolmente sorpresi dalla fantastica sorpresa in cui ci imbattiamo: la sala, nonostante l’ora ancora relativamente poco tarda, è già quasi totalmente debordante di fan accaniti e appassionati, tanto che sembra quasi essere un impresa alquanto impossibile spingersi tra le prime file: senza farci prendere dal panico il sottoscritto riesce però in pochi minuti a raggiungere quasi la transenna miracolosamente, durante l’esecuzione dell’opener “Too Numb” (tratta dal penultimo ‘Soul Of An Octopus’ uscito per la RareNoiseRecords a Febbraio 2017 – n. d. r.), dall’incedere ipnotico. Dall’ultimo imminente lavoro in studio (‘Ramagehead’, uscito il giorno stesso dell’evento per la Kscope – n. d. r.), di cui oggi assistiamo ad un vero e proprio ‘release party’, viene tratta la malinconica “Time Corroded”, caratterizzata dalla voce soffusa e a volte urlata di Lorenzo Esposito Fornasari (voce): il pubblico sembra a dir poco rapito dalla classe e dalla perizia tecnica di due colossi del calibro di Pat Mastellotto (batteria, King Crimson), Colin Edwin (basso, Porcupine Tree), una sezione ritmica da sogni per qualsiasi band, che non ha certo bisogno di alcuna ulteriore presentazione, visto l’altisonante curriculum che parla per loro! Ci vengono presentati ora altri due nuovi brani, “Signal Erased” e “Beyond Sight”, caratterizzati anch’essi da un’introversa melodia, sapientemente orchestrata dagli arrangiamenti sopraffini di Carmelo Pipitone (chitarra, Marta sui Tubi), alternati a delle sfuriate molto effettate e dal sapore elettronico. E’ molto piacevole constatare la variegata ed eterogenea tipologia di pubblico presente quest’oggi, da vecchi progsters più attempati a giovani leve appassionati di sonorità più moderne, oltre ad una sorprendente nonché piacevole nutrita presenza femminile che di certo non guasta mai all’occhio attento di noi maschietti! “Black Blooms”, che vede la partecipazione di Serj Tankian dei System Of A Down nella versione studio, è un altro brano dall’incedere molto lento ma dal sapore melodico e mai scontato, la cui riproposizione live devo ammettere ha un’ottima resa sonora complessiva, grazie anche all’arpeggio sinistro di Pipitone, mentre con la seguente “Kneel To Nothing”, brano di apertura dell’ultimo full lenght, ci iniziamo ad avvicinare verso la fine di questo breve ma assai intenso set! La conclusione è affidata alla bellissima “Pyre”, pescata addirittura da ‘Inflamed Rides’ (2015), accolta dagli applausi generali più che meritati, vista l’intensità e la classe mostrataci in questa occasione dai nostri sul palco: ma come poter dubitare della loro buona riuscita quando hai on stage quattro musicisti di questo calibro? Non servono ulteriori aggettivi per descrivere una performance incredibile al termine della quale l’ovazione di noi tutti è d’obbligo!

O.R.k. setlist:

“Too Numb”
“Time Corroded”
“Signal Erased”
“Beyond Sight”
“Black Blooms”
“Kneel To Nothing”
“Pyre”

The Pineapple Thief
Ma la serata non ha ancora esaurito altre memorabili emozioni, vista la trepidante attesa dei più di mille presenti pronti ad accogliere la band britannica: la non brevissima pausa è fortunatamente ingannata grazie alla riproposizione audio di classici del progressive rock anni ’70 come ad esempio la sublime “School” dei Supertramp di Roger Hodgson, brani ancora capaci di rapirci ed estraniarci per qualche minuto, prima dell’ultimo set della serata! I quattro musicisti inglesi salgono sul palco accompagnati dal tanto osannato Gavin Harrison (batteria, Porcupine Tree, King Crimson), accolto da urla di giubilo e una bordata di applausi quasi assordante, pronto a deliziarci con la sua innata bravura ed eleganza oltre alla sua ben nota padronanza dello strumento, tanto da essere giustamente riconosciuto tra i migliori al mondo nel suo ruolo. L’apertura è affidata a “Try As I Might” (dall’ultimo ‘Dissolution’ del 2018 – n. d. r.), accompagnata dagli applausi ritmati dell’audience presente: Bruce Soord (voce e chitarra), leader maximo del combo anglofono, è certamente un autentico istrione, molto taciturno e di poche parole, ma che sa rapire gli animi dei suoi fan grazie alla sua voce incredibile e al suo carisma. Da ‘Your Wilderness’ (2016) è riproposta l’eterea “In Exile”, caratterizzata dai cori e dalle polifonie vocali il cui contributo fondamentale si deve certamente a Jon Sykes (basso e cori), altro protagonista indiscusso della serata, mentre da ‘Magnolia’ (2014) è eseguita “Alone at Sea”, introdotta da un arpeggio alternato del nuovo membro ufficiale George Marios (chitarra), più volte presentatoci da Bruce nel corso dello show: la loro musica, nonostante il sottoscritto sia da sempre legato a sonorità più vintage, risulta anche alle orecchie di chi vi scrive a dir poco avvolgente, grazie ad un innato gusto melodico, sapientemente miscelato con suoni e ritmi contemporanei. “Threatening War” e “Far Below”, dall’ultimo disco, ne sono la prova grazie al suo incedere catartico e alle eccelse e soavi orchestrazioni profuse da Steve Kitch (tastiere e sintetizzatori), mentre sulla seconda dal ritmo sicuramente più energico siamo tutti trascinati dal melodioso bridge centrale. “No Man’s Land” e la seguente “That Shore” costituiscono un perfetto intermezzo acustico, atto ad immergerci in atmosfere sognanti e psichedeliche: la seconda in particolare è intrisa di riferimenti alla new wave degli anni ’80, grazie anche all’apporto di effetti e pad che fanno da tappeto a questa magica composizione! Si ritorna così all’ultimo lavoro con “Uncovering Your Tracks”, dal groove anch’esso ammaliante, mentre sempre con la “Shed A Light” ci si ricatapulta in un mondo acustico decadente, condito da un ritornello dolce e melodico. “3000 Days” è introdotta da un riff iniziale che ci conduce in sonorità più moderne e rabbiose, dove la chitarra effettata di Bruce si alterna a parti più pacate; dal lontano ‘Variations on a Dream’ (2003) è eseguita in versione semi-acustica “Part Zero”, altro momento topico della serata, per poi ritornare ai giorni nostri con “White Mist”, contraddistinta da un arrangiamento veramente eccezionale di pianoforte, prima di sfociare nell’elettronica pura di “Nothing at Beast”, su cui la prova di Harrison è la ciliegina sulla torta di quella che è a pieno titolo una delle loro migliori e più apprezzate composizioni, grazie al calibrato uso di inserti moderni e riff rock. Sembra chiudersi il sipario su questa fantastica serata ma c’è ancora spazio per un “tris” finale: prima con la lenta e breve “Not Naming Any Names”, solo pianoforte e voci, scandita dal cantato all’unisono di Bruce e Jon, passando poi per la lunga e ipnotica “The Final Thing On My Mind”, per concludersi sulle note della conclusiva “Snowdrops”, scandita dalla chitarra ritmica e da polifonie melodiche supportate dalle sinfonie di tastiera, seguita dagli applausi di tutti i presenti, appagati pienamente da questa prima assoluta della band in terra capitolina!

The Pieneapple Thief setlist:

“Try As I Might”
“In Exile”
“Alone at Sea”
“Threatening War”
“Far Below”
“No Man’s Land”
“That Shore”
“Uncovering Your Tracks”
“Shed A Light”
“3000 Days”
“Part Zero”
“White Mist”
“Nothing at Beast”
Encore:

“Not Naming Any Names”
“The Final Thing On My Mind”
“Snowdrops”

Non poteva dunque concludersi nel migliore dei modi questa serata che ci ha riservato sin dall’inizio intense emozioni, vissute come sempre con grande passione ed entusiasmo da parte di tutto il pubblico, giovane e meno giovane, presente numerosissimo in sala: un’audience attenta che ha saputo interagire in modo ricettivo con i propri artisti prediletti, i quali non hanno di certo deluso ma anzi hanno ripagato pienamente tutte le aspettative dei propri fedelissimi sostenitori! Un ultimo ringraziamento finale va ad Eugenio Greco, all’amica Annalisa Frasson e a tutto lo staff di Rock’n’Roll Eventi che ha organizzato questo evento riuscitissimo, con l’augurio di vivere tante altre serate come questa, all’insegna della grande musica e soprattutto della grande partecipazione!

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