Al termine del riuscitissimo evento di Domenica 11 Novembre presso il Traffic Live di Roma che ha visto per la prima volta in terra capitolina gli storici Diamond Head di Brian Tatler, tra i capostipiti della NWOBHM, durante questo loro tour di quattro date in Italia, abbiamo avuto l’inaspettato piacere di scambiare due chiacchiere con il promoter in questione: Carlo Addestri, fondatore dell’agenzia Good Music, attiva oramai da ben quattro anni con eventi su tutto il territorio nazionale. Da questa breve ma intensa intervista, la prima di un lungo ciclo di appuntamenti che ci terrà impegnati nel raccontarvi (con la solita maestria e cura del dettaglio che da sempre ci contraddistingue) il magico e spesso difficile mondo dei promoter e delle agenzie di booking & management che operano nel campo della musica in Italia, in particolare dei generi a cui siamo tutti più affezionati! E’ stato dunque un piacere poter iniziare questa nuova rubrica aprendo appunto con Carlo, che conosco da diverso tempo, e che ci ha raccontato i suoi trascorsi e le sue esperienze lavorative in questo campo artistico senza peli sulla lingua o compromessi di alcun genere: dai non facili rapporti con agenzie più grandi ai ricordi legati ad eventi riusciti e ad artisti con cui si è instaurato un rapporto forte, nonché la genesi evolutiva che ha avuto e sta ancora avendo la sua avventura con Good Music!
Il sottoscritto, di comune accordo con tutto lo staff redazionale, ha voluto volontariamente omettere alcuni nomi e/o persone citati dalla persona intervistata onde evitare di ledere qualsivoglia rapporto collaborativo presente o futuro.
Ciao Carlo, innanzitutto grazie per aver accettato questa intervista in esclusiva per VeroRock.it: partiamo con la prima domanda! Com’è nata l’agenzia Good Music?
(Carlo Addestri): “l’agenzia Good Music è nata quattro anni fa dopo aver lavorato tanti anni come local promoter a Roma, non come mia agenzia chiaramente ma come dipendente (Caro Tenuto, Massimo Ferranti, ecc.), e poi ho deciso dopo di mettermi in proprio e provare questa nuova avventura!
Puoi stilare un bilancio generale degli ultimi anni, dal 2014 ad oggi?
(Carlo Addestri): “il bilancio è sicuramente positivo perché i lavori aumentano anno dopo anno e soprattutto ti accorgi che il tuo lavoro sta andando bene quando iniziano a romperti le scatole, prima eri sconosciuto (non che adesso sia chissà chi intendiamoci) e non ti calcolavano proprio, ora invece iniziano ad arrivare le prime voci che dicono di non collaborare con Carlo, con Good Music perché fa casini, ruba i soldi, tratta male gli artisti o robe di questo tipo….Il nostro sai è un ambiente piuttosto mafioso, dove ci sono agenzie che esistono da tanti anni e giustamente, essendosele costruite negli anni hanno delle esclusive con alcuni artisti che vogliono mantenere Il problema invece nasce quando non hai un’esclusiva ed essendo nel libero mercato, chi fa l’offerta migliore si prende il tour Non credo sia giusto che altre agenzie, come mi è successo in prima persona, mandino mail di un certo tipo per screditarmi come è successo recentemente con Overkill (dove gli è andata male) e con gli Alestrom (dove gli è andata bene).”
Ci stai raccontando quindi un mondo del music business abbastanza difficile in cui spesso bisogna scendere a compromessi anche con agenzie che sono sulle scene da molti anni: non è di certo una cosa positiva per tutti i giovani promoter…
(Carlo Addestri): “come stavo dicendo prima, la politica delle grandi agenzie è una politica mafiosa perché dal loro punto di vista, stando sul mercato da tanti anni se vuoi organizzare un concerto o promuovere un artista dovresti farlo tramite loro… e allora chiedo perchè??? Chi vuole iniziare a fare questo lavoro come dovrebbe fare? Poi c’è chi preferisce fare il local promoter e acquistare le date dalle agenzie italiane me incluso, e chi invece, preferisce fare il promoter a livello nazionale con tutti i rischi e le rogne che ne conseguono. Ma come me ovviamente ce ne sono tantissimi altri che si scontrano con realtà che esistono da molto più tempo: forse tra dieci anni potrei trovarmi a parti invertite, non si sa mai, anche se non sono il tipo di persona che farebbe cose del genere. Anche da un punto di vista prettamente geografico, visto che la maggior parte operano in Lombardia e dintorni, è più facile per loro collaborare mentre qui a Roma è molto più difficile.
Qual è il ricordo più bello di questi quattro anni di Good Music?
(Carlo Addestri): “ il ricordo più bello è stato lavorare con Midge Ure e Tony Hadley (ex frontman degli Spandau Ballet – n. d. r.). Con Tony ho lavorato per un giorno solo mentre con Midge per ben quattro date ed è una persona veramente fantastica e anche di più: la mattina stavamo in hotel, sono sceso a fare colazione e lui mi ha invitato a farla assieme. Tu lo sai, io non sono uno che generalmente entra in empatia con gli artisti, non posseggo foto ne autografi con gli artisti che promuovo, pur essendo spesso gruppi con cui sono musicalmente cresciuto e di cui posseggo dischi e vinili. Ma per me l’artista ha bisogno del promoter come quest’ultimo ha bisogno dell’artista: è un rapporto reciproco e ambivalente, solo nel caso in cui si instaurasse un rapporto umano mi farei una foto ma li è diversa come cosa. Tu calcola in questo ambiente non ho amici, ho delle persone con cui per fortuna vado d’accordo, ma di persone con cui andrei a cena fuori sono solo due o tre: ad esempio quando ho lavorato con Midge ho avuto l’occasione di conoscere e collaborare con Cesare Carugi (PMA Promotion) che reputo una delle persone più in gamba sia dal punto di vista umano che lavorativo e con il quale ho anche avuto la possibilità di andare a RoxyBar da Red Ronnie. Un altro momento per me bello è stato quando ho fatto il video della cancellazione del tour degli Anvil, perché a me piace metterci la faccia: so di avere un carattere difficile, sono l’ultimo arrivato e ho il mio modus operandi che non sempre piace perchè ovviamente va ad intaccare dei rapporti già esistenti, ma in qualche modo i lavori vanno presi, quindi ognuno agisce nel modo che ritiene più opportuno. Nel caso degli Overkill ho fatto presente ai diretti interessati che non si sono comportati in modo corretto nei miei confronti. Purtroppo questo delle agenzie e promoter è un mondo di squali e di gente poco corretta, poi invece quando ti incontrano di persona si comportano come se non fosse successo niente e fanno tutti gli amiconi…”
L’esperienza o il ricordo più brutto invece?
(Carlo Addestri): “penso sia stato quando c’è stato tutto il bel casino con i Queensrÿche, nel 2016 o 2017, che fu addossata la colpa alle band di apertura, agli slot che dovevano essere loro assegnati e al famoso “pay to play”. Abbiamo fatto una data a Zona Roveri e una seconda al Phenomenon, dove suonarono solo un’ora mandando in bestia il pubblico: ma li fu una scorrettezza loro e di orari che dovevano essere rispettati. Ma non c’entravano assolutamente i gruppi precedenti!”
Hai invece qualche novità per il futuro? Qualche news o anticipazione che ci puoi dare in particolare?
(Carlo Addestri): “guarda al momento ci sono delle trattative che sono in corso di cui ovviamente non potrò svelare nulla visto che “gli squali sono li pronti ad attaccare appena fiutano qualcosa” (le trattative in sospeso erano relative ai concerti da poco annunciati di Queensrÿche, Moonspell e Rotting Christ – n. d. r.). Sono curioso invece di come andrà la data del 10 Dicembre a Milano con i Rise Of The Northstar e Dope DOD: le prevendite stanno andando molto bene, quindi siamo contenti sia io, sia il locale e sia le band presenti e questa è la cosa che mi fa più piacere!”
Quali difficoltà invece hai riscontrato maggiormente nell’organizzazione di eventi in generale in questi anni, a parte la concorrenza non sempre leale di alcune agenzie?
(Carlo Addestri): “il fatto probabilmente di non saper fare o non conoscere tante cose: finché sei il dipendente di una grande società allora hai il tuo ruolo e il tuo compito ben preciso e fai quello che ti spetta, niente di più niente di meno. Quando invece sei tu ad avere la responsabilità di un tour ci sono tante cose che ti devi iniziare a curare e che prima invece facevano altre persone e tu conoscevi solo marginalmente; Ho fatto, faccio e farò tantissimi errori ma bisogna imparare da quelli e maturare così come imparare di quali persone ci si può o non ci si può fidare. Io poi ho purtroppo il difetto di fidarmi e di dare una possibilità a tutti, quindi alcune volte sono stato ripagato e altre volte meno: è tutto un percorso di crescita in cui bisogna essere consapevole dei propri errori cercando di non commetterli più in futuro.”
Ultime domande: innanzitutto, com’è nata la “Shark Production” e se è ancora in piedi e operativa.
(Carlo Addestri): “no la Shark Production non è operativa ed è durata pochissimo, perché avevamo provato a fare questa sorta di società con Giovanni Noè, Andrea Lanzillo (entrambi della SoundsRock Agency – n. d. r.) e con Andrea Palomba (Erocks Production – n. d. r.) che non ha avuto più alcun prosieguo per il fatto che lavoriamo a livelli diversi. Siamo comunque rimasti in ottimi rapporti e un certo di collaborazione esiste ancora ma è stata un’esperienza che è naufragata con il Colony su a Brescia. Ognuno giustamente sceglie in che tipo di eventi lavorare,c’è chi è soddisfatto di concerti nei pub o in piccoli club perchè gli sta bene così, chi (come me) invece è interessato ad altro, ma vanno bene entrambe le cose per carità l’importante è essere sempre soddisfatti.”
Qual è il peggior artista, sempre che ci sia, con cui hai avuto l’occasione di lavorare?
(Carlo Addestri): “è stato pesante lavorare con Doyle (ex Misfits – n. d. r.) a tutte e tre le date che abbiamo fatto, perché lui è una persona molto pesante (e devo ringraziare Diego di Torino per l’aiuto) e ha delle richieste veramente folli: non si rende conto che non riempie più certe piazze come ai suoi tempi d’oro con i Misfits. Anche con i Nashville Pussy c’è stata qualche difficoltà soprattutto dal punto di vista di droghe e alcol; poi per fortuna devo dire che non ho avuto altri grossi problemi con gli artisti che ho seguito e curato in particolar modo.”
Che ne pensi invece del tanto discusso “pay to play”?
(Carlo Addestri): “sono assolutamente favorevole, perché è una dicitura sbagliata così come viene comunemente denominato. Ti faccio un esempio a titolo esemplificativo: quando ho aperto al mia agenzia ho investito dei soldi in tanti campi (dalla promozione sui social, i logo, telefonate, ecc.) come chiunque apra una sua attività imprenditoriale ha sempre una fase di startup iniziale in cui investe, pagando qualcuno in diversi settori per aumentare la propria immagine. Se tu sei un musicista o un gruppo e vuoi pubblicizzare la locandina di un tuo concerto su qualsiasi magazine cartaceo, paghi per un determinato servizio, se sei un’azienda e vuoi pubblicizzare il tuo prodotto sul cartellone della tangenziale, paghi la società proprietaria del cartellone, è un investimento che si fa per ottenere visibilità, ma è una cosa che vale in tutti i campi e che esiste da sempre. Se vuoi un servizio di qualsiasi tipo sai quanto ti viene a costare in base ai tuoi obbiettivi, non c’è assolutamente nulla di sconvolgente. Le possibilità che hanno le band che si prestano a questi investimenti sono di diverso tipo: il poter suonare in locali in cui non suonerebbero mai, esibirsi di fronte ad un pubblico più ampio che difficilmente riuscirebbero ad attirare, di avere una grossa visibilità sulle locandine, sui flyer, esporre il proprio merch di fronte a 50 persone è una cosa, con 500 è un’altra.. E’ ovvio però che il tutto deve essere commisurato sia all’artista in questione, sia alla posizione che si ha nel bill: di comune accordo con la band che paga. Se molti gruppi questo non lo capiscono, pensando che sia solo una mazzetta che prende il promoter per farli suonare, peggio per loro! Con i gruppi con cui collaboro, tra cui i Run Chicken Run (della SoundsRock Agency – n. d. r.) che hanno suonato quest’oggi e che tu ben conosci, siamo sempre in ottimi rapporti: il discorso è sempre chiaro e trasparente sin da subito con tutti! Dipende poi dai singoli promoter, io il “pay to play” lo utilizzo anche per praticare degli sconti ai locali perché in generale deve essere un vantaggio per tutti e non solo per alcuni. Se diventa invece un modo unicamente per spillare i soldi alle band è chiaro che li è sbagliato, così come è sbagliata una persona che ti fa da manager e vuole sempre e comunque un tot. al mese: se sei un manager devi credere nel tuo artista e devi portare dei risultati concreti al tuo assistito poi dopo dovrai giustamente essere pagato. Io personalmente mi sono sempre rifiutato di fare il manager perché non ho granché la passione, la voglia e la fantasia di mettermi a contattare radio, riviste, ecc. Ma questo servizio, come nel caso del “pay to play”, deve portare poi a un risultato: se dopo un anno che un artista paga un manager il massimo del risultato è aprire solo a due o tre band internazionali sinceramente mi chiedo, a cosa è servito?
Grazie ancora per il tempo che ci hai concesso e per questa interessante chiacchierata: ultima domanda! Hai un messaggio o un consiglio da mandare a tutti i giovani promoter che muovono i loro primi passi in questo difficile e spesso poco sincero mondo del music business?
(Carlo Addestri): A parte che sono un giovane promoter anche io, bisogna dare peso alle parole sennò si passa per quello che non si è, io sono l’ultimo degli ultimi sia a livello lavorativo che temporale quindi non posso dare consigli, magari tra 10 anni forse! Posso dire come lo faccio quindi il modo che reputo più giusto
Fate questo lavoro con tanta passione ma non chinate la testa mai davanti a nessuno: se credete in quello che fate allora testa bassa, lavorate e porterete a casa i risultati attesi, tanto ci sarà sempre qualcuno che vi dirà di non farlo!”