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Interviste SOMMARIO

MARIO RISO (REZOPHONIC): musica per sensibilizzare il mondo!

Nonostante l’impellente pandemia a causa del covid-19 ci abbia oramai da mesi allontanato forzatamente da concerti, ritrovi e più in generale dai contatti sociali, rendendoci spesso pigri e pochi avvezzi ad un ritorno alla “normalità” e alle relazioni sociali così come eravamo tutti abituati prima del Marzo scorso, è bastato veramente poco per riassaporare, almeno per il sottoscritto, una nuova ventata di entusiasmo, ritornando con piacere ad intervistare volti noti e meno noti del panorama rock e metal nazionale ed internazionale!

Questo ritorno non poteva che esser fatto in grande stile, e naturalmente con un ospite d’eccezione quantomai importante: in occasione dell’evento dei Rezophonic al Whisky a Go Go di Pulsano (TA), abbiamo avuto l’immenso piacere di incontrare il deus ex machina dietro questo interessante progetto di beneficenza e sensibilizzazione, presente oramai sulle scene da quasi quindici anni. Stiamo parlando naturalmente del poliedrico Mario Riso, alle cronache rinomato batterista di caratura internazionale, nonché membro dei Movida, ex componente degli storici R.A.F., ed ideatore del format Rock Tv solo per citare alcune delle sue collaborazioni più conosciute tra le tante. Ovviamente la nostra piacevolissima chiacchierata, svoltasi prima della loro esibizione in compagnia della stupenda Cristina Scabbia (Lacuna Coil), non poteva che toccare, tra i numerosi argomenti trattati, il mondo di AMREF, di cui Mario è collaboratore e con cui ha realizzato diversi pozzi e scuole in Africa, l’universo musicale passato, presente e futuro ma anche il panorama calcistico ed in particolar modo quello di fede nerazzurra, altra ennesima passione comune a me e Mario!

Questo e molto altro è stato trattato nel corso della lunga e spensierata chiacchierata fatta con il nostro ospite, il quale ci ha rivelato inoltre alcune importantissime novità che riguardano il mondo del format Rock Tv, e che costituiranno un nuovo canale privilegiato per tutte le band underground che hanno necessità nel farsi conoscere ed allargare la loro cerchia di pubblico. Insomma, tanti gli argomenti di cui si è discusso, ma certamente quello che più mi ha colpito della persona di Mario Riso è la sua passione che mette nel portare avanti con perseverenza questo progetto targato Rezophonic, opera di sensibilizzazione di chi, come molti di noi, ancora credono in un mondo migliore e quotidianamente provano a fare la propria piccola parte!

Si ringrazia per il supporto e la collaborazione l’amico David Bonato della Davverocomunicazione e, naturalmente, Moris Mazzone, colonna fondamentale e braccio destro di Mario e del collettivo Rezophonic.

Ciao Mario e grazie innanzitutto per il tempo prezioso che ci stai concedendo in eslcusiva per VeroRock Italia. Partiamo in primis con una domanda doverosa, visto il periodo che stiamo tutti vivendo. Come hai trascorso musicalmente e personalmente parlando questi mesi di pandemia? Guarda, la pandemia è stata una sorpresa per tutti, nessuno se l’aspettava, e solo giorno dopo giorno abbiamo scoperto la gravità di quello che stavamo vivendo. Io, personalmente, devo dire che mi sono ritrovato a sospendere un sacco di concerti, di registrazioni che avevo già chiuso in quel periodo, non ultimo questo tour con i Rezophonic che stiamo ultimando solo adesso, nato grazie alla SIAE con il contest “Per Chi Crea”. Avevamo dieci tappe, durante le quali avremmo dovuto girare l’Italia, ma alla quinta tappa si è interrotto tutto e quindi mi sono ritrovato a casa, come tutti noi italiani, con la fortuna però di avere uno studio di registrazione e una tv con la quale ho avuto la possibilità di passare dei giorni a progettare la ripartenza!

Parlando invece del tuo progetto Rezophonic, quali sono le novità ed anticipazioni che ci puoi dare a riguardo? Siete al lavoro su nuovo materiale dopo i singoli “Mayday” e “L’ultimo Fiore del Mondo”? Si, ho appunto approfittato della pandemia per  riordinare anche un sacco di cose che riguardano canzoni o pezzi che erano rimasti nel cassetto e che, chiaramente, adesso ritorneranno a galla. Cosa molto importante, abbiamo già progettato il disco ‘Rezophonic 4’, sarà una sorpresa per tutti, a settembre uscirà il primo singolo ma l’album sarà di dieci brani “epocali”, e poi capirete il perché di questa mia risposta!

Tornando indietro nel tempo, ci puoi brevemente raccontare e riassumere i punti salienti di com’è nato e si è sviluppato il progetto Rezophonic? Quali sono stati per te i momenti o gli episodi più belli e quali quelli più difficili? Cerco di risponderti in sintesi, tutto  è nato con un viaggio fatto con la Nazionale Artisti TV, una squadra con la quale gioco a calcio e di cui sono orgogliosamente capitano: ho conosciuto la sete, durante una trasferta in Africa, ero con Icio De Romedis che è la persona che mi ha introdotto al mondo di AMREF e successivamente a tutto il mondo africano. La cosa importante è stato vivere e scoprire una cosa pazzesca che si chiama “sete”: questo mi ha condizionato a tal punto che, rientrato in Italia, ho voluto coinvolgere tutti gli amici di oltre vent’anni di musica per fare un progetto che non fosse il classico progetto per realizzare il desiderio di fare della propria passione un lavoro. E quindi, i momenti sicuramente magici con i Rezophonic sono stati quelli relativi alle trasferte in Africa, dove sono stato battezzato due o tre volte (uno dei miei nomi è “Mepukori”, ci tengo a dirlo perché addirittura Stef Burns ha voluto mettere una canzone che si intitola così nel suo disco, che  porta il mio “nome di battesimo”). I momenti spiacevoli, invece, sono stato quando ti trovi in Africa di fronte alla realtà di bambine che frequentano la scuola secondaria, che purtroppo per motivi di salute o di malattie ti vengono presentate come persone che non arriverranno probabilmente alla massima età, e allora rivivi un po tutto quello che ti è passato per la mente, nel momento in cui sei nato nella tua famiglia e spesso alle  volte ti sei ingiustamente lamentato. In questa scuola secondaria femminile la preside, prima di  farci incontrare le bambine, ci ha accolto dicendoci “mi raccomando, sappiate che queste ragazze non avranno un futuro, perché potrebbero morire di AIDS o di violenza”: mi sono ritrovato di fronte a circa duecento o trecento bambine, tutte coi grembiulini, che ti cantano per darti il benvenuto, una commozione veramente grande, difficile da spiegare a parole! Il momento più bello è sicuramente quando vedi i frutti del tuo lavoro: ad esempio la consegna del primo pozzo in Africa, che ho vissuto da un video, è stato un’emozione esagerata!

A quale dei vostri album Rezophonic sei maggiormente affezionato? Quale quello che hai trovato più ostico da realizzare? Guarda, in ogni disco ci sono dei brani a cui mi sento particolarmente legato, per cui difficile dirne uno. Il primo disco è forse stato il più particolare perché ‘Rezophonic’ è un progetto unico nel genere al mondo: non esiste un progetto umanitario del genere che va avanti da quattordici anni, facendo dischi. Il primo disco d’esordio poteva sembrare una cosa quasi normale, ma quando arrivi al trezo o al quarto a distanza di più di un decennio capisci che c’è dietro una storia più importante.

Ho sempre trovato molto interessante e lodevole l’idea di sensibilizzazione alla base del progetto Rezophonic. Come può secondo te oggi, a seguito anche di questa pandemia, la musica rendere migliore la vita delle persone? Qualche idea in particolare su cui stai lavorando? Allora, premetto che noi di Rezophonic non abbiamo nulla da insegnare a nessuno, ma ci  piace l’idea di usare la musica per raccontare delle storie, e provare a sensibilizzare le persone mettendole nella condizione di riflettere su quella che è la quotidianità. E allora, riferendoci ai progetti che ho in mente, sicuramente noi ci occupiamo di costruire fisicamente pozzi d’acqua e soprattutto scuole, ma, al contempo, la nostra è sempre più quella di parlare alla gente, vivendo però una realtà in cui sappiamo che ci sono persone che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Quindi, una delle cose importanti è non chiedere, ma semplicemente spiegare che se non si ha la possibilità di donare soldi o tempo, possiamo comunque stare attenti a non sprecare le risorse che abbiamo: è questo l’unico modo per costruire una terra migliore!

Il collettivo Rezophonic ha da sempre coinvolto tantissimi artisti italiani (e non) afferenti ai generi più disparati (da Cristina Scabbia a Caparezza, da Enrico Ruggeri a Giuliano Sangiorgi, ecc.). Con quale di questi musicisti hai ad oggi un rapporto molto stretto? Con quale è stato più difficile invece collaborare? In generale sono tutti amici della musica e della vita, per cui ho avuto sempre facilità a collaborare con loro, limitatamente agli impegni professionali: naturalmente Rezophonic non è una carriera artistica ma è un progetto ed è un contributo. Quindi, con tutti ho un grandissimo rapporto di amicizia. La cosa che mi sento di dire è che ci sono artisti con i quali ancora non sono riuscito a collaborare, almeno a livello musicale: ad esempio Lorenzo Jovanotti che è un artista  che io ho apprezzato e  con cui ho suonato da piccolo, sono riuscito a coinvolgerlo solo magari disegnando delle magliette per il tour di “Safari”, e con il quale abbiamo costruito dei pozzi d’acqua, ma avrei avuto volentieri il piacere di condividere una canzone assieme a lui. E poi ce ne sono ancora tantissimi che sicuramente negli anni non mancherò di coinvolgere!

Parlando invece di un’altra tua realtà musicale, i Movida, siete tornati in pista lo scorso Aprile con il singolo “Meteore”. Che progetti avete per il futuro dopo un lungo silenzio durato circa 5 anni? Un nuovo album in vista? Allora, oggi la musica vive di singoli più che di nuovi album, perché i dischi devi farli quando c’è qualcuno che ha voglia di ascoltarli o di comprarli. Quindi, noi siamo ripartiti perché soprattutto io ho avuto l’esigenza di  risuonare ancora una volta in giro per l’Italia e per il mondo. Personalmente, sono legato alla musica non tanto per un fattore economico, quanto come mission e amore spassionato, e sarei disposto a qualsiasi cosa per suonare le canzoni che mi rappresentano. Purtroppo la band dei Movida ha subito dei cambiamenti di formazione, perché alcuni di noi abitano lontani (Alessandro a Londra, Ivan a Cuneo), però devo dire che i nuovi membri della band mi hanno dato voglia di continuare a suonare e abbiamo già scritto un nuovo brano che registreremo a breve, magari in vista di un possibile album futuro.

Con i Royal Air Force hai fatto parte della scena storica hard’n’heavy italiana. Che ricordi hai di quel periodo? Hai mai pensato in questi anni di tornare ad esibirti qualche volta con loro? Guarda, personalmente sono innamorato di tutto quello che ho fatto e ho ancora dei rapporti fantastici con tutti i musicisti e i ragazzi che hanno fatto parte della mia crescita e del mio percorso di vita. I Royal Air Force sono stati veramente un momento magico, perché negli anni Ottanta avevo diciassette anni e all’epoca si poteva ancora sognare: non è come oggi, dove hai purtroppo delle realtà che ti vengono sbattute in faccia grazie ai social e al pc. Io ho veramente vissuto un’epoca in cui si sognava l’America, in cui si sognava di crescere e di poter cambiare il mondo. Ammetto che con i Royal ho vissuto dei momenti stupendi che mi piacerebbe ripetere, però si cresce aimè, e diciamo  che il cantante dei R.A.F. ha subito negli anni degli interventi che non gli hanno dato più la possibilità di continuare a fare questo, ma volendo se ce la facesse più che volentieri tornerei ad esibirmi con loro!

Oltre alla musica suonata sei stato tra i principali promotori di format quali Rock TV e altre piattaforme di diffusione e divulgazione della musica. Da cosa nasce questa tua esigenza oltre che di musicista anche di appassionato e divulgatore? In realtà, questa esigenza è nata casualmente perché, essendo all’epoca molto amico con Gianluca Galliani e Tommy Massara (chitarrista degli Extrema – n. d. r.) e Max Brigante, ci si frequentava all’epoca durante i concerti e i momenti che condividevamo tutti assieme. Gianluca è un metallaro incallito e non solo un tifoso rossonero (ride), quindi automaticamente ci siamo conosciuti: da li è nata un’amicizia, io avrei voluto fare il procuratore di calcio, ma è nata invece una televisione! Siamo partiti quasi per gioco, quattro amici, perché ci siamo detti che era arrivato il momento di dare voce alle nuove realtà musicali. A proposito, devo darti una news che quasi nessuno sa: a settembre 2020 nascerà Rocker TV, la naturale evoluzione di Rock TV vent’anni dopo, quindi un canale totalmente dedicato al rock, al metal e alla musica alternativa, dando così spazio a realtà emergenti, dando la possibilità di conoscere gli artisti come stai facendo tu con me (ride), però questa volta in diretta live streaming, in chat, su Youtube, su Twich. Quindi, un canale di nuova generazione: della squadra farà parte Danny Metal che è uno youtuber famosissimo che rifà tutte le canzoni metal, le hit varie; poi ci sarà Vera Spadini che è un volto della moto GP, anche se in realtà è una metallara incallita, soprattutto appassionata di grunge, quindi la vedremo per la prima volta in una veste diversa dallo sport.

Hai iniziato da piccolo a suonare il pianoforte e poi sei passato a suonare la batteria con maestri quali Giorgio di Tullio e Walter Calloni. Quali sono state le tue principali ispirazioni musicali sia come batterista che come musicista e appassionato in generale? Allora, andando in ordine nel tempo, sicuramente Neil Peart, batterista dei Rush, poi da piccolo gli Iron Maiden mi hanno veramente folgorato, e da li mi sono innamorato del metal grazie a loro: per cui ci metto sia Clive Bur che Nicko Mc Brain! Naturalmente anche John Bonham dei Led Zeppelin non può mancare tra le mie influenze, per me è stato un punto di riferimento. Poi crescendo nel tempo si è evoluta la batteria e quindi ti direi Steve Copeland dei Police, piuttosto che Deen Castronovo (ex Journey, Hardline, The Dead Daisies, tra gli altri – n. d. r.) fino ad arrivare ad oggi, magari Aaron Spears, Chris Coleman. Forse quest’ultimo l’ho vissuto meno anche se molti dicono che ci somiglio nel modo di suonare, anche se non è una cosa voluta in realtà (ride).

Musicalmente parlando, qual è il tuo sogno nel cassetto? L’artista o gli artisti con cui vorresti un giorno collaborare? A questa domanda ti rispondo facilmente perché il cantante della mia vita è Sting e quindi un sono potrebbe magari essere collaborare con lui un giorno, visto che vive anche in Italia: fare un pezzo con lui credo che sarebbe il coronamento di un sogno. Magari chissà, forse coinvolgendolo anche nel progetto Rezophonic, in quel modo avrebbe senso penso, altrimenti forse sarebbe più difficile. Dopo di lui ovviamente Steve Copeland e se potessi, invece, suonare con qualche band leggendaria ti direi i Police e i Led Zeppelin.

Nel Dicembre 2017 hai ideato il progetto “Inter Bells”, facendo cantare più di 50.000 tifosi nerazzurri al S. Siro. Com’è nato questo progetto? Hai in futuro altre idee con la società FC Internaztionale Milano? Che ne pensi della stagione che sta per concludersi? Ti rispondo velocemente, per quanto riguarda il futuro stiamo organizzando la partita per i festeggiamenti del decennale dal Triplete, quindi ti verrà da ridere ma stiamo per organizzare una trasferta a Wuhan in Cina, che è stat l’epicentro del covid-19, ma con l’Inter, quindi con l’avvallo della società, si sta provando a giocare una partita la con tutti gli eroi del Triplete facendo una cena la sera e una partita il giorno dopo, rivivendo i momenti magici di quell’annata. Io spero ci siano tutti, compreso Josè Mourinho, anche se dell’organizzazione se ne sta occupando un ex calciatore dell’Inter che non posso nominare, mentre io mi sto occupando invece del Museo del Calcio e dell’evento con Moris Mazzone, ed infine ci sarà Evaristo Beccalossi che si occuperà della scuola calcio. Naturalmente, però, vista la situazione incerta è ancora tutto in divenire e dovremmo incontrarci il 18 di ottobre. Per il resto, vedo l’Inter benissimo, spero che il “colpo di testa” di Conte non venga punito più di tanto, perché secondo me ha fatto grandi cose, dimostrandosi oltretutto per certi versi più interista degli interisti (ride).

Grazie ancora per il tempo prezioso che ci hai concesso, ultima domanda: quale consiglio daresti alle giovani rock band italiane che si stanno affacciando nel variegato e difficile mondo della musica contemporanea? Mah, innanzitutto permettimi di ricordare che con Rocker TV nascerà uno spazio interamente dedicato a loro, per cui consiglio a tutti di seguirci su questo nuovo canale. Io a Rock TV ero il responsabile di format come “Sala Prove”, “Heineken Jammin’ Festival Contest”, “Jack ti Ascolta”, tutte cose nate per dare voce ai gruppi nuovi. Quindi, io consiglio a tutti di seguirci perché quella sarà la casa del rock e di chi fa musica propria: li dentro non potranno entrare barbagianni, paggagoni e gente che fa cover band! Ricordatevi, infine, che la musica non è nata per pagare le bollette, ma si può comodamente fare un altro lavoro e suonare per passione, è questa penso sia la cosa migliore!

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