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Live Report

NEW DISORDER + Stage Of Reality + White Thunder, Roma, 11/10/19 – Musica che cresce, sperimenta e si evolve!

Si torna on the road, e devo dire che questo ci piace proprio tanto, infatti i nostri padiglioni auricolari già da subito seguono la scia che il metal, e in generale la buona musica lasciano dietro di loro. La strada è quella che porta al Traffic Live, sede in cui le sonorità metalliche infiammeranno a dovere pubblico e palco; gli autori di questo incendio sonoro, previsto in data Venerdì 11 Ottobre 2019, sono capitolini, e rispondono al nome di White Thunder, Stage Of Reality e New Disorder, tre band legate metallicamente, ma con peculiarità e anime diverse ed eterogenee. Sono le 22:00 ed è tempo di lasciare fuori l’umidità della serata, per andare sotto palco a riscaldarsi un po’.

White Thunder

Il tuono bianco non si fa certo attenere e desiderare, conquistano la scena iniziando subito in maniera fulminante dove mettono in risalto trame un po’ più scure del solito, intanto i tamburi di Davide sparano dei blast beat bellissimi quanto inaspettati, inaspettati come i growl dietro il microfono da parte di Alessandro, ma è tutto il combo a risultare compatto e professionale grazie anche al basso di Simone estremamente solido e presente. La conquista del pubblico è completata dalle corde vocali di Mattia che non si risparmia fin da subito, narrandoci a modo suo “Timeless Despise”. Si respira forse soltanto un attimo, e arriva “Remotion Of My Soul” direttamente sui nostri bei visi, oltre che essere un brano molto immediato la cosa che più mi ha colpito sono stati i cambi di tempo praticamente perfetti, in cui questi ragazzi hanno dimostrato (se mai ce ne fosse ancora bisogno) che i loro arti superiori sono molto competenti sugli strumenti, il tutto accompagnato da un bel gioco di luci. Voci e cori giocano tra loro e si intrecciano ottimamente a conferma di un affiatamento totale. Prima di cominciare il loro set, i ragazzi mi avevano comunicato che ci sarebbe stata una piccola sorpresa, infatti on stage calano un po’ le luci ed ecco che dietro il microfono compare un ragazzo che risponde al nome di Nicholas Zerbini, di professione attore. La sua voce ci narra di una lettera scritta da quello che è uno dei protagonisti della storia in musica che i White Thunder hanno composto. Che dire? Bravo Nicholas che con la sua presenza ha reso un po’ più emozionale questo momento dove le note erano silenti. E’ tempo di una trilogia, “The Journey Of A Billion Years” che ci indica la strada verso la fine della loro set list. Si procede con “Wait For The Sun” si abbassano i giri del motore ed ne esce fuori una ballad dove un Mattia in splendida forma canta su atmosfere che si sono progressivamente velate di una patina più oscura, atmosfere sorrette anche dalle note alla tastiera eseguite da Simone (che per un attimo ha messo da parte il basso); insomma un pezzo molto fluido che passa come acqua nella notte. Applausi ce ne sono, e anche le teste di chi era lì si muovevano a tempo di musica, la colpa è di “Maximum” brano che mette in luce (secondo me) quella durezza pura che è propria del Tuono Bianco (come mi suggerisce l’amico Gianluca sono “la purezza del djient”). Continuano i cambi di tempo, sempre ben articolati, con la sezione ritmica molto aggressiva dove presenza e solidità ne sono caratteri distintivi. Le fonti di ispirazione da cui questi ragazzi prendono spunto sono tante, e in questo ultimo brano (con un introduzione tipo Dream Theater style) abbiamo un di tutto un po’ ; voci sia pulite che growl che danno luce in maniera differente al mood della canzone, le chitarre di Jacopo e Alessandro che macinano riff e note in continuazione, le note basse sono rocciose e sorreggono una trama di note arricchita ancora una volta dalla presenza di intermezzi batteristici in blast beat. Approvazione unanime da parte del pubblico per “How To Create A Black Hole”. Idee ben articolate nella scrittura di questa storia in musica, crescita esponenziale musicale e tecnica di ogni componente, quindi posso dire che per quanto riguarda le sette note, c’è ancora speranza di sentire le nuove generazioni tirare fuori qualcosa di veramente valido, creativo e ben congegnato. Contento di avervi recensito e contento di essere stato presente al vostro live set. Rock on!

White Thunder lineup:

Mattia Fagiolo – Voce
Jacopo Fagiolo – Chitarra
Alessandro De Falco – Chitarra
Simone Ndiaye – Basso
Davide Fabrizio – Batteria

Guest:

Nicholas Zerbini – Narratore

White Thunder setlist:

“Timeless Despise”
“Remotion Of My Soul”
Narrazione lettera
“The Journey Of A Billions Years”
– Wait For The Sun
– Maximum
– How To Create A Black Hole

Stage Of Reality

Secondo colpo in canna per questa serata, e “Welcome On Stage”. Si parte con un mood un po’ particolare dove le note si vestono di suoni elettronici anni 80, il tutto fa da preludio a delle novità che la band aveva già annunciato negli ultimi tempi. La dicitura: nuove sonorità, fa da apri pista alle sperimentazioni che sono in divenire in casa SOR, tutto ciò si avverte subito in “Think Twice”, dove Damiano erge subito a protagonista la sua super voce che rende compatto il muro sonoro di note che vengono suonate. La lineup questa sera, causa tour con Kee Marcello, ha un Marco Polizzi in meno alle note basse; ma questo non ferma la band, anzi, anche qui grazie agli intermezzi elettronici, sempre molto azzeccati e interessanti, l’assenza del basso non si sente e il suono SOR non ne viene inficiato. In tutto questo Emiliano e Andrea si divertono con le loro chitarre, e tra un fraseggio e l’altro c’è solo il tempo per i giusti e meritati applausi per una splendida “Spectral Drum Down”. Oliati e rodati come una macchina perfetta, la band continua nella sua accelerazione in musica. “Don’t Touch The Children” esplode su chiunque sia sotto il palco e non fa prigionieri, accolta dai consensi del pubblico che ricambia cantando e facendo anche un po’ di headbanging. Spallata dopo spallata, l’esibizione va avanti, le atmosfere sono un pochino più rarefatte ma le note che arrivano da sopra le assi sono perfettamente integrate fra loro, il narratore dietro il microfono non risparmia la sua voce abbracciando la musica, diventando un tutt’uno con essa. Narrazione sostenuta costantemente anche dagli altri componenti della band, insomma anche “The Breathing Machine” ha sfilato sul palco portando con se il suo nuovo bagaglio di arrangiamenti. Abilità e versatilità. Questi due aggettivi sono i più adatti per rendere al meglio l’idea di come i prossimi due brani, presenti in scaletta, mettano ancora una volta in risalto la perizia tecnica di questi ragazzi. Con “Five Senses” viene trasmessa una certa intimità nei toni, l’atmosfera generale è aiutata dal perfetto gioco di luci che on stage sembra seguire ogni nota suonata, e la voce di Damiano, morbida quanto basta, è ancora una volta protagonista in queste sfumature musicali. Ma basta un battito di ciglia a trasformare questa morbidezza in una voce che ora ruggisce e graffia le nostre orecchie. La versatilità si vede e si sente anche e soprattutto nelle due asce, infatti “Dignity” parte con dei riff trita tutto, dove l’attitudine metallica è veramente molto forte e presente, e la presenza di brevi passaggi melodici rendono questo pezzo un piccolo chiaroscuro. E finalmente posso dire la mia fatidica frase “questo è il pezzo preferito da chi scrive…” . Prima del concerto chiacchierando con i ragazzi, mi avevano detto che “Warlord” sarebbe stata eseguita solo voce e piano, io ovviamente gli ho creduto, giusto il tempo di fare mille pensieri su come potessero averla riarrangiata, poi sono passato alla fase in cui non credevo a questa loro dichiarazione, ma intanto sul palco è partito il brano. Una canzone diretta in faccia, ruvida, tagliente, detonante corredata da questi nuovi elettro arrangiamenti che ne hanno aumentato la potenza, insomma un vero piacere ascoltarla in questa nuova veste. Prima del botto finale, vorrei ricordare che, anche se un po’nascosto da aste, piatti, fusti e pelli, la presenza dietro i tamburi di Daniele è stata costante, sontuosa e anche lui non si è risparmiato trasmettendoci tutta la sua energia, tecnica e sudore. Si arriva rapidi verso la fine dell’esibizione, con “Not In Vain e Money For Dreams”. Semplicemente una bomba sonora, apprezzata da tutti visto che le teste non smettevano di muoversi, in questa ultima corsa Daniele è un rullo compressore, Emiliano e Andrea non sbagliano un colpo e Damiano ha scaricato tutta la sua potenza vocale. Posso concludere dicendo che: definire gli Stage Of Reality è facile, sono bravi musicisti che mettono tantissima passione nelle loro idee, passione unita a classe, potenza, tecnica, un suono personale sviluppato nel tempo e un loro carattere. Proprio così, carattere. Perché si sono tuffati in un percorso che sa di evoluzione, infatti stanno osando qualcosa di diverso, stanno sperimentando arrangiamenti e suoni nuovi e da quello che abbiamo potuto sentire questa sera il tutto è fatto con coerenza e rispetto per se stessi e per il pubblico. In attesa di altre novità future posso dire: buona la prima. Ottimo lavoro.!

Stage Of Reality lineup:

Damiano Borgi – Voce
Andrea Neri – Chitarra / Effetti
Emiliano Tessitore – Chitarra
Marco Polizzi – Basso
Daniele Michelacci – Batteria

Stage Of Reality setlist:

“Welcome On Stage”
“Think Twice”“Spectral Drum Down”
“Don’t Touch The Children”
“The Breathing Machine”“Five Senses”
“Dignity”“Warlord”
“Not In Vain”
“Money For Dreams”

New Disorder

Sempre da Roma, parte il terzo e ultimo colpo in canna per questa serata, loro sono i New Disorder. Il combo, sulle scene da circa 10 anni, ha dato fuoco alle polveri con un sound molto massiccio e potente, dove i riff di chitarra di Giovanni e Lorenzo sono stati protagonist. La voce di Francesco ha dato prova di una grande versatilità alternando momenti clean a momenti growl molto intense, basso e batteria chiudono il cerchio districandosi fra momenti più adrenalinici e momenti più distesi con tanto di breakdown a completare il sound. Si parte con tutta la forza che hanno in corpo, clean e growl si alternano rapidamente in un susseguirsi emotivo di grande intensità. “Riot” è un brano dal sapore cupo, con un bel passaggio strumentale per passare a momenti molto più pesanti e duri, Francesco ci dà subito dimostrazione della sua tecnica vocale e le chitarre sono pesanti e piene di groove. Ombre e luci, lineari e articulate, si mescolano fino a creare un gioco forsennato di musica e ritmi dove si erge in primo piano il drumming di Luca che compatta il muro sonoro che ci viene riversato addosso. “News From Hell” cresce, e in contemporanea aumentano i giri della velocità accompagnati fino alla fine da tamburi sempre più martellanti. Sembra che per un attimo il silenzio avvolga tutti, ma poi ecco che compare il suono di un carillon, “Get Out” si mostra come un brano bello e a tratti intimista, sorretto da una bass line che sembra pulsare come i battiti del cuore, insomma potenza e armonia melodica sono parte del mood fino a sfociare in un ottimo assolo chitarristico. Gli applausi? Ci sono, sono meritati e si fanno sentire. È il turno di Ivano che ci mette del suo, si inizia con il suo basso che va a lusingare le nostre orecchie (chi scrive ha apprezzato tantissimo) e seguono subito applausi. Ma poi cambia tutto, la ritmica si fà serrata e va deflagrare in tutta la sua forza tanto da farci scapocciare, la voce di Francesco è assolutamente protagonista e con il suo potente growl conferisce carattere ad groove dove si incontrano thash, heavy e (poco) death, e non poteva essere diversamente con un titolo come “W. T. F. (spreading hate)”. E adesso si salta sù e giù con “Going Down”. In momenti come questi, per tanto o poco che sia, è bello vedere il pubblico che si muove a tempo e canta con tanto di applausi a corredo. Una vera sferzata metallica con un riffing sempre di buona fattura, sostenuto dai tamburi di Luca sempre detonanti nel modo giusto e quell gusto melodic sempre presente, rende il tutto accattivante. Ci si allontana leggermente da quelli che sono i caratteri distintivi della band, per approdare in ambiti più metal, il cantato è pulito tendente alla melodia per poi tornare su territory più grevi, musicalmente ci si può godere la bella alternanza musicale in un intermezzo strumentale che passa da attimi suggestivi a durezze tipicamente thrash. I ragazzi scherzando sul palco si dedicano a vicenda questo pezzo che si chiama “The Beast”Kate Sale, si è proprio lei, la rossa singer dei Wait Hell In Pain l’ospite che duetterà insieme a Francesco in “Mind Pollution”. Suoni elettronici sembrano auspicare ad un passaggio un po’ più soft, ma non è affatto così perchè si martella ancora e ancora, thrash e groove si combinano a dovere e l’energia vocale dei due singer ci viene trasmessa con tutta la forza che hanno in corpo, e Kate non sfigura affatto al cospetto di questa band regalando al pubblico un ottima performance. E adesso arriviamo al mio brano preferitoche è “Scars”. Il termine è molto evocative, si perchè come sappiamo tutti le cicatrici in un modo o nell’altro fanno male e segnano i nostri pensieri; il pezzo che va ad essere suonato possiede più ombre che luci, ha un umore molto nebbioso. La voce si fa triste, inquieta e malinconica come se tutto si andasse via via spegnendo, ma poi emergono note di speranza e riscatto. Siamo in dirittura finale, e il traguardo passa per due brani quali “No Place For Me e Room Whit A View”. Nel primo la chitarra poggia sulla vocalità di Francesco e il pezzo assume dei toni soffusi dove una bella e graffiante melodia ci guida all’ascolto di questo brano. Ma non finisce quì, perchè basta un attimo e si ritorna in territori heavy oriented, dove si inizia in sordina per poi sfociare in connotati più distorti che mai e con un cadenza sonora che ci fa muovere le teste. Il finale è tutto fatto di applausi da parte del pubblico, e la band ci regala l’ultima bomba sonora che risponde al nome di “Deception”, brano presente nel precedente disco.In conclusione posso dire che, anche se personalmente, non seguo molto questo tipo di sonorità questa sera mi sono trovato di fronte ad una band veramente in palla, con idee veramente degne di nota e che hanno saputo trasmettere a me e al pubblico diverse e contrastanti emozioni, quindi credo che oltre ad essere (come si dice di solito) open minded, bisognerebbe semplicemente apprezzare tutto ciò che è musicalmente valido, e questi ragazzi lo sono. Bravi continuate così.

New Disorder lineup:
Francesco Lattes – Voce
Giovanni Graziano – Chitarra
Lorenzo Farotti – Chitarra
Ivano Adamo – Basso
Luca mancini – Batteria

New Disorder setlist:
“Riot”
“News From Hell”
“Get Out”“W. T. F. (spreading hate)”
“Going Down”
“The Beast”“Mind Pollution”
“Scars”“No Place For Me”
“Room Whit A View”
“Deception”

Fonte: Rocco Faruoloinserisci un nuovo commento

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