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Live Report

XXV AGGLUTINATION METAL FESTIVAL, Chiaromonte (PZ), 17/08/19 – Un quarto di secolo all’insegna del metallo lucano!

Nozze d’argento per quello che è diventato un must per tutti gli appassionati di metallo rovente, non soltanto del sud Italia ma di tutta la penisola: l’Agglutination Metal Festival ha infatto compiuto ben venticinque anni lo scorso Sabato 17 Agosto 2019, nella consueta kermesse svoltasi come sempre nell’ormai rinomata e storica location di Chiaromonte (PZ). Un evento speciale che anche in questa occasione si è rivelato un vero successo, grazie ad una buona partecipazione di pubblico e alle sette band che hanno, come da tradizione, onorato questa ormai storica manifestazione: dagli opener Scream Baby Scream, passando per gli storici The Black, per poi proseguire con gli attesissimi nord africani Carthagods, rituffandoci poi nella storia del metallo tricolore con gli Strana Officina, attraversando le nordiche lande norvegesi con gli altisonanti Carpathian Forest, per poi concludere con un’accoppiata da brivido, composta dagli co-headliner Death Angel e con i furenti Napalm Death. Insomma, non me ne vogliano gli amici vegani, ma anche quest’anno la carne servita era a dir poco prelibata, con un menù metallico variegato che ha saputo come sempre sfamare tutti i palati più esigenti, rilevandosi ancora una volta non soltanto un festival di caratura internazionale, bensì anche un ritrovo per tanti amici e conoscenti che ancora una volta si sono uniti per rendere omaggio alla nostra musica preferita! Questo importantissimo traguardo raggiunto, va sottolineato, è ancora una volta merito dell’amico nonché storico patron della kermesse Gerardo Cafaro, che grazie al duro ed estenuante lavoro suo e di tutto lo staff Agglutination, ha riservato ancora una volta uno spettacolo di alto livello e godimento a tutto il nutrito popolo metallico giunto dalle vicine regioni ma anche dal nord Italia: ottimo il service e il prezioso lavoro della security che ha consentito la buona riuscita di questa giornata sotto tutti i punti di vita! Non ci resta dunque che tuffarci in questa nuova odissea metallica, che vi racconteremo come sempre con le nostre parole ed immagini su VeroRock.it, da anni ormai media partner di questo storico festival!
Un ringraziamento speciale va come sempre agli amici Francesco “Raven” Gallina Carmelo Currò (che ringraziamo per le foto concesseci degli Scream Baby Scream – n. d. r.) della webzine Metallized, con cui da anni oramai è un piacere collaborare avanti e dietro le quinte, condividendo tante risate e sorrisi metallici!

Scream Baby Scream
Purtroppo, come già successo lo scorso anno, non mi è stato possibile godermi come avrei volute il primo set di aperture, per un leggero ritardo nell’arrivo a Chiaromonte, ma per fortuna mi è stato possibile ascoltare e vedere l’ultimo scampolo d’esibizione. La band milanese, dedita ad un moderno horror shock metal, ha saputo riscaldare a dovere gli animi dei primi indomabili presenti, con uno show scoppiettante nonostante alcuni problemi tecnici riscontrati durante l’esecuzione: “Garden of the Stones” e “Make Your Choice” salutano tutti gli astanti delle prime file, con un Damien Evil (voce) abbastanza in forma, mentre su “Make Your Choice” o “Curtain of Blood” è Trick Skull (chitarra) a mettere in evidenza le sue qualità tecniche ed esecutive. Anche l’accoppiata composta da Mark Knox (batteria) e Becky Delirious (basso) svolgono un buon lavoro, fornendo un buon appoggio ai tappeti effettati profusi da Ryan T. 3rror (synths). La conclusione è affidata a “Mouth of Madness” e al loro manifesto sonoro “Scream Baby Scream Till Death” che chiude questa prima esibizione alquanto godibile!

Scream Baby Scream setlist:

“Garden of the Stones”
“Make Your Choice”
“Curtain of Blood”
“Mouth of Madness”
“Scream Baby Scream Till Death”

The Black
Dopo aver celermente espletato le consuete formalità d’ingresso e salutato gli amici dello staff e i colleghi presenti in loco, eccoci finalmente pronti a goderci l’intero set successive previsto in programma: è giunto il momento tanto atteso di vedere sul palco un’autentica icona dell’hard’n’heavy tricolore come Mario “The Black” Di Donato (voce e chitarra), attivo sulle scene sin dalla fine degli anni ’60, e tornato on stage per riproporci il suo repertorio con la sua storica creatura, dedita ad un doom d’annata infarcita di inserti psichedelici. “Museum”, “Lupi Fortes” “Mala Tempora” sono brani dal sapore cadenzato e monolitico, la cui resa live, nonostante alcuni piccoli problemi tecnici, risulta essere di livello anche se forse l’uso di una scenografia e di luci adatte avrebbe aggiunto quel quid in più all’intera esibizione: l’uso dei testi in latino e di tematiche storiche sono la ciliegina sulla torta di questa originale proposta musicale. L’apporto strumentistico di musicisti del calibro di Gianluca Bracciale (batteria e voce) e del suo collega Cristiano “Pagano” Lo Medico (basso) sono fondamentali alla buona riuscita di composizioni variegate come “Necrofobia”, “Castrum Pesculum” “Immota Manet”, certamente tra i brani più riusciti ed acclamati dell’intero set proposto. L’anima melanconica e decadente dell’artista abruzzese riescono a trasportarci in questo viaggio sonoro, per concludersi con l’estratto “dantesco” “Cerbero” che mette il sigillo ad una performance certamente apprezzata da parte dei presenti, adesso sempre più nutriti seppur alla spicciolata, vista l’ora ancora tardo pomeridiana.


The Black setlist:

“Museum”
“Lupi Fortes”
“Mala Tempora”
“Necrofobia”
“Castrum Pesculum”
“Immota Manet”
“Cerbero”

Carthagods
Arriviamo così ad un altro dei nomi tanto attesi quest’oggi presenti nel bill, primo gruppo estero ad esibirsi in questa venticinquesima kermesse lucana: dopo la loro dipartita dell’ultimo minuto all’edizione di quattro anni fa per problemi dovuti a passaporti e visto in aereoporto, la curiosità dei metalheads è cresciuta a dismisura ed infatti adesso il parterre si sta sempre più riempiendo, tra un cambio palco e l’altro. Il loro sound è alquanto variegato e incentrato su un progressive/power metal dalle influenze e i rimandi più disparati, con inserti epici e sinfonici: apertura dunque affidata alla pregevole “Whispers From the Wicked”, ed è subito un toccasana per le orecchie di chi scrive, particolarmente avvezzo a tali sonorità! M.Khema (voce) si rivela un autentico trascinatore on stage, rivelandosi molto affabile e coinvolgente con tutte le prime file, mentre Tarak (chitarra ritmica) e soprattutto il biondo crinito Timo Somers (chitarra live, già membro dei Delain – n. d. r.) sprigionano dalle loro sei corde dei riff catartici e dei soli di grande strosità, mostrandoci tutta la loro rinomata preparazione tecnica ed esecutiva. “The Devil’s Dolls” e la seguente “Memories Of Never Ending Pains” sono ottimi biglietti da visita di quella che è la loro proposta musicale, veramente appreazzata da tutti, anche magari da chi è più appassionato di sonorità distorte. Buon lavoro anche della sezione ritmica con Zack (batteria e cori) e Timon (basso) silenziosi ma assai presenti sul palco, capaci di apportare la giusta dose di ritmicità alla complessità esecutiva e compositiva. Acclamati all’unisono, i nostri ci salutano, ringraziandoci per la calorosa accoglienza, con la stupenda “The Monster in Me” che sancisce così la fine di questa avventura sonora d’oltremare: Cartago delenda est!

Carthagods setlist:

“Whispers From the Wicked”
“The Devil’s Dolls”
“Memories Of Never Ending Pains”
“The Monster in Me”

Strana Officina
A conclusione di una delle migliori performance della giornata (a detta non solo del sottoscritto ma dei tanti presenti dai gusti più disparati ed eterogenei – n. d. r.), abbiamo l’opportunità di rifiatare per pochi istanti e berci una birra in tranquillità prima di scapocciare ininterrottamente durante l’esibizione di un’altra band tanto attesa e agognata: un nome che non ha certo bisogno di alcuna presentazione, degni di essere annoverati tra i gruppi cardine del movimento metallico italiano dagli anni ’80 ad oggi, il combo livornese ha scritto pagine indelebili della storia del nostro genere, spesso a torto sottovalutati da noi stessi metalheads tricolori! Guidati dal carismatico e imponente frontman Daniele “Bud” Ancillotti (voce), i nostri stanno festeggiando i quarant’anni di meritatissima attività sulle scene musicali, con il nuovo lavoro recentemente partorito (‘Law of The Jungle’, edito dalla Jolly Roger records a inizio 2019 – n. d. r.) e un set celebrativo dei loro classici divenuti manifesti di quello che è sempre stato il loro sound sin dalle origini! Una proposta che più genuina non si può, a partire dalle leggendarie “King Troll” e “Profumo di Puttana”, capaci di scatenare il putiferio sin dalle prime battute: quest’oggi i nostri beniamini annoverano per l’occasione Denis Chimenti (chitarra) a sostituzione dello storico membro Dario Cappanera (chitarra), impegnato nella sua rinomata attività di skipper, ma la differenza per fortuna non si è assolutamente sentita, grazie alle qualità mostrate dal suo temporaneo sostituto in sede live. “Sole, Mare, Cuore” fa da apripista alla titletrack dell’ultimo lavoro in studio, “Law of the Jungle”, mentre il pubblico festante sta mano a mano riempiendo sempre più l’arena lucana, pronto ad intonare tutti i classici proposti dalla band: Rolando Cappanera (batteria) ed Enzo Mascolo (basso) si confermano come da copione delle autentiche certezze della sezione ritmica, con una padronanza ed una verve a dir poco invidiabili! “Non Sei Normale” e la brillante “Autostrada dei Sogni” ci rendono partecipi di questa trascinante e dirompente festa metallica, ed è un vero onore poterla condividere fianco a fianco con amici e conoscenti di vecchia data, tributando il giusto riconoscimento ai membri storici che oggi ci guardano certamente soddisfatti dall’alto dei cieli. Un set come detto trascinante e dirompente al punto giusto, con un finale in coda tutto all’insegna di “Viaggio in Inghilterra” “Metal Brigade” che chiudono un’altra delle migliori esibizioni non soltanto della giornata ma forse di tutte le edizioni sino ad ora viste dell’Agglutination: “…Batti Il Martello e il Ferro/Ora non c’è tempo per pensare ne per giocare…”!

Strana Officina setlist:

“King Troll”
“Profumo di Puttana”
“Sole, Mare, Cuore”
“Law of the Jungle”
“Non Sei Normale”
“Autostrada dei Sogni”
“Viaggio in Inghilterra”
“Metal Brigade”

Carpathian Forest
Al termine di una gustosa scorpacciata di sano e duro heavy metal, passando dall’epicità dei tunisini Carthagods al ruvido hard’n’heavy dei nostrani Strana Officina, sarà adesso alquanto difficile per qualsiasi band riuscire a mantenere alta l’attenzione degli spettatori durante il proprio set: non me ne vogliano i tanti amici appassionati del genere, ma per me l’esibizione dello storico gruppo black norvegese non è stata certamente memorabile e all’altezza dell’altisonante nome che portano. Ripeto, probabilmente sarò io da sempre poco avvezzo a queste sonorità estreme, ma complessivamente la performance del combo nordico non è risultato granché coinvolgente come le precedenti band che si sono succedute sul palco questo pomeriggio! Al termine della sinistra “Intro – Through Fever Flames” i nostri si presentano con la celeberrima “Carpathian Forest”, seguita a raffica da “Through Self Mutilation” e “The Beast in Man – Origin of Sin”. Il capitano Nattefrost (voce e armonica) sprigiona versi gutturali alternati ad intermezzi di armonica che, almeno per il sottoscritto, non sempre sono risultati incisivi. “The Beast in Man – Origin of Sin”, “Likeim”, “All my Friends are Dead! (Turbo)”, “Ancient Spirits of the Underworld” oppure “Knokkelmann” sono il loro manifesto sonoro che fortunatamente raccoglie ancora oggi tanti proseliti anche quest’oggi presenti sia per l’esibizione che per il tanto atteso meet & greet con la band nel primo pomeriggio: “Morbid Fascination of Death” e la sanguinolenta “Bloodcleansing” introducono la rilettura di un classico dei The Cure“A Forest”, in chiave black norvegese che a mio parere è risultata un pochino forzata in alcuni punti. Malphas (chitarra) e Gamle Erik (chitarra) sprigionano mortiferi riff alla sei corde su brani come “Mask of the Slave”, “When 1000 Moons have Circled”, “I Am Possessed” e “He’s Turning Blue”, mentre la coppia Vrangsinn (basso) e Audun (batteria) svolgono il loro compito come da copione, scevro di qualsiasi orpello o fronzolo di maniera. “Rock’n’Roll Gloryhole” ci conduce (fortunatamente) verso la chiusura del loro set dedicato a “It’s Darker Than you Think”, “Suicide Song” e “Outro – Old House on the Hill”: intendiamoci, il gruppo a svolto a dovere il proprio compito con una prestazione certamente di livello ma nel complesso forse è mancata la scintilla per aizzare gli animi dei tanti fan presenti, non di certo del sottoscritto: de gustibus non disputandum est!

Carpathian Forest setlist:

“Intro – Through Fever Flames”
“Carpathian Forest”
“Through Self Mutilation”
“The Beast in Man – Origin of Sin”
“Likeim”
“All my Friends are Dead! (Turbo)”
“Ancient Spirits of the Underworld”
“Knokkelmann”
“Morbid Fascination of Death”
“Bloodcleansing”
“A Forest” (The Cure cover)
“Mask of the Slave”
“When 1000 Moons have Circled”
“I Am Possessed”
“He’s Turning Blue”
“Rock’n’Roll Gloryhole”
“It’s Darker Than you Think”
“Suicide Song”
“Outro – Old House on the Hill”

Death Angel
Fortunatamente ho avuto l’immenso piacere di trascorrere buona parte del set precedente in compagnia dell’amico Francesco “Raven” Gallina, penna storica di Metallized nonché autore di un interessantissimo libro sul ruolo delle donne nel mondo del rock/metal (“Donne Rocciose” 50 Ritratti di Femmine Rock, dalla contestazione alle ragazze del 2000, uscito lo scorso Maggio per Arcana Edizioni – n. d. r.), presente allo stand per promuovere appunto questo testo che vi consigliamo vivamente di reperire! Finalmente è giunto così il momento del primo dei due co-headliner della serata: stanno per fare il loro ingresso in scena gli storici thrashers californiani Death Angel, con un nuovo album di recente pubblicazione (‘Humanicide’ uscito pochi mesi fa per la Nuclear Blast Records – n. d. r.). Insomma, dopo aver assistito negli ultimi anni a band del calibro di Overkill ed Exodus, l’Agglutination Metal Festival anche questa volta ci ha riservato un altro storico nome del thrash statunitense anni ’80: Mark Osegueda (voce) risulta subito in forma tonica e smaliante, con un inizio da capogiro sulle note di “Thrown to the Wolves” e “Claws In So Deep”, mentre su brani come “Voracious Souls” o “Father of Lies” è la classe di Ted Aguilar (chitarra) e Rob Cavestany (chitarra), un’accoppiata di assi da capogiro, ha prendere il sopravvento, tra riff taglienti e soli al fulmicotone! Dal penultimo lavoro in studio (‘The Evil Divide’ del 2016 – n. d. r.) viene riproposta “The Moth”, mentre dallo storico ‘Act III’ (1990) viene tirata fuori “Seemingly Endless Time”: un vero e proprio excursus storico di quelli che sono i loro cavalli di battaglia, soprattutto in occasione di questa ultima data del loro tour, come giustamente ci ricorda il buon Mark a più riprese! Il leone di San Francisco è particolarmente coinvolto e colpito dal calore e dall’accoglienza ricevuta da tutta la numerosa audience, ricordandoci sempre di supportare un evento di tale portata, visto l’importante traguardo raggiunto dei venticinque anni: ed eccolo infatti aizzare le prime file per un mosh senza tregua, incurante di qualsivoglia security. E’ ora la volta della recente “The Dream Calls For Blood”, dall’omonimo album del 2013, ed è nuovamente un tripudio generale, con un headbanging scatenato da parte di tutti i presenti, mentre Will Carroll (batteria) e il biondo Damien Sisson (basso) si rivelano una sicurezza assoluta per questa ruggente creatura sonora! Il dittico “TUV/The Pack” ci conduce dritti alla titletrack dell’ultimo lavoro in studio, “Humanicide”, prima dell’epilogo di questo memorabile set con l’immancabile “Kill as One”, dal capolavoro ‘The Ultra-Violence’ (1987): il pubblico è letteralmente rapito dal quintetto americano, grazie ad una performance di altissimo livello sia esecutivo e sia a livello di empatia con il pubblico, decretando un altro vincitore indiscusso di questa venticinquesima edizione!

Death Angel setlist:

“Thrown to the Wolves”
“Claws In So Deep”
“Voracious Souls”
“Father of Lies”
“The Moth”
“Seemingly Endless Time”
“The Dream Calls For Blood”
“TUV/The Pack”
“Humanicide”
“Kill as One”

Napalm Death
Risaliamo così il tabellone in programma fino ad arrivare così all’ultimo nome di questa memorabile XXV edizione dell’Agglutination Metal Festival: dopo una sfuriata a suon di thrash old school di matrice californiana, eccoci nuovamente di fronte ad un altro gruppo che, nel bene e nel male, ha segnato la storia del metal estremo degli ultimi trent’anni e più. Lo storico combo inglese è certamente tra i gruppi più attesi quest’oggi a Chiaromonte, con il loro muro sonoro devastante e irriverente: intendiamoci, di certo non rientrano molto nelle corde del sottoscritto ma nonostante ciò non si può dire di restare indifferenti a cotanta verve e rabbia sprigionata in un set all’ultimo respiro. La loro velenosa dose di hardcore misto a punk con una spruzzata di grindcore e death metal d’annata è quantomai un toccasana per gli animi ancora ruggenti dei tanti fan e curiosi presenti oggi tra le barricate: “Multinational Corporation”, “It’s a M.A.N.S. World”, “Smash a Single Digit” “(On the) Bring of Extinction” sono dinamite pura per i nostri padiglioni auricolari, mentre Mark “Barney” Greenway (voce) è inarrestabile on stage, senza fermarsi un secondo, quasi fosse impossessato da qualche maledizione! Dal canto loro anche i corpulenti Shane Embury (basso) e Mitch Harris (chitarra e cori) ci danno dentro alla grande, con riff straripanti e ritmiche serratissime, visto soprattutto il minutaggio esiguo di quasi tutti i pezzi proposti: “Practice What You Preach”, “Continuing War on Stupidity”, “Greed Killing” o “Suffer the Children – The Code is red… Long Live the Code” fanno letteralmente impazzire i fan più accaniti tra le prime file. Insomma, come dicevamo in apertura, una proposta letteralmente estrema la loro, che di conseguenza o la si ama o la si odia: purtroppo il sottoscritto è più vicino alla seconda categoria, ma ripeto, nonostante gusti musicali alquanto divergenti, non posso negare la tenacia e l’energia dimostrata dal quartetto britannico su “Unchallenged Hate”, “Cesspits – Inside The Torn Apart”, “Standardisation” “Scum”. Il buon Danny Herrera (batteria) ci da dentro come un tritasassi, senza colpo ferire, sulle veloci sfuriate come “Life?”, “Deceiver”, “The Kill”, “You Suffer” e “Dead”, mentre con la rilettura del classico “Nazi Punks Fuck Off” vengono chiamati in cattedra gli storici punk rockers statunitensi Dead Kennedys di Jello Biafra, altro carismatico frontman. I nostri si fanno amare da tutto il pubblico presente sia per la loro micidiale proposta sonora e sia per le gentili parole rivolte al nostro ormai ex ministro dell’interno Matteo Salvini, prima di lasciarci esterefatti sulle note delle conclusive “Persona non Grata” e la furente “Smear Campaign” che chiudono così anche questa venticinquesima indimenticabile edizione targata Agglutination!

Napalm Death setlist:

“Multinational Corporation”
“It’s a M.A.N.S. World”
“Smash a Single Digit”
“(On the) Bring of Extinction”
“Practice What You Preach”
“Continuing War on Stupidity”
“Greed Killing”
“Suffer the Children – The Code is red… Long Live the Code”
“Unchallenged Hate”
“Cesspits – Inside The Torn Apart”
“Standardisation”
“Scum”
“Life?”
“Deceiver”
“The Kill”
“You Suffer”
“Dead”
“Nazi Punks Fuck Off” (Dead Kennedys cover)
“Persona non Grata”
“Smear Campaign”

Ancora una volta gli dei del metallo sono atterrati in questa magica terra lucana, quest’oggi per celebrare una data importantissima non solo per la storia del festival ma per quella di tutto il metallo tricolore della penisola: l’altisonante traguardo delle venticinque candeline è la ciliegina sulla torta che non poteva certo mancare ad una kermesse oramai di prestigio europeo e internazionale! L’affetto reciproco sia tra gli spettatori, sia tra essi e i musicisti e tra questi ultimi e lo staff organizzativo è un autentico manifesto di affetto, amore e fratellanza metallica a prescindere dai generi di preferenza di ciascuno di noi: vedere infatti tutte le band supportare sotto il palco e anche a distanza i gruppi on stage è stata la riprova che questa festa metallica, fondata sui principi di “agglutinare” (ovvero “unire” le persone – n. d. r.), è ancora oggi viva e vegeta, grazie ad un sostegno ineguagliabile da parte dei tantissimi appassionati che ogni anno sono presenti, nonostante i chilometri di distanza. Un ringraziamento dunque va come sempre in primis alla persona di Gerardo Cafaro, amico fraterno e mastermind della manifestazione (come sempre in onore di Alberto – n. d. r.), che come sempre si è battuto tanto con ogni sforzo possibile per la buona riuscita di questo ennesimo imperdibile appuntamento estivo, a tutto lo staff Agglutination che come ogni anno si rivela impeccabile sotto tutti i punti di vista, alla security sempre attenta e collaborativa e soprattutto ai tanti amici e colleghi presenti quest’oggi con cui è sempre una gioia immensa condividere, anche se solo per poche ore, una nuova avvincente avventura metallica. Non ci resta che augurarci e augurarvi come sempre un arrivederci, pronti ancora una volta per una nuova edizione del festival che più amiamo: alla prossima!

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