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Live Report SOMMARIO

PORTO ANTICO PROG FESTIVAL GENOVA: Prima serata con ARPIA, PRESENCE, THE TRIP, GOBLIN LEGACY.

GENOVA, Porto Antico, 02/08/25 – Una volta all’anno, Genova diventa la capitale del prog italiano. Piazza delle Feste si accende tra il 2 e il 3 agosto per la decima edizione del Prog Festival, una rassegna consolidata, che assieme al Veruno 2Days Prog+1 ed al Porretta Prog, costituiscono ormai un trittico di appuntamenti imperdibili per gli amanti del genere. Ottimamente organizzato dalla storica label Black Widow Records in collaborazione con la Porto Antico, il Festival è uno spettacolo eccezionale, capace di far tornare indietro nel tempo e magari ricordare qualche vecchia ma pur intensa emozione. Quest’anno, in particolare, il Festival è dedicato alla memoria di Vilma Bonezzi, grandissima appassionata di prog, e al leggendario tastierista dei Trip Joe Vescovi.

Ho assistito alla serata del 2 agosto, la prima in programma, assolutamente splendida nella sua scaletta che prevede un autentico viaggio musicale che ha toccato in realtà molte altre forme di arte, a conferma dell’immensa potenza di un genere che è riuscito a convogliare in tanti anni esperienze diversissime ed egualmente affascinanti.

Apre le danze alle 19 in punto, il gruppo romano ARPIA, band di lungo corso attiva dal 1984, unica per il suo stile che fonde dark progressive, atmosfere folk e colti riferimenti letterari capaci di transitare da “Rosa Fresca Aulentissima” al biblico libro di Daniele, ma anche di intrecciarsi con la storia contemporanea come nel brano “La ragazza Carla”, tratto dall’album “Liberazione”, che riprende il titolo del poemetto di Pagliarani per tratteggiare un quadretto ambientato negli anni di piombo. Il leader Leonardo Bonetti (voce e basso) sprigiona tutto il suo talento espressivo nell’interpretazione dei brani, tutti notevoli ed esaltati dalla dimensione live, alternandosi con la bravissima Valentina Citti. Completano l’ensemble il batterista Aldo Orazi e la chitarra di Fabio Brait. Bonetti ci racconta di quanto la band sia entusiasta di tornare sul palco dopo un periodo di assenza dalle scene che prelude fra l’altro all’uscita di un DVD del live “Festa Grande”, celebrativo dei 40 anni di carriera con brani del passato ed inediti. Vale la pena ricordare della loro esibizione anche “Nessuno Muore Mai” dedicata per l’occasione alla scomparsa di Ozzy.

ARPIA – Foto by Carlo Giorgetti

Viene poi il turno dei PRESENCE guidati dalla carismatica Sophya Baccini che in realtà ha partecipato più volte alla kermesse genovese, anche se mai con questa band, motivo per il quale, traspaiono fin da subito la gioia e anche l’emozione di una vera e propria prima volta. Sophya è elegantissima nel suo abito color blu notte, indossando un collier dono della compianta amica Vilma Bonezzi a cui dedica un toccante pensiero appena prima di iniziare a cantare. Il suo show si apre sulle note di “Left Hand Cross”, supportata dai compagni di viaggio Enrico Iglio alle tastiere e Sergio Casamassima alla chitarra. La formazione dei Presence ha arricchito la sezione ritmica con il bassista Brunello Canessa ed il drumming fantasioso di Giuliano Albanese. La sequenza dei brani si inoltra nell’ultimo lavoro discografico, l’album “Them” con la stupenda “If You Dare” di cui la vocalist ci racconta l’importante significato: in un mondo dove la mente umana è capace di creare bellezza così come di annientare ciò che ha costruito con derive illogiche come la guerra, è importante ritrovare la forza ed il coraggio di riprendere in mano le redini dell’esistenza per costruire un futuro migliore. Accanto ai brani più recenti, si alternano tanti attimi coinvolgenti con pezzi storici come “Cortigiani, Vil Razza Dannata”, da un album del 1996, o la cover di “Kashmir” dei Led Zeppelin, che mette in luce, oltre al timbro di Sophya, pregevoli intarsi di chitarra e tastiere, sorretti da una ritmica incessante. In “So Dangerous”, una composizione dai toni classicheggianti tratta dal disco “The Sleeper Awakes” del 1994, la band si ritaglia lo spazio per inserire un omaggio al ricordo di Ozzy con un breve spezzone della sua “Diary Of A Madman” prima di giungere al pirotecnico finale con “Shinin’ Uneasy”, che alterna momenti onirici a una trama dark con la chitarra protagonista che cresce vorticosamente con assoli strepitosi sul tappeto delle tastiere di Iglio. Sophya e Casamassima si concedono infine una discesa tra il pubblico in visibilio che applaude a scena aperta.

Video by Carlo Giorgetti
PRESENCE – Foto by Carlo Giorgetti
PRESENCE – Foto by Carlo Giorgetti

“Senza Joe (Vescovi), forse non sarei mai entrato nei Trip e non avrei fatto questa carriera” , sono le parole con cui Pino Sinnone esordisce prima di iniziare il suo esaltante show con i Trip che segue quello dei Presence. Un ricordo commovente dedicato al grande tastierista che poco prima di morire nel 2014 pregò l’amico di portare avanti il suo messaggio, promessa ovviamente mantenuta. Quando i Trip iniziano il loro spettacolo, è ormai calata la sera, espediente che dà modo al light show di arricchire le performance sul palco. Luci e fumi artificiali introducono infatti i suoni profondi di “Caronte”, l’album iconico dei Trip, che nel 1971 divenne una delle pietre miliari del prog nostrano.

THE TRIP – Foto by Carlo Giorgetti
THE TRIP – Foto by Carlo Giorgetti
THE TRIP – Foto by Carlo Giorgetti

La band sul palco è profondamente mutata rispetto a quella che ha inciso il recente “Now The Time Has Come”, pubblicato nel 2023; i “ragazzi”, come li definisce affettuosamente Sinnone, si dimostrano talentuosissimi sin da subito, con le tastiere poliedriche di Ivan Fusco, la chitarra di Adriano Arena a dispensare assoli stratosferici, e il basso di Leonardo Bruzza a dettare la ritmica insieme all’energia straripante di Sinnone. I climi oscuri di “Two Brothers” fanno risaltare le qualità degli strumentisti, mentre sale in cattedra anche la classe del bravissimo Andrea “Ranfa” Ranfagni, proveniente dall’universo metal (voce e frontman dei Vanexa), perfetto nell’inserirsi con la sua vocalità nelle trame dilatate dei pezzi. “Little Janie” in versione live è una gemma assoluta, un brano che personalmente mette i brividi per la bellezza, una melodia incantevole. Tutto l’album trova spazio nella set list proposta dal gruppo comprese “L’Ultima Ora” dark prog e barocchismo fusi a rock puro dall’incedere commovente con un passaggio della “Mr. Crowley” di Osbourne e “Caronte II”, reprise articolata del tema iniziale. Mentre sul retropalco scorrono immagini dei Trip dei primi ’70 con Arvid “Wegg” Andersen, Billy Gray, Vescovi e lo stesso Sinnone, ma anche alcune della formazione più recente, lo spettacolo continua con “Una Pietra Colorata”, eredità del primo disco del 1970, prima di approdare alle sonorità del sopra menzionato “Now The Time Has Come”, che trovano espressione in due brani. “Il Mio Capitano”, motivo pervaso da una sottile malinconia e dedicato a Rino, il fratello di Pino, e l’effervescente “Momento Prog” a chiudere con le caratteristiche connessioni tra tastiere e riff di chitarra. Sinnone è instancabile e scherza quando dopo aver ricevuto insieme alla band l’ovazione finale, durante l’intervista capovolge gli anni della sua età sussurrando: “in fondo ho solo 38 anni” . Negli intervalli tra le esibizioni, sono state effettuate dai conduttori della serata, Linda Dell e Athos Enrile, interviste a importanti personalità del prog. Tra queste spiccano quelle al tastierista Freddy Delirio, pronto a riproporsi a breve con un nuovo lavoro da solista, e alla vocalist e polistrumentista Paola Tagliaferro, che ha da poco pubblicato in due versioni (italiano/inglese), il suo stupendo disco “Il Suono Delle Sfere” / “The Sound Of The Spheres” ( qui la nostra recensione) , in cui collaborano con lei oltre al chitarrista Pier Gonella, proprio due genovesi, il tastierista Luca Scherani ed il batterista Andrea Orlando.

Video by Carlo Giorgetti

Sono le 22.20, quando con un leggero anticipo sulla programmazione, il palco si accende nuovamente per l’ingresso in scena dei Goblin Legacy. La tradizione memorabile di uno dei gruppi iconici del prog e della musica filmica strumentale di genere horror, rivive in questa versione della band voluta da due componenti storici come il batterista originario Walter Martino ed il tastierista Maurizio Guarini, in organico dal 1976 per il secondo album di studio, “Roller”. Nonostante porti avanti le tradizioni di una longeva musicalità, Goblin Legacy è un progetto di recente formazione, avendo iniziato l’attività nel 2024 con l’innesto in formazione, oltre ai due sopra citati, di due musicisti di valore come il chitarrista Giacomo Anselmi (Goblin Rebirth) ed il bassista Roberto Fasciani, apprezzatissimo nella scena prog. Proprio il basso delinea subito le linee inquietanti di “Mad Puppet”, con cui il gruppo apre le danze e a cui segue “Deep Shadows”. Un’ouverture dedicata a “Profondo Rosso”, la celebre colonna sonora che festeggia i suoi cinquanta anni. Guarini e Martino, a turno, prendono la parola, ringraziando il pubblico ed illustrando questa nuova iniziativa che vuole proseguire nel consolidare un mito, che è ancora apprezzato in tutto il mondo. “Faremo tanti brani” , asserisce in particolare il tastierista e la band sarà di parola, proponendo una set list corposa di ben diciassette pezzi per un un’ora e quaranta di grande pregio ed intensità emotiva. Martino e Guarini sono in splendida forma, nella musica si percepisce la fedeltà alle versioni originali, ma gli strumentisti dimostrano libertà ed estro creativo, talvolta anche con improvvisazioni suggestive eseguite senza alcuna sbavatura. Guarini intarsia le sonorità di tastiere e synth con grande perfezione mentre il drumming di Martino scorre fluido e fantasioso. Ai due si aggiungono il basso incalzante di Fasciani e lampi chitarristici di rara bellezza di Anselmi. Nel frattempo, il retropalco trasmette incessantemente immagini a tinte forti tratte dai film horror di Dario Argento e George A. Romero, che contornano in successione capolavori come “Roller”, “L’Alba dei morti viventi”, “Zombi”, “Non Ho Sonno”, “Tenebre”. In realtà la sensazione personale è che il fascino di questa musica così colta ed elaborata avrebbe un importante riscontro anche senza essere collegato ai film che l’hanno resa celebre. È pur vero che le colonne sonore del cinema horror nostrano, non di rado hanno contribuito ad arricchire il patrimonio del prog, portandolo attraverso una ricerca appassionata a misurarsi con le atmosfere più lugubri e misteriose, da cui specialmente il dark progressive ha potuto compiere autentici capolavori avvalendosi della cupa ispirazione di quelle storie ai confini del sovrannaturale. “Suspiria” con il suo incedere cadenzato mette i brividi alla platea prima che le vibrazioni celeberrime di “Profondo Rosso” regalino l’ennesima dimostrazione di un fascino mai svanito. Anche in questo brano pluridecorato, la band si concede qualche piccola variazione sul tema che arricchisce la partitura, dimostrando l’enorme talento degli esecutori. Con gli applausi scroscianti di un pubblico estasiato, si chiude uno show di livello eccelso che sicuramente ci mostra come il futuro dei Goblin sia ancora in ottime mani, attraverso progetti interessanti che ne portano avanti con dedizione il messaggio.

GOBLIN LEGACY – Foto by Carlo Giorgetti

Che serata! Non ho altre parole… Lasciamo Piazza Delle Feste, consapevoli di aver assistito a qualcosa che rimarrà indissolubilmente nel nostro cuore.

SET LIST PRESENCE : Left Hand Cross / The Shadowing / Cortigiani / If You Dare / Kashmir / So Dangerous / Diary of a madman-short-omaggio a Ozzy Osbourne) / Shinin’ Uneasy

SET LIST THE TRIP: Caronte / Two Brothers / Little Janie / Ultima Ora (include Mr Crowley) / Caronte II / Pietra Colorata / Fantasia / Il Mio Capitano / Momento Prog (include “Believe in Yourself”)

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