VeroRock
Image default
Live Report SOMMARIO

THE MUSICAL BOX (Genesis Tribute Band): l’agnello si sdraia per l’ultima volta su Broadway!

Roma, Auditorium Parco della Musica, 28/2/2023: “Ciao! Veniamo da lontano perché vogliamo suonare in Italia per voi e avere una bella festa. Abbiamo scritto una lunga storia, questa sera desideriamo raccontarvela tutta. La storia inizia a New York City, una grande nuvola discende in Times Square, espande alla 42esima strada, 42nd Street, solidifica come lana. Il nostro eroe, che si chiama Rael, esce dalla metropolitana e viene assorbito dalla lana. Rael si sveglia sottoterra. Grazie Italia, questa è la storia di Rael.” Appena qualche secondo di suspense e parte il sensazionale intro pianistico a mani incrociate, accompagnato dalle suggestive proiezioni del distretto di Manhattan visto dall’Hudson River. I Genesis, capitanati dal carismatico frontman Peter Gabriel, aprono così il concerto di Torino del 24 marzo 1975, unica data italiana del tour dell’album The Lamb Lies Down on Broadway. Le fredde sperimentazioni sonore e l’apparente complessità del plot narrativo – quest’ultimo parto esclusivo della mente istrionica di Gabriel – non convincono del tutto i fan. Lo spettacolo, al contrario, affascina fin da subito per l’espressività dei molteplici linguaggi comunicativi, contribuendo visivamente – seppur in maniera marginale – alla comprensione della trama. Al termine del tour, Gabriel abbandonerà il gruppo per le tante tensioni interne e verrà rimpiazzato da Phil Collins, batterista versatile e fantasioso dalle innegabili qualità canore che ne diventerà il leader.

Nell’universo delle tribute band genesisiane, i canadesi The Musical Box brillano per aver ideato e realizzato un progetto ambizioso. Formatisi a Montreal nei primi anni novanta con l’intento di replicare fedelmente scenografie e sonorità dei Genesis del periodo Gabriel, nel tempo hanno ampliato il repertorio live proponendo anche brani dell’era Collins. Al fianco del cantante e flautista Denis Gagné vi sono Sébastien Lamothe (chitarre e voce), François Gagnon (elettrica e acustica), Ian Benhamou (tastiere) e Marc Laflamme (batteria e armonie vocali). La tribute band è l’unica al mondo ad aver ricevuto il riconoscimento ufficiale e il supporto da parte del quintetto classico (Peter Gabriel, Tony Banks, Mike Rutherford, Steve Hackett, Phil Collins). Stando alle dichiarazioni ufficiali del management del gruppo, questa è l’ultima volta che il concept verrà portato in scena.

La storia è ambientata oltreoceano, nella metropoli newyorchese. Un giovane teppista portoricano di nome Rael è chiamato a compiere un lungo e difficile percorso di redenzione che lo affranchi da angosce, debolezze e peccati terreni. Un agnello, simbolo del sacrificio, si materializza su Broadway fungendo da catalizzatore di eventi: è l’inizio del lungo viaggio allegorico nella psiche del protagonista, narrato nei ventitré brani dell’album, quattro dei quali interamente strumentali. L’abbigliamento da gangster, la mimica spavalda e i toni aggressivi di Rael fanno il paio con la durezza espressiva e la ritmica serrata di The Lamb Lies Down on Broadway, Fly on a Windshield e Broadway Melody of 1974. È in questo preciso istante che l’eroe si distacca dalla realtà per varcare la soglia di un mondo a lui sconosciuto: nasce così il mito. Denis Gagné possiede una timbrica straordinariamente vicina a quella di Peter Gabriel ma una minore estensione vocale rispetto all’ex frontman.

Se vuole conquistare la salvezza, Rael deve affrontare e superare una serie di sfide. I fallimenti personali (Back in New York City), le paure infantili (In the Cage) e il problematico rapporto con l’universo femminile (Counting Out Time) riaffiorano prepotentemente nella sua mente. La tentazione di interrompere il percorso spirituale, costellato di insidie, per ritornare nel mondo reale è forte.

Lungo il cammino la tensione si stempera e l’eroe si imbatte in una serie di personaggi mitologici che ne segneranno il destino. Lilith, la dea cieca della conoscenza, lo accompagnerà fuori dalla camera dalle trentadue porte, evitando così che si smarrisca nel labirinto. Le Lamia, creature per metà donna e per metà serpente, lo indurranno in tentazione grazie alla loro irresistibile sensualità. Un medico, il Doktor Dyper, gli praticherà la castrazione per preservarlo dalle conseguenze fisiche di cui sono vittime gli Slippermen, creature amorfe dalle orripilanti fattezze che scontano punizioni corporali per aver ceduto alle lusinghe delle Lamia.

Non manca neppure l’incontro con la Morte, alias l’Anestesista Soprannaturale, il cui spettro aleggia alle spalle dei quattro musicisti durante l’esecuzione di una mefistofelica versione di The Waiting Room.

La storia trae spunto dagli studi di mitologia comparata e psicologia, rielaborati in chiave squisitamente gabrieliana. I testi sono intrisi di American English: movie, windshield, freeway e così via. I placidi interludi strumentali sono funzionali ai molteplici cambi di costume del cantante. Rael manifesta la sua rabbia e la difficile condizione sociale con un abbigliamento da gangster: giacca in pelle, t-shirt, jeans e scarpe da ginnastica. Indossa poi una tuta fosforescente narrando con voce suadente, all’interno di una campana girevole, il fatale incontro con le Lamia. Inscena infine un divertente balletto agghindato con l’inquietante maschera dello Slipperman.

L’ottima acustica della Sala Sinopoli permette di cogliere le tante sfumature dell’album e del live act ed apprezzare la bravura e la meticolosità dei musicisti nell’eseguire le complesse parti. Le rifiniture di Gagnon alla elettrica su Carpet Crawlers e Hairless Heart nonché l’assolo che chiude The Lamia segnano i momenti più commuoventi della serata, degni – per espressività ed originalità – del miglior Hackett. Peccato soltanto per l’unica sbavatura sull’intro acustico proprio di Carpet Crawlers.

Visivamente, le oltre milleottocento diapositive che scorrono in rassegna nelle due ore di concerto – perfette riproduzioni di quelle originali – accrescono la luminosità di un palcoscenico altrimenti buio. Il costoso spettacolo multimediale è un marchingegno difficile da gestire per l’epoca. Nel corso del Lamb tour, infatti, non tutto gira sempre per il verso giusto e i problemi tecnici non sono infrequenti. Discorso differente oggi: la tecnologia ha fatto passi da gigante e nei tre concerti cui ho assistito (2005 e 2012 i precedenti) non ci sono stati intoppi.

La fuoriuscita dal gruppo di musicisti talentuosi del calibro di David Myers e Martin Levac non ha intaccato espressività e incisività della performance. I nuovi innesti, infatti, si sono dimostrati all’altezza della situazione: solida la prestazione di Benhamou, per nulla intimorito dall’iniziale intro pianistico e dalle diavolerie elettroniche di Tony Banks; vivace e fantasioso il drumming di Laflamme, anche se in alcuni frangenti è inutilmente più vigoroso rispetto a quello di Phil Collins.

Le luci si spengono su Broadway e il mito di Rael termina con il salvataggio del fratello John dalle rapide del fiume, sacrificio che ne sancisce la morte e la resurrezione. Un finale di album travolgente, con chitarra ritmica e voce che spadroneggiano a tutto campo raccogliendo l’applauso estatico dei presenti. Il tempo ha rivalutato musica e liriche: l’agnello non è più indigesto come allora.

C’è ancora spazio per deliziare il pubblico con due brani classici, eseguiti magistralmente da un collettivo che conosce a menadito la musica dei Genesis. The Musical Box è una nursery rhyme a tinte macabre in cui domina il tema della sessualità repressa. Watcher of the Skies è la narrazione apocalittica di un Pianeta Terra osservato attraverso gli occhi di un guardiano celeste.

Il bellissimo spettacolo rende giustizia a un tour leggendario ma non documentato come invece meriterebbe. Il concerto audio di Los Angeles del 24 gennaio 1975, pubblicato nel cofanetto “Archive 1967-75”, non può considerarsi una registrazione ufficiale attendibile data l’incompletezza della performance ma, soprattutto, la non autenticità di alcune parti vocali e strumentali, sovraincise in studio nel 1998!

Il quintetto canadese si congeda dal pubblico romano con un importante annuncio: la riproposizione, nel 2024, del tour di Selling England by the Pound. Spettacolo già visto, ma pur sempre tappa irrinunciabile per gli accaniti fan dei Genesis, pronti nuovamente a imbarcarsi sulla macchina del tempo in direzione “anni settanta”.

Scaletta:

The Lamb Lies Down on Broadway (album)

  1. The Lamb Lies Down on Broadway
  2. Fly on a Windshield
  3. Broadway Melody of 1974
  4. Cuckoo Cocoon
  5. In the Cage
  6. The Grand Parade of Lifeless Packaging
  7. Back in N.Y.C.
  8. Hairless Heart
  9. Counting Out Time
  10. Carpet Crawlers
  11. The Chamber of 32 Doors
  12. Lilywhite Lilith
  13. The Waiting Room
  14. Anyway
  15. Here Comes the Supernatural Anaesthetist
  16. The Lamia
  17. Silent Sorrow in Empty Boats
  18. The Colony of Slippermen
  19. Ravine
  20. The Light Dies Down on Broadway
  21. Riding the Scree
  22. In the Rapids
  23. It

Bis

  • The Musical Box
  • Watcher of the Skies

Related posts

SHAWN JAMES: il cantautore folk blues in Italia insieme ai Gravedancer a maggio!

Redazione

Ecco a voi i Luca Turilli´s Rhapsody!

Redazione

LE ORME: la storica band di Michi Dei Rossi a Ferragosto al Rock In Melfi (Potenza)!

Redazione

1 comment

Avatar
Eugenio Scampini 2 Aprile 2023 at 21:43

Ottima recensione!

Reply

Leave a Comment

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.