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Live Report SOMMARIO

NMB: “An Italian Evening of Innocence and Danger”

LE TAPPE ARTISTICHE DI NEAL MORSE

Trezzo sull’Adda, 30/05/2022: Superati i trent’anni senza aver maturato una precisa identità artistica, il compositore e pluristrumentista californiano Neal Morse (classe 1960) imprime una svolta alla propria carriera formando nel 1992, insieme al fratello Alan, gli Spock’s Beard. Sul finire del decennio, con l’amico e batterista Mike Portnoy (ex Dream Theater) fonda il supergruppo Transatlantic e qualche anno dopo, i Flying Colors.

Nel 2000 Morse si converte al cristianesimo e, da allora, da libero sfogo alla sua ardente fede con album cantautoriali di matrice christian rock in cui privilegia, per lo più, il formato canzone.

Il 2003 è l’inizio di un lungo e prolifico percorso rock solista con il nome “Neal Morse”, in compagnia del solito Portnoy (Yellow Matter Custard, Sons of Apollo, Metal Allegiance e The Winery Dogs sono gli altri progetti a cui l’iperattivo musicista newyorchese partecipa) e del bassista Randy George, fondatore del gruppo progressive rock Ajalon, che ha all’attivo tre album su etichetta Hope Records, di proprietà di Rick Wakeman.

Nel 2012, il trio diventa quintetto con l’innesto in pianta stabile di due multistrumentisti di talento: Bill Hubauer (tastiere, fiati, voce) e Eric Gillette (chitarra e voce). Il cambio del nome in “The Neal Morse Band” riflette la precisa scelta di coinvolgere tutti i componenti del gruppo nella scrittura e nell’arrangiamento dei brani. I primi tre album della rinnovata formazione, The Grand Experiment (2015), il concept The Similitude Of A Dream (2016) – basato sulla novella di John Bunyan “The Pilgrim’s Progress from This World to That Which Is to Come, Delivered under the Similitude of a Dream” – e il sequel The Great Adventure (2019) accrescono le capacità compositive dei nuovi innesti e, al contempo, consolidano l’affiatamento collettivo dentro e fuori lo studio di registrazione.

IL NUOVO ALBUM: LA GENESI DI INNOCENCE & DANGER

Nel gennaio del 2021, i cinque si ritrovano in studio per dare un seguito artistico ai lavori precedenti, decidendo unanimemente di ricalcare il format di The Grand Experiment, ovvero un album singolo di canzoni tematicamente slegate. Ma il flusso creativo e l’alchimia sono tali che il materiale scritto nel corso delle brevi sessions eccede, seppur di poco, la fatidica soglia dei settantotto minuti. L’ipotesi di pubblicare una special edition con un main disc e un bonus disc ha durata breve in quanto, data la coesione delle composizioni, la band non è in grado di determinare “cosa debba andare dove”. A questo punto, la pubblicazione di un album doppio è più che mai una certezza ma agli ottanta minuti di musica già scritta deve essere aggiunto altro materiale per riempire il secondo disco. Nasce l’inedita Emergence, viene reinterpretata Bridge Over Troubled Water e ripescata dalle sessions dell’album precedente The Way It Had To Be, il cui testo fornisce lo spunto per il titolo dell’album, Innocence & Danger, così chiamato perché la distribuzione dei brani non è casuale ma segue uno schema ben preciso: le canzoni brevi sul lato Innocence, le suite lunghe sul lato Danger. Ma c’è un’altra novità: il nome della formazione cambia ancora, diventando NMB. Alla fine, la volontà e la determinazione del collettivo di darsi un nuovo nome per distinguere la produzione del gruppo da quella solista di Morse prevale sullo scetticismo dell’etichetta discografica (la InsideOut Music), evidentemente preoccupata che l’assenza di qualsiasi riferimento al nome Morse possa impattare negativamente sulle vendite dell’album. Ma, data l’enorme popolarità che l’artista americano ha saputo faticosamente costruirsi negli anni, tale convincimento si rivelerà più che mai sbagliato.

Foto promozionale della NMB
La locandina del tour

IL MEET & GREET E IL CONCERTO

Il Live Music Club di Trezzo sull’Adda evoca sempre ricordi piacevoli. Qui ho assistito nel 2013 al mio primo concerto di Neal Morse e nel 2019 alla tappa italiana del tour di The Great Adventure. Decido anche stavolta di aggiungere al biglietto il pacchetto Meet & Greet, nella consapevolezza che l’incontro pre-concerto con gli artisti si svolgerà, causa pandemia, con modalità diverse dal solito. Non mi sbaglio: un fugace scambio di battute, un solo autografo e qualche foto con la band alle spalle a debita distanza. Tuttavia, il pacchetto garantisce l’accesso prioritario nella sala, vantaggio non da poco se si vuole godere lo spettacolo davanti quando il concerto è nella modalità “in piedi” ed è anche l’occasione per interagire con altri fan e stringere nuove amicizie (e così è stato). Poco dopo le 19 aprono i cancelli e il numeroso pubblico si precipita nella sala. La maggioranza dei presenti è di giovane età e, per ragioni anagrafiche, segue formazioni hard rock e metal nate in periodi relativamente recenti: Dream Theater (la ex militanza di Portnoy nel gruppo è un traino per molti aspiranti musicisti e non), Ayreon, Pain of Salvation, Symphony X, Metallica, Queensryche, Devin Townsend Project.

Il Meet & Greet con gli artisti

Sono da poco trascorse le 20.30 e il clima è già incandescente. Un tema arioso che richiama le atmosfere orchestrali di Innocence & Danger si interrompe dopo un paio di minuti: inizia Do It All Again, il cui riff simultaneo di sintetizzatore e chitarra dal lento e inesorabile incedere evoca la genesisiana Dance on a Volcano. Una fluida linea di basso e robusti controtempi alla batteria fanno da apripista al feroce shredding chitarristico di Gillette, chiuso però con una piccola sbavatura. Il primo singolo dell’album, se tale può definirsi un brano di nove minuti, si sviluppa secondo un ricorrente schema a tre voci che caratterizza quasi tutto l’ultimo lavoro in studio: Morse esordisce cantando la strofa, Hubauer seguita con il bridge e Gillette conclude, coadiuvato dagli altri due, con un ritornello che nella circostanza assomiglia a un coro gospel. Un campionamento di archi contraddistingue una tranquilla fase centrale che seguita con un crescendo strumentale e corale. Gillette conclude il brano con uno shredding esasperato che tanto appassiona gli amanti di prog metal ma che non brilla particolarmente per espressività. Morse medita malinconicamente sul trascorrere degli anni e sul senso di tristezza per la partenza dei figli da casa, preparandosi a dover ricominciare tutto daccapo (“And when my heart is broken, I’do it all again”) e ad accettare serenamente quello che riserva il futuro (“Nearing the end of my life and I’m alright”).

Bird On A Wire

Il concerto prosegue senza soluzione di continuità con la dirompente Bird On A Wire. Il secondo singolo dell’album, nato con il titolo provvisorio di I Have A Fire, è la risultante di uno sforzo collettivo, come del resto la maggior parte dei brani di Innocence & Danger. Infatti, il riff tastieristico portante nasce da un’intuizione di George, Gillette compone intro e sezione centrale, Hubauer e Morse scrivono il ritornello. Una vigorosa sezione ritmica – Portnoy martella e rulla incessantemente, George squarcia la sala con le sue intense linee di basso – caratterizza il brano fino alla fase centrale dominata dall’interminabile interazione tra chitarra solista e tastiera che si rincorrono in un crescendo di emozioni. Morse e Gillette si dividono strofe e ritornelli cantando, al limite delle loro possibilità vocali, un testo che trasuda passione, entusiasmo e desiderio di libertà (“I have a fire burning deep inside and it only exists to rise higher / I have a fire that cannot be denied and I’m not like that bird on a wire”). Il volume dell’amplificazione è un pò alto ma consente comunque di godere il concerto in maniera piacevole.

Bird On A Wire

Morse saluta il pubblico presente e annuncia che la scaletta del concerto avrà la stessa struttura dell’album: a un primo set di canzoni più brevi (Innocence set) farà seguito un set di suite epiche (Danger set).

E’ il turno quindi di Your Place In The Sun, intermezzo musicale più rilassato e meno impegnativo dei precedenti il cui groove ricorda alcune composizioni degli Steely Dan. Tutti, con la sola eccezione di George, si dividono le parti vocali: Portnoy fa la sua prima apparizione (l’altra è su Beyond The Years) sulla seconda strofa, Hubauer e Gillette si alternano ai ritornelli. Il protagonista della storia sogna una vita da star del cinema ma alla fine è felice di assaporare le piccole gioie della vita lontano dalle luci della ribalta.

Your Place In The Sun

Another Story To Tell è l’unico brano del set cantato interamente da Morse, coadiuvato sui ritornelli da dolci armonie vocali e controcanti dei compagni (meno George). La serrata ritmica iniziale lascia presto spazio a un intermezzo che evoca le atmosfere rarefatte di The Light (periodo Spock’s Beard) poco prima del fugace e conclusivo botta e risposta tra tastiere e chitarra.

Another Story To Tell
The Way It Had To Be

Gillette sveste temporaneamente i panni dello shredder e fa ampio sfoggio di tecnica e versatilità interpretando un rock blues di ispirazione floydiana. The Way It Had To Be è un avanzo di registrazione delle sessions di The Great Adventure. Portnoy e Hubauer hanno la felice intuizione di ripescarlo e completarlo con l’aggiunta di un bridge. Il pubblico presente assiste in religioso silenzio alla strabiliante performance di Gillette che canta strofe e ritornelli con voce celestiale, sottolinea ogni frase con magistrali fill chitarristici e conclude la sua prova con un sublime assolo. Morse arpeggia alla acustica contemplando le gesta del giovane chitarrista texano classe 1984, Hubauer esegue in un falsetto insolitamente potente il bridge e inonda l’etere di un fiume di note che conducono alla reprise musicale di Breathe, primo omaggio della serata ai grandi artisti del passato. Il testo del breve richiamo alla famosa canzone dei Pink Floyd viene mutuato dalla strofa conclusiva di “Time” e riadattato per la circostanza (“Home, home again, I like to be in Milan when I can”). Sul pannello alle spalle del gruppo è proiettata la maschera bianca di Innocence incorporata nel classico prisma ottico, inconfondibile marchio di fabbrica di The Dark Side Of The Moon.

Breathe (reprise)

Il concerto prosegue senza interruzione con un personale omaggio della NMB all’arte del grande Paul Simon. Bridge Over Troubled Water, originariamente concepita dal cantautore americano come un placido inno gospel ai valori della fratellanza, dell’amicizia e della solidarietà, muta decisamente carattere per effetto del trattamento riservatogli da Morse e compagni. L’aggiunta di un inedito e aspro intro di chitarra e tastiere, la polifonia di voci coadiuvata da prolungate armonie vocali e gli assoli decisamente heavy di Gillette conferiscono al brano connotati progressive. Anche gli Yes proposero, negli anni settanta, una rilettura in chiave prog di America, altro celebre brano dello stesso Simon.

Bridge Over Troubled Water
Bridge Over Troubled Water

Le escluse Not Afraid Pt. 1 e Emergence vengono rimpiazzate da Waterfall, preceduta da una lunga presentazione affidata a un insolitamente loquace Portnoy: “… In case you haven’t noticed, we are following the same format as the album so the first half of the show is the shorter songs and this is the last song in the Innocence portion so after this it’s nothing but long epics! We’re gonna do something that is not on the new album, this is something from the first album that the five of us did together, this is after Morse’s music streaming app”. Ai due lati del palco, sedute sui rispettivi sgabelli, le coppie Portnoy-Morse (shaker e tamburello il primo, chitarra acustica il secondo) e Hubauer-Gillette (alla acustica e alla elettrica, rispettivamente) ci trasportano verso mondi lontani alla ricerca di una catarsi che affranchi corpo e mente da ogni sofferenza (“Here by the waterfall sweep my troubles all downstream / There at the riverside every tear I’ve cried washed clean / And I’ll forever know I’m free). Splendide le armonie vocali: le due strofe della ballata vengono cantate all’unisono dalle tre voci principali cui si aggiunge Portnoy su entrambi i ritornelli, chiusi in maniera mirabile da Gillette. Il brano è strutturalmente simile alla onirica Entangled, con una seconda parte in cui si intrecciano sintetizzatore – il Novation 61SL MK II è suonato nella circostanza da George – e il clarinetto di Hubauer, che esegue anche l’interludio strumentale finale. Sul pannello alle spalle del gruppo scorrono le immagini della cascata dalle acque purificatrici.

Il Danger set si apre con Not Afraid Pt. 2. La suite è un contenitore di gran parte degli elementi caratteristici della trentennale carriera di Morse: splendide armonie vocali, spunti solistici di assoluto rilievo emotivo, ritmiche irregolari, tecnica strumentistica eccelsa, accattivanti melodie pop e sapienti richiami alle composizioni dei grandi gruppi del passato (qui vengono citate Dreamer e Child Of Vision dei Supertramp). Fino a qualche anno fa, il rock progressivo di Morse ha lambito i confini del prog metal varcandoli prima con Adrian Sodré, talentuoso chitarrista brasiliano che ha collaborato su un solo album e tour e, successivamente, con Gillette il quale fornisce la migliore prestazione della serata con un magistrale assolo che sintetizza perfettamente tecnica ed espressività. La band trova anche il modo di divertire il pubblico sostituendo il testo “Mystery man, won’t you stop and listen? / All is not gold just because it glistens / Mystery man, you made a bad decision” con “Chickity Choco the Chocolate Chicken / I wonder what Cherie’s got cooking in the kitchen / Talk to the Colonel, it’s finger lickin’!”. I tre riferimenti delle esilaranti liriche sono, rispettivamente, la canzone Scenario dei rapper A Tribe Called Quest, la moglie di Morse nelle vesti di una cuoca fantasiosa e il Colonnello Harland Sanders, fondatore del marchio KFC e ideatore dello slogan “It’s finger lickin’ good”. Un grazie a Pamela George e a Bill Hubauer per aver illuminato il mio cammino!

Not Afraid Pt. 2

I trenta e passa minuti di Beyond The Years chiudono magnificamente la scaletta principale. La suite, suddivisa in sette sezioni di cui una interamente strumentale, nasce da un consistente apporto di Hubauer che il gruppo arricchisce in studio con il proprio contributo di idee. Dal vivo si ha modo di apprezzare i numerosi spunti solistici in cui ognuno tira fuori il meglio del proprio repertorio tecnico e creativo. Pur sfoggiando forma e contenuti innovativi, il brano – nato con l’appropriato titolo provvisorio di “Epic” – cita ampiamente i gloriosi anni settanta: l’orchestrazione di Far From Home gli ELP, le atmosfere sospese e la chitarra echeggiante di Drifting Through The Years i Pink Floyd, le gioiose progressioni di accordi tastieristici di Kings & Queens & Bitter Things i Genesis di Supper’s Ready, la batteria incalzante e il basso funky di Watercolor Sky gli Yes di Whitefish, il moto obliquo dei controcanti di Islands In The Sun i Gentle Giant.

Beyond The Years
Beyond The Years
Beyond The Years
Beyond The Years

L’ultimo atto del concerto è un lungo medley di brani tratti dai due precedenti concept album. Il bis comincia e finisce con The Similitude Of A Dream, transitando per The Great Adventure. Musica e testo della sofferta Long Day segnano l’inizio del viaggio allegorico del pellegrino verso la salvezza eterna. City Of Destruction è la città natale dalla quale egli intraprende il lungo cammino per l’espiazione dei peccati terreni: la band ne esegue una versione abridged, priva della seconda strofa, ritornello, ponte e conclusione. Gillette, in versione superlativa, sottolinea ogni fase musicale del brano con autentiche rasoiate metal. So Far Gone, anch’essa contratta rispetto alla versione in studio, è l’occasione per i quasi mille presenti di cantare in coro l’accattivante ritornello pop: la reprise delle malinconiche Broken Sky e Makes No Sense To Me e le splendide armonie vocali alternate ne fanno una delle vette emotive della serata. Il personale e originalissimo tributo della band ai Gentle Giant, The Ways Of A Fool, chiude mirabilmente la prima parte del set.

È il turno di The Great Adventure: i familiari si uniscono al protagonista nel suo lungo e insidioso viaggio verso l’agognata meta. Tutti insieme attraversano la Valle Incantata e il Fiume della Morte, ma il solo pellegrino accederà alla Città Celeste. Le atmosfere cariche di tensione di Welcome To The World (“My father left and went his way/religion went on holiday/and nothing’s really necessary”) lasciano presto il posto all’ottimismo di The Great Adventure dalla martellante ritmica uptempo. A Love That Never Dies, in una veste più commuovente che mai, fa da apripista ad un finale mozzafiato: dapprima Broken Sky, poi la reprise di Long Day cui fa seguito il frammento conclusivo di Overture dal sapore smaccatamente genesisiano – occorre ascoltare la sezione strumentale di Stagnation per credere – i cui vorticosi assoli chitarristici di Gillette sono il perfetto complemento dell’immortale melodia.

The Similitude Of A Dream/The Great Adventure medley
The Similitude Of A Dream/The Great Adventure medley
The Similitude Of A Dream/The Great Adventure medley
The Similitude Of A Dream/The Great Adventure medley

Morse, visibilmente commosso, s’inginocchia con le mani appoggiate sul suo sintetizzatore Roland RD-64. “Music is the language of emotion, we want to tap into that as much as we can” è la frase con cui sintetizza la ragione del suo profondo coinvolgimento emotivo al termine di ogni esibizione.

The Similitude Of A Dream/The Great Adventure medley

Cala il sipario sull’unica data italiana del tour europeo, che proseguirà senza sosta fino a metà giugno. Non saprei stilare una classifica personale dei dieci e passa concerti di Morse cui ho assistito negli anni, ma posso affermare con certezza che quello appena terminato entra di diritto – per le ragioni che ho illustrato nella recensione – nella terna dei più emozionanti. Ad alleviare la nostalgia per l’ennesimo tour che mi lascio alle spalle c’è la consapevolezza che la NMB non ha alcuna intenzione di fermarsi qui e potrebbe presto omaggiarci di un nuovo album e tour. Il conto alla rovescia è già iniziato, per cui lunga vita a Neal, Mike, Randy, Bill ed Eric!

Scaletta:

Intro: Innocence & Danger theme

Part. 1 Innocence

1. Do It All Again

2. Bird On A Wire

3. Your Place In The Sun

4. Another Story To Tell

5. The Way It Had To Be / Breathe (reprise con liriche di “Time”)

6. Bridge Over Troubled Water

7. Waterfall

Part. 2: Danger

8. Not Afraid Part. 2

9. Beyond The Years

Bis (Album medley The Similitude Of A Dream / The Great Adventure)

10. Long Day (da The Similitude Of A Dream)

11. City Of Destruction (da The Similitude Of A Dream)

12. So Far Gone (da The Similitude Of A Dream)

13. The Ways Of A Fool (da The Similitude Of A Dream)

14. Welcome To The World (da The Great Adventure)

15. The Great Adventure (da The Great Adventure)

16. A Love That Never Dies (da The Great Adventure)

17. Broken Sky / Long Day (reprise) / Overture (da The Similitude Of A Dream)

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2 comments

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Eugenio Scampini 13 Agosto 2022 at 20:19

Ottimo, articolo molto ben scritto!!!

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Raffaele Sestito
Raffaele Sestito 31 Agosto 2022 at 13:00

Grazie Eugenio del tuo prezioso feedback!
Al prossimo articolo!

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