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Live Report SOMMARIO

FRONTIERS ROCK FESTIVAL VI, Trezzo Sull’Adda (MI), 28/04/19 – Il report del Day 2

Dopo una giornata così intensa, come quella svoltasi Sabato 27 Aprile durante la prima giornata del Frontiers Rock Festival VI, vissuta con tanta passione ed energia, ricca di colpi di scena e di gradite sorprese, eccoci nuovamente carichi e pronti per questa ultima carrellata di altrettante validissime band che hanno entusiasmato ed ammaliato tutti i presenti durante la giornata conclusiva della sesta edizione di questa kermesse di spicco internazionale. Al termine di un primo appuntamento che ha visto la riconferma all’unanimità di band quali gli Hardline e i The Defiants, di rivelazioni come gli Airrace e di certezze assolute come il monumentale Alan Parsons e i suoi innumerevoli musicisti, siamo pronti dunque a gustarci questo secondo giorno di festival, anch’esso ricco di tante novità e colpi di scena, all’insegna dello spirito di fratellanza e amicizia che da sempre anima questa manifestazione unica al mondo nel suo genere: nonostante un numero leggermente inferiore di presenze rispetto alla giornata di apertura, la data di Domenica 28 Aprile 2019 ha riservato la presenza di gruppi e artisti storici, come i Fortune, gli attesissimi Keel, i W.E.T. e Steve Augeri, nonché delle new entry finlandesi King Company Leverage, che hanno saputo degnamente onorare questo evento conclusivo nel nome del melodic rock che da sempre ci accomuna e ci unisce! Siamo pronti come sempre a raccontarvi, con la nostra consueta dovizia di particolari che ci contraddistingue, questa ennesima indimenticabile giornata targata Frontiers Rock Festival: buona lettura a tutti!

King Company
Per I già noti problem logistici e di comunicazione accennati nel report precedente, non ci è stato possibile essere presenti anche alla prima esibizione della giornata ma, per nostra fortuna, abbiamo l’opportunità di raccontarvi brevemente quanto accaduto grazie al contributo dei diversi amici presenti sin dall’inizio: pubblico ancora poco numeroso dunque per gli opener di quest’oggi, dediti ad un hard’n’heavy di matrice scandinava, scevro da qualsivoglia orpello! Ikka Keskitalo (voce) e soci riescono dunque nella difficile impresa di riscaldare a puntino gli animi dei primi arrivati, con brani del calibro di “Queen of Hearts”, “Shining” “King For Tonight”, capaci di mettere in valore tutti i loro punti di forza. Per essere una band di apertura i nostri si dimostrano assolutamente all’altezza della situazione, grazie agli intrecci sonori profusi da Antti Wirman (chitarra) e dal suo collega Jari Pailamo (tastiere), risultando molto diretti e poco inclini a refusi e melodie troppo ampollose, con un uso appunto calibrato anche dei suoni sinfonici che comunque contraddistinguono parte del loro sound! Gli estratti sono quasi tutti provenienti dai loro due full lenght di recente pubblicazione (‘Queen Of Hearts’ del 2018 e il suo predecessore ‘One For The Road’ del 2016 – n. d. r.), che hanno saputo rileggere in chiave contemporanea tutti gli stilemi di un genere storico ma sempre attuale: “Living in a Hurricane” e la seguente “One day in your Life” sono accolte con particolare interesse anche dagli spettatori più attempati e legati a sonorità vintage, grazie anche all’energico contributo di Time Schleifer (basso) e di Mirka Rantanen (batteria), mentre con la trascinante “In Wheels of No Return” i nostri ci salutano ringraziandoci per il supporto ricevuto! Sperando vivamente di avere occasione di vederli presto on stage, non posso che accodarmi ai tanti complimenti dei presenti e della critica di settore: una piacevole sorpresa!

King Company setlist:

“Queen of Hearts”
“Shining”
“King For Tonight”
“Living in a Hurricane”
“One day in your Life”
“In Wheels of No Return”

Leverage
Cambia ora il set ma la provenienza della band resta quella finnica, così come il genere proposto: sempre un hard rock a tinte moderne, con venature adesso più epiche e folkeggianti, con rimandi per l’appunto anche alla ricca tradizione musicale della loro terra d’origine. Apertura affidata a “Superstition” “Burn Love Burn” (la prima estratta da ‘Tide’ del lontano 2006 e la seconda dall’ultimo disco ‘Determinus’ del 2019 – n. d. r.) con Kimmo Blom (voce) e le due asce di Tuomas Heikkinen (chitarra) e Mikko Salovaara (chitarra) pronte a dialogare sia nei momenti più metallici che in quelli più melodici come su “Wind of Morrigan” e “Mister Universe”, mentre Marko Niskala (tastiere) riesce ad apportare quelle atmosfere nordiche attraverso i suoi tappeti sonori. Una proposta alquanto ardita che, come ci si aspettava, sarebbe apparsa un po forzata per alcuni mentre piacevole per altri più propensi ad ascolti variegati: “Dreamworld” riserva un buon lavoro dal punto di vista compositivo così come per l’apporto esecutivo di Vaitteri Revenkorpi (batteria), mentre “Red Moon Over Sonora” riesce nel non facile compito di scaldare gli animi dei presenti che adesso, poco alla volta, riempiono il Live Club! Sami Norrbacka (basso) è un altro giovane musicista dalle notevoli capacità tecniche, dal background variegato ma sempre in linea con quelle che sono le sonorità del gruppo: “Fifteen Years” strappa ancora applausi di incoraggiamento, mentre su “Wolf and the Moon” il sestetto ci saluta ringraziando tutti per la presenza ed il supporto ricevuto. Un’esibizione forse che, come sempre per le band di apertura, ha risentito forse di un dosaggio non sempre congruo dei suoni ma che ha saputo comunque darci un quadro positivo di quest’altra interessante realtà finnica presente quest’oggi.

Leverage setlist:

“Superstition”
“Burn Love Burn”
“Wind of Morrigan”
“Mister Universe”
“Dreamworld”
“Red Moon Over Sonora”
“Fifteen Years”
“Wolf and the Moon”

Fortune
Voltiamo adesso pagina e, dopo un cambio palco durante il quale abbiamo avuto il piacere come sempre di incontrare e conoscere amici che non vedevamo da tempo, passiamo ora ad una delle formazioni più attese dell’intera manifestazione, soprattutto perché tornati solo di recente in pista dopo un lunghissimo periodo di silenzio: inutile qualsivoglia paragone dunque con le band che li hanno preceduti e che li seguiranno, proprio perché è alquanto comprensibile la differente situazione e il contesto di riferimento, vista appunto la lunga assenza dalle scene musicali della rock band americana. Il loro set è incentrato su brani del loro recente comeback discografico (‘Fortune II’ del 2019 – n. d. r.) nonché da perle tratte dal loro storico omonimo debutto del lontano 1985, sempre all’insegna di un AOR classico, con melodie pregne degli anni ottanta che furono: lo spettacolo inizia infatti con l’intro tastieristico iniziale della celebre “Thrill of It All”, con l’ottimo arrangiamento di Mark Nilan (tastiere), per poi tornare con la macchina del tempo alla recente “Don’t Say You Love Me”, brano che ci offre una cartolina di quello che oggi ha ancora da dire musicalmente la band dei fratelli Mick Fortune (batteria) e Richard Fortune (chitarra e cori). Proprio quest’ultimo è artefice di assoli di chitarra degni di nota e dal gusto melodico, come su “Bad Blood” o “What a Fool”, mentre Larry Greene (voce), nonostante gli anni e l’età non proprio giovanissima, si dimostra ancora capace di sprigionare un pathos invidiabile sia sui pezzi di repertorio che su brani dell’ultimo disco. “Through the Fire” e “Deep in the Heart of the Night” riescono a trasportarci nel tempo in questo scampolo pomeridiano, con atmosfere molto soft e rilassate, ma non per questo poco gradite, con un pubblico pacato ma sempre attento: forse, come accennato poco fa, l’unico neo che mi sento di trovare nella loro esibizione risiede nel poco coinvolgimento complessivo che i nostri hanno trasmesso nei confronti del pubblico, ma ovviamente la mia non è una critica al gruppo ne tantomeno alla loro proposta musicale, solo è mancata forse la classica scintilla atta a far decollare uno show indubbiamente meritevole! Gli arrangiamenti pregevoli e i cori antemici, tipici del loro trademark, sono riscontrabili in altrettante perle come “Lonely Hunter” “Shelter of the Night”, mentre purtroppo il taglio in scaletta di “Smoke from a Gun” per problemi di tempistiche ci conduce dritti verso il finale con una “Dearborn Station”, magistralmente eseguita e pregna di una melodia stupenda, mentre “Freedom Road” chiude il sipario su questa performance di gran classe anche se di poco mordente: Ricky Rat (basso e cori) e compagni si sono dimostrati ottimi musicisti, capaci di eseguire nel miglior modo possibile e senza grosse sbavature i brani proposti, ma quello che forse questa storica band deve ritrovare è una sinergia maggiore con l’audience, dovuta certamente alla loro lunga pausa dalle scene, a causa anche di una non “fortunatissima” (tanto per rimanere in tema – n. d. r.) carriera che avrebbe certamente meritato molto più successo visti gli ottimi presupposti che il quintetto ha sempre offerto!

Fortune setlist:

“Thrill of It All”
“Don’t Say You Love Me”
“Bad Blood”
“What a Fool”
“Through the Fire”
“Deep in the Heart of the Night”
“Lonely Hunter”
“Shelter of the Night”
“Dearborn Station”
“Freedom Road”

Keel
Altra pausa ricreativa in cui è come sempre un piacere bersi una birra in compagnia e fare nuove conoscenze o vecchi incontri, ed eccoci ora pronti per una delle esibizioni più attese dell’intera kermesse: stanno per fare il loro ingresso sul palco niente di meno che gli storici metallers americani capitanati dal carismatico e istrionico Ron Keel (voce e chitarra), un’icona dell’hard ‘n’ heavy a stelle e strisce degli ’80! Dopo svariati scioglimenti e ritorni di fiamma, i nostri sono finalmente pronti a calcare per la prima volta in assoluto nella loro carriera il suolo italico, facendo vivere a tutti i presenti le emozioni musicali di uno dei decenni più fiorenti per la storia dell’hard rock. Il loro si preannuncia sin dalle prime battute come un set pregno di brio e tanta energia, soprattutto in confronto a quello della band che li ha poreceduti. Partenza col botto, sulle trascinanti ed arrembanti “United Nations” “Somebody’s Waiting”, capaci di scatenare il putiferio anche tra i rockers più timidi ed introversi: dal canto loro anche l’accoppiata storica Marc Ferrari (chitarra)/Bryan Jay (chitarra), seppur non particolarmente dinamici dal punto di vista della presenza scenica, riescono ad ammaliarci con riff monolitici e melodie taglienti, sorrette dalla voce sempre inconfondibile del buon Ron! Sono infatti brani come “Speed Demon” e “Push & Pull” ad appassionare e a farci letteralmente ballare, sotto i colpi di una sezione ritmica da applausi come quella composta da Dwain Miller (batteria) e Geno Arce (basso, dal 2008 con la band – n. d. r.). La più recente “Streets of Rock & Roll”, seguita a raffica dalla coinvolgente e stupenda “I Said the Wrong Thing to the Right Girl”, uno dei picchi più alti dell’intero set, ci portano dritti all’esecuzione della loro personale storica rilettura del classico di Patti Smith“Because the Night”, sorretta dagli applausi ritmici e dai cori da stadio dell’audience adesso assai più nutrita e partecipe! “Looking for a Good Time” ma soprattutto “Here Today, Gone Tomorrow” ci mostrano il grande feeling e la coordinazione strabiliante dei component, in particular modo sulle movenze ritmate del bridge finale, meritevoli di applausi scroscianti. C’è spazio anche per una gustosa cover dei Rose Tattoo“Rock ‘n’ Roll Outlaw”, anch’essa gradita particolarmente dagli spettatori più attempati, mentre iniziamo ad avvicinarci aimé alla conclusione di uno show a dir poco pazzesco sul quale come dicevamo c’erano tantissime aspettative. Una “Tears of Fire” in versione semi-acustica fa da apripista alla hit più attesa e immancabile “The Right to Rock”, con un grintoso Ron che scende in platea per intonare il celebre ritornello con tutti i suoi fan: un finale che dunque ha riservato non poche emozioni, al termine di una performance coinvolgente e memorabile, tra le migliori in assoluto forse di tutte le edizioni del festival! Keel: detonanti e intramontabili!

Keel setlist:

“United Nations”
“Somebody’s Waiting”
“Speed Demon”
“Push & Pull”
“Streets of Rock & Roll”
“I Said the Wrong Thing to the Right Girl”
“Because the Night” (Patti Smith Group cover)
“Looking for a Good Time”
“Here Today, Gone Tomorrow”
“Rock ‘n’ Roll Outlaw” (Rose Tattoo cover)
“Tears of Fire / The Right to Rock”
“You’re the Victim (I’m the Crime)”

Burning Rain
Ripresi e rifocillati dopo una performance da mozzare il fiato a chiunque, al termine della quale abbiamo avuto anche la possibilità di conoscere da vicino un disponibilissimo e simpatico Ron Keel, passiamo ad un’altra band molto seguita e da cui ci si attende una riconferma, visti gli altisonanti nomi presenti in formazione: un musicista come Doug Aldrich (chitarra) non ha certo bisogno di qualsivoglia presentazione, un autentico fuoriclasse, noto ai più per il suo passato alla corte di Sir David Coverdale e per il suo presente nei ruspanti The Dead Daisies! “Midnight Train” e “Revolution” (entrambe estratte dall’ultimo ‘Face The Music’ uscito solo pochi mesi fa e prodotto dall’amico Alessandro Del Vecchio – n. d. r.), ci mostrano il nuovo volto di questa band attiva ormai da circa vent’anni esatti, con i due nuovi membri Brad Lang (basso, ex Y&T) e Blas Elias (batteria) capaci di apportare quella freschezza nel sound che tutti chiedevano. Dopo un inizio forse un po moscio, i quattro musicisti infiammano letteralmente il set proposto con “Nasty Hustle”“Cherie Don’t Break My Heart” e “Beautiful Road”, accolte da ovazioni ed applausi generali. Forse rispetto ai compagni di scuderia Keel il quartetto si è dimostrato meno coinvolgente dal punto di vista scenico, ma ovviamente le loro innate doti musicali sono state espresse nel miglior modo possibile, complice un Doug sempre ammaliante e un Keith St.John (voce) particolarmente ispirato e dal timbro molto zeppeliniano! “If It’s Love” e “My Lust Your Fate” continuano in questo viaggio nell’hard rock dei Seventies, con tanto di slide guitar, mentre l’acustica “Heaven Gets Me By”, solo voce e chitarra, apre una “Stone Cold N’ Crazy” in tributo alla storica band inglese di Brian May Freddie Mercury! Il clima generale è alquanto rovente e lo si percepisce dall’attenzione e partecipazione di tutta l’audience, meno numerosa della prima giornata ma non meno attiva, soprattutto tra le prime file, letteralmente ammaliate dalla classe di Doug e compagni: il biondo crinito axe man, nonostante sia abbastanza silenzioso e schivo a qualsivoglia convenevoli, ci strabilia con la sua classe eccelsa, pregna di un background maturato in oltre trent’anni di onorata carriera, con uno stile unico ed inimitabile che ancora oggi fa scuola! “Lorelei” ci porta dritti nel sound vintage dei primordi dell’hard rock, grazie al suo incedere midtempato, con un cantato ruggente da parte del riccioluto Keith, la cui performance è stato un crescendo continuo, mentre sempre dall’ultimo disco viene pescata la bluseggiante “Hit and Run”, quasi una song che strizza l’occhio ai primi Aerosmith, sia nella parte iniziale che nel refrain centrale. Siamo giunti così all’epilogo di questa esibizione degna di nota e che ci ha fatto riabbracciare una formazione rimaneggiata per 2/4 ma con ottimi innesti di prima qualità, mentre i nostri ci salutano con la titletrack del full lenght di recente pubblicazione, “Face the Music”, aperta da un riff dilaniante e trascinante, un’autentica chiusura col botto, degna del nome dei quattro musicisti on stage: il ritornello è alquanto catchy ed orecchiabile ma non per questo banale, a riprova di come ancora oggi si possa fare musica rock di qualità senza risultare banali e scontati! Burning Rain: un’autentica e incandescente pioggia rock!

Burning Rain setlist:

“Midnight Train”
“Revolution”
“Nasty Hustle”
“Cherie Don’t Break My Heart”
“Beautiful Road”
“If It’s Love”
“My Lust Your Fate”
“Heaven Gets Me By”
“Stone Cold N’ Crazy”
“Lorelei”
“Hit and Run”
“Face the Music”

W.E.T.
Siamo arrivati quasi alla fine di questa seconda ed ultima giornata di FRF VI, ma ancora ci attendono altri due nomi di spicco, nei quali militano alcuni degli artisti che hanno letteralmente fatto la storia passata e recente del nostro genere preferito: il locale adesso è sempre più colmo di gente anche se, come abbiamo ricordato più e più volte, è abbastanza anomalo vedere la stragrande maggioranza del pubblico provenire dall’estero e non dalle zone limitrofe o da altre regioni italiane. Dopo questa ennesima breve ma doverosa considerazione, passiamo adesso alla sostanza di quella che sarà un’esibizione molto ben riuscita, soprattutto per quanto riguarda il nostro amato Jeff Scott Soto (voce), oggi assai più in forma rispetto alla performance del giorno precedente: complice forse anche un orario più consono, l’ex voce di Malmsteen si rivela ancora un leone capace di infervorare una platea festante, a partire dalle prime “Watch the Fire”, “Burn” e “Kings on Thunder Road”. E in questo non facile compito di stupire ed appassionare la platea è quest’oggi coadiuvato da altri importanti personaggi della scena melodic rock scandinava come il giovane Erik Martensson (chitarra e voce) e Magnus Henriksson (chitarra), entrambi componenti degli svedesi Eclipse, band rivelazione oramai già da diversi anni e che gode di un folto seguito anche nel nostro paese! Il repertorio proposto in questo lungo ed accattivante set, atto a celebrare il decennale della band, è quasi tutto estratto dai tre album pubblicati (l’omonimo debutto ‘W.E.T.’ del 2009, ‘Rise Up’ del 2013 ed infine il recente ‘Earthrage’ del 2018 – n. d. r.), che hanno saputo coinvolgere tutta l’audience dall’inizio alla fine del loro lungo e variegato show: “Elegantly Wasted”, la stupenda “Brothers in Arms”, cantata all’unisono e la melodia di “Invincible” sono dei gioielli di hard’n’heavy moderno, suonato con gusto e classe! Ma musicisti di questo calibro sul palco non potevano non essere accompagnati da altrettanto validi componenti come il comprimario Robert Säll (tastiere, noto per la sua militanza nei Work Of Art – n. d. r.) o Philip Crusner (batteria). “Broken Wings” e “Urgent” non sono da meno dei pezzi che li hanno preceduti, sprigionando ancora una volta un’energia contagiosa, complici anche i numerosi duetti tra Erik e Jeff che rendono l’atmosfera ancora più eccitante ed appassionata! Come un flusso inarrestabile veniamo elettrizzati dabrani come “Walk Away”, “Learn to Live Again” e la melodicissima “I Don’t Wanna Play That Game”, pezzi molto d’impatto e di facile presa ma sempre suonati ed interpretati con il giusto piglio: l’esibizione volge al termine con “Comes Down Like Rain” “If I Fall”, riscuotendo un alto gradimento complessivo, soprattutto delle numerose fan italiane e straniere del frontman degli Eclipse, accorse anche quest’oggi per supportarlo! Un set che ha certamente ripagato le attese iniziali, avendo il grande pregio di non aver mai annoiato minimamente nessuno dei presenti, ma anzi riuscendo a coinvolgerli nei momenti topici del concerto: “One Love” è il brano di chiusura che sancisce la conferma di un’altra ennesima carta vincente del roster Frontiers, grazie appunto a questo connubio tra sonorità e musicisti più navigati ed altri di più giovane carriera ed estrazione musicale!

W.E.T. setlist:

“Watch the Fire”
“Burn”
“Kings on Thunder Road”
“Elegantly Wasted”
“Brothers in Arms”
“Invincible”
“Love Heals”
“Broken Wings”
“Urgent”
“Walk Away”
“Learn to Live Again”
“I Don’t Wanna Play That Game”
“Comes Down Like Rain”
“If I Fall”
“One Love”

Steve Augeri Band
In men che non si dica, si è giunti purtroppo all’epilogo anche di questa entusiasmante e variegata edizione del Frontiers Rock Festival, capace anche questa volta di allietare ed infiammare gli animi mai sopiti dei tanti appassionati del genere provenienti da tutto il mondo: non poteva perciò esserci un finale migliore se non quello all’insegna del tributo alla musica di una delle band più rappresentative del genere in questione, ovvero i Journey di Neal Schon! Ebbene non poteva certamente esserci migliore interprete di questa festa collettiva sul finale se non un artista che per ben dieci anni ha fatto parte a pieno titolo della storica formazione statunitense: Steve Augeri (voce e chitarra) ci ha guidato in questo viaggio musicale da brividi, tra il repertorio della sua ex band, alcuni estratti del suo primo periodo con i Tall Stories, ed alcune chicche della storia del rock! Insomma un artista di caratura internazionale che a parere di chi scrive avrebbe meritato maggior fortuna nella sua lunga e variegata carriera che lo ha oltretutto visto militare per pochi anni anche tra le file dei Tyketto: ad accompagnare il frontman italoamericano c’è un combo di assoluta qualità, composto dagli ex membri dei Valentine (gruppo hard rock melodico a stelle e strisce di cui ha fatto parte un certo Hugo Valenti, figlio illegittimo di Steve Perry – n. d. r.). E che la festa conclusiva abbia inizio dunque sulle note della magniloquente “Separate Ways (Worlds Apart)”, introdotta sapientemente dagli arrangiamenti di Craig Pullman (tastiere), seguita subito di getto dalla stupenda “Stone in Love”, cantata ovviamente da tutti i presenti in sala; con “Jamie” facciamo un fugace salto nel suo breve passato con i Tyketto, mentre il nostro Stefano Augeri ci ringrazia per la nostra presenza e per il supporto nei suoi confronti, confidandoci a più riprese di sentirsi a casa sua, essendo l’Italia il paese d’origine dei suoi avi. Ma questa sera ci confessa di voler tributare sentitamente la Città degli Angeli (Los Angeles) con un’esecuzione magistrale di “Lights”, prima di trasportarci nel repertorio Journey che lo ha visto protagonista in prima persona con “Faith in the Heartland” e la melodiosa “Higher Place”: nonostante un calo evidente della sua ugola, il caro Steve si dimostra comunque un artista unico e capace di rendere l’atmosfera di questa sera a dir poco magica, con una bellissima versione di “Wheel in the Sky” e una toccante esecuzione di “Faithfully”. Dal canto suo anche Adam Holland (chitarra) non è da meno a qualità espresse, con assoli e arrangiamenti sublimi, in particolare nel seguente trittico da infarto, composto in sequenza dall’immancabile manifesto “Don’t Stop Believin’”, durante la quale viene giù tutto il Live Club, dalla ballabile “Lovin’, Touchin’, Squeezin’”, prolungata con un groove ritmato da parte di Gerard Zappa (basso) per far cantare tutta la platea, ed infine dalla spumeggiante “Any Way You Want It”, un’autentica apoteosi per tutti gli amanti del melodic rock! Dopo un breve break i nostri rientrano in scena regalandoci altre perle e sorprese, a partire dalla successiva “Wild on the Run” (dal primo storico disco dei Tall Stories – n. d. r.), per poi farci cullare dalle lenti melodie di “Who’s Crying Now” mentre con “Sister of Mercy” sempre dei TS si ritorna a muovere il piedino e battere le mani, con Tobias Ralph (batteria) sempre preciso e puntuale! Manca ormai poco alla chiusura dell’intera esibizione e, visti gli animi infervorati dei presenti non ancora stanchi e pronti a rincasare, i cinque musicisti ci salutano prima con una versione struggente di “Forever Young” di Rod Stewart ed in fine con un medley che, partendo da “Be Good To Yourself” dei Journey, passa prima per la zeppeliniana “Whole Lotta Love” per poi concludersi sulle note d’organo di “Won’t Get Fooled Again”, classico dei The Who! Un set che ci ha veramente stregato, facendoci intonare e ballare brani immortali che certamente hanno fatto e fanno tutt’oggi parte della colonna sonora della nostra vita: grazie Steve Augeri e grazie alla Frontiers per questo memorabile sesto appuntamento che ha regalato emozioni uniche ed irripetibili a tutti i presenti!

Steve Augeri Band setlist:

“Separate Ways (Worlds Apart)” (Journey song)
“Stone in Love” (Journey song)
“Jamie” (Tyketto song)
“Lights” (Journey song)
“Faith in the Heartland” (Journey song)
“Higher Place” (Journey song)
“Wheel in the Sky” (Journey song)
“Faithfully” (Journey song)
“Don’t Stop Believin’” (Journey song)
“Lovin’, Touchin’, Squeezin’” (Journey song)
“Any Way You Want It” (Journey song)
“Wild on the Run” (Tall Stories song)
“Who’s Crying Now” (Journey song)
“Sister of Mercy” (Tall Stories song)
“Forever Young” (Rod Stewart cover)
“Be Good To Yourself” (Journey song) / “Whole Lotta Love” (Led Zeppelin cover) / “Won’t Get Fooled Again” (The Who cover)

Dopo aver assistito finalmente di persona ad una kermesse di questo calibro, come quella dell’ultima edizione appena conclusasi del Frontiers Rock Festival, posso confermare pienamente tutte le numerose aspettative che avevo, visti i racconti e i commenti positivi riportati da amici e colleghi nel corso di questi anni dal 2014 ad oggi: un evento gestito con grande professionalità e competenza da parte di tutti, in primis dall’amico Primo Bonali, che colgo l’occasione di ringraziare personalmente e a nome di tutta la nostra redazione, da tutto lo staff Frontiers Music srl e del Live Music Club di Trezzo, capaci di gestire con efficienza una situazione logistica particolare, nonché dai fonici e musicisti che ci hanno riservato, nessuno escluso, uno spettacolo nel verso senso del termine. Una vera e propria festa all’insegna del rock d’annata ma che ancora oggi ha ancora molto da dire e da regalare ad una platea nutrita e sempre ricettiva, sia alle proposte più innovative (King Company, Creye, Airrace, Leverage) e sia a sostenere alcune band e artisti che hanno forgiato il genere che più amiamo (Jeff Scott Soto, Steve Augeri, Keel, Hardline, The Defiants, Ten, Burning Rain, W.E.T, Fortune) oltre ovviamente a tributare il giusto riconoscimento ad un colosso della musica senza frontiere com’è appunto l’immenso Alan Parsons! Non resta dunque che sperare in un prossimo settimo sigillo targato Frontiers per riabbracciare i tantissimi amici, vecchi e nuovi, incontrati in questo indimenticabile weekend lombardo, nonché per vivere altrettante emozioni in musica, con la speranza sempre maggiore di persone, soprattutto italiane, a supporto di un evento che merita veramente un seguito mondiale: alla prossima!

Fonte: Raffaele Pontrandolfi

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