In una fredda notte invernale, domenica 20 Dicembre 2014, in attesa dell´inizio di un concerto, siamo riusciti, in un bar della capitale, a scambiare alcune chiacchiere in compagnia dei Kaledon: in rappresentanza della band abbiamo piacevolmente parlato con Alex Mele, il chitarrista fondatore del combo romano, e con Paolo Campitelli, il nuovo tastierista che si è aggiunto di recente alla formazione.
Nonostante il poco tempo a disposizione, abbiamo toccato con loro tantissimi argomenti e temi che ci hanno consentito di comprendere meglio la genesi compositiva e lirica dei loro lavori, delle differenze insite tra i dischi, oltre a trattare del loro ultimo “Antillius: The King Of The Light”, uscito da poche settimane, alla fine dell´anno. E´ stato poi sicuramente interessante conoscere quali sono le loro principali influenze di riferimento, i loro ascolti più variegati, dai quali riescono appunto a trarre delle idee e degli spunti musicali da elaborare, oltre che ripercorrere insieme a loro l´evoluzione stilistica della band, dalla fine degli anni ´90 ad oggi, durante una carriera di quasi 17 anni! E per concludere non potevano mancare anche alcuni aneddoti e il ricordo di alcuni incontri e collaborazioni con artisti di fama internazionale del calibro di Fabio Lione (Angra, Rhapsody of Fire, Vision Divine), Jörg Michael (ex Stratovarius) e Ronnie James Dio. Buona lettura a tutti!
Salve ragazzi, sono Raffaele di VeroRock, innanzitutto grazie per averci dedicato un po´ del vostro tempo, e partiamo con la prima domanda: ci potete brevemente spiegare quali sono le differenze stilistiche, compositive e tematiche tra il vostro ultimo lavoro “Antillius: The King Of The Light” e il precedente “Altor: The King´s Blacksmith”?
(Alex Mele): ciao Raffaele, grazie a te per l´occasione concessaci, è un piacere per noi! A livello compositivo, almeno per quello che riguarda me, non credo che ci siano grandi differenze tra gli ultimi due lavori, nel senso che ho il mio modo di scrivere che è rimasto ovviamente lo stesso. Le differenze sono soprattutto a livello della storia che viene raccontata: essendo ora in presenza di un personaggio diverso (Antillius n. d. r.), che ha delle emozioni diverse e dei punti di vista nel raccontare la storia differenti, ho cercato di trasmettere nella musica quelle sensazioni che possono quindi essere più o meno intense, e di conseguenza il brano risulta essere più o meno pesante o epico. Diciamo quindi che come in passato seguo molto l´aspetto lirico per poi andare a comporre la musica che rispecchia pienamente lo stato d´animo narrato. Perciò essendo Antillius e Altor due personaggi diversi, di conseguenza lo è anche la musica!
Di recente, nel vostro penultimo lavoro, avete collaborato insieme a Fabio Lione (attuale vocalist degli Angra, Rhapsody Of Fire, Vision Divine,ecc.). Come è nata l´idea del video che avete girato con lui in Abruzzo, sul Gran Sasso? In che rapporti siete attualmente? Qualche altra collaborazione futura insieme?
(Alex Mele): guarda con Fabio ci siamo conosciuti di persona durante il tour che abbiamo fatto insieme ai Rhapsody nel 2012. Li per li gli abbiamo proposto, cosi per gioco, se voleva cantare un brano del disco che stavamo scrivendo, ovvero “Altor: The King´s Blacksmith” e lui fu subito disponibile: poi dopo il brano abbiamo girato insieme anche il videoclip e per quella precisa occasione abbiamo deciso di registrare una versione del brano a doppia voce con Marco Palazzi e con lui. Il video è stato veramente molto divertente e oltretutto è stata la prima cosa che abbiamo fatto insieme ai due nuovi entrati Paolo Campitelli (tastiere) e Massimiliano Santori (batteria) che si sono quindi cimentati nel suonare parti registrate in precedenza sul disco dai loro predecessori. Il video è stato abbastanza particolare, soprattutto per l´ospite prestigioso che avevamo: si è rivelato molto tranquillo e disponibile sin dall´inizio, e, nonostante avesse mille impegni, siamo riusciti a trovare il modo per far combaciare la disponibilità di entrambi. Fabio si è rivelato un vero amicone e ancora oggi ci sentiamo e siamo in contatto.
Quanto è stato importante l´apporto del nuovo arrivato Paolo Campitelli (tastiere) nel songwriting e nella composizione in generale?
(Alex Mele): è stato fondamentale la sua entrata, perché ha portato quella ventata di novità soprattutto per gli arrangiamenti di tastiere, completamente diversi da quelle usate nei dischi precedenti. Secondo me si è rivelato importantissimo il fatto che Paolo è un grande appassionato di questo genere musicale, e dunque, é sicuramente più addentro allo stile e al suono della band. Il tastierista precedente, Daniele Fuligni, negli ultimi anni era diventato un amante delle sonorità anni ´70 e quindi aveva introdotto suoni quali il Minimoog, l´organo Hammond, che per quanto potevano stare bene in alcuni brani, le ha però utilizzate anche in sede live su canzoni vecchie e quindi non aveva molto senso, perché andava a cambiare tutto il suono della composizione. Purtroppo si era molto allontanato dalle sonorità a noi più consone quali ad esempio l´uso di orchestrazioni e parti sinfoniche, delle quali Paolo è invece un grande appassionato nonché sperimentatore.
(Paolo Campitelli): si, come appunto diceva Alex, sono molto appassionato di musica sinfonica, pianoforte, orchestra e negli ultimi tempi, prima del mio ingresso nei Kaledon, mi sono dedicato per un periodo ad uno studio mio personale. Con loro mi sono trovato veramente a mio agio, sia come persone e sia per il genere proposto, soprattutto perché sono riuscito ad esprimere tutte queste mie passioni per le parti sinfoniche, i cori epici nell´ultimo disco: infatti avremo impiegato solo quattro mesi per completare tutte le mie parti suonate. Avendo a casa un mio piccolo studio, ho registrato molte parti li, quasi tutto in multi traccia, per ciascun suono usato. Sono arrivato a registrare circa ottanta tracce, ed è stato veramente molto impegnativo! Soprattutto su alcuni brani, come ad esempio nella conclusiva “The Fallen King” ci sono più di una ventina di tracce di tastiera suonate contemporaneamente. Ovviamente in sede live andranno riarrangiati diversi pezzi, cercando di rendere al meglio il più possibile con due mani.
Quali sono le vostre influenze musicali e i vostri artisti di riferimento in ambito metal e nella musica in generale?
(Paolo Campitelli): io sono un grande ascoltatore dell´heavy metal anni ´80, ad esempio mi piacciono molto i Manowar, i Judas Priest, e del power metal (Blind Guardian, Firewind, ecc.), ma mi piace anche il death metal, e in generale posso considerarmi un vero appassionato del metal! A livello sinfonico invece ascolto principalmente musica classica e Bach è la mia fonte di ispirazione principale: dico sempre che per me lui è stato il primo vero metallaro della storia (ride)! Anche vari compositori classici dell´epoca barocca.
(Alex Mele): anche io ho degli ascolti molto variegati, mi piace veramente un po´ di tutto (dai Pantera, agli Stratovarius, ai Gamma Ray, agli Scorpions, Ac/Dc). Ovviamente il mio amore principale sono da sempre i Queen, anche se non sono proprio attinenti al genere che suoniamo noi, se non in rarissimi episodi. Mi piace quindi molto il metal, l´hard rock ma al contempo anche gruppi come i Pink Floyd. A livello chitarristico mi ispiro più a un David Gilmour o a un Brian May che a uno shredder come John Petrucci.
A proposito di Stratovarius, Alex, quale è stato il vostro rapporto di collaborazione con Jörg Michael, storico batterista della band finlandese, con cui avete lavorato nel 2004? C´è qualche momento che ricordi con piacere di quel periodo?
(Alex Mele): allora fondamentalmente la nostra collaborazione con lui è nata per “depressione” (ride), nel senso che il batterista dell´epoca, David Folchitto, ci disse che se ne andava per motivi personali, e, avendo perso quindi un batterista bravo, eravamo in crisi perché dovevamo trovarne un altro a quel livello. Ero molto arrabbiato e ho deciso li per li di scrivere direttamente a Jörg Michael, che in quel periodo era anch´esso uscito dagli Stratovarius: gli inviai una mail, senza assolutamente aspettarmi una risposta da parte sua, semplicemente chiedendogli se poteva essere disponibile visto che avevamo il disco pronto e con alcune parti già registrate. Lui ci rispose che aveva già sentito parlare del gruppo, e che la cosa era fattibile: abbiamo registrato con lui in uno studio a Como. Con noi Jörg ha quindi suonato le parti in studio dell´album, anche perché Folchitto rientrò subito dopo in formazione. Jörg era veramente una persona esilarante e un gran mangione: pensa che gli avevamo preparato un tavolino con salame e cioccolato e altre vivande, e lui tra un brano e l´altro che suonava, passava sempre per fare uno spuntino. Io gli chiesi se beveva e lui mi rispose “solo quando fumo”, e siccome fumava tutto il giorno puoi ben immaginare come andò a finire (ride): quindi la sera abbiamo passato dei bei momenti al pub insieme! Siamo stati in totale quattro giorni in studio con lui e negli anni a venire abbiamo ricevuto diverse proposte di andare in tour con gli Stratovarius, che però sono sfumate soprattutto per motivi economici. Jörg è stato però sempre molto gentile e simpatico con tutti noi. Ogni tanto ci sentiamo anche per semplici saluti o via mail. Anche con lui è rimasto veramente un bel rapporto.
Scusa per la domanda, a cui in parte avete già risposto in precedenza, ma a livello lirico quali sono le principali differenze tra gli ultimi due lavori, “Antillius”, il precedente “Altor” rispetto alla saga “Legend of Forgotten Reign” divisa in sei capitoli?
(Alex Mele): il concetto di base é che io ho scritto un romanzo, composto appunto da sei capitoli, corrispondenti ciascuno ad un singolo disco che abbiamo sviluppato nel corso di poco meno di dieci anni. Questi ultimi due dischi, invece, sviluppano la figura di due dei personaggi presenti nel plot della storia raccontata nel romanzo: la differenza sostanziale è quindi che, pur raccontando gli stessi fatti narrati nella storia principale, qui sono i personaggi stessi a raccontarceli dal loro punto di vista personale. Ad esempio su “Altor” era il fabbro che portava la spada al re, mentre sull´ultimo “Antillius” è il re che riceve la spada, dunque abbiamo raccontato lo stesso episodio ma da due punti di vista diversi, con emozioni differenti. Ovviamente poi, nella vita di ciascun personaggio ci sono degli episodi che non sono stati descritti nel romanzo.
Quali sono i progetti futuri ai quali state lavorando o collaborando in particolare?
(Alex Mele): prima di tutto speriamo di poter suonare live il più possibile con la band, per promuovere appunto l´ultimo lavoro in studio, e stiamo già ricevendo diverse proposte. Sicuramente in futuro sui prossimi dischi svilupperemo la figura di altri personaggi, anche in apparenza minori, ma al momento non abbiamo ancora delle novità da rivelare. Di recente poi ho registrato alcune parti di chitarra per una rock opera, “Legend of Valley Doom”, ideata da Marius Danielsen, alla quale hanno preso parte altri grandissimi nomi quali Chris Caffrey (Savatage), Edu Falaschi (ex Angra), Tim Ripper Owens (ex Judas Priest, Iced Earth e Yngwie Malmsteen), Mark Boals (Labirynth, ex Royal Hunt e Y. Malmsteen), Timo Tolkki (ex Stratovarius), Ross The Boss (ex Manowar) e molti altri ancora.
(Paolo Campitelli): io ho al momento un gruppo progressive sudamericano, gli argentini Thabu, che mi ha chiesto di registrare alcune parti di tastiera ed io ho accettato di collaborare con loro, insomma potrebbe essere una cosa divertente.
Alex, tu che sei stato il fondatore della band, come reputi l´evoluzione stilistica, dalle origini nel lontano 1998 ad oggi? Quali secondo te sono stati i punti di svolta durante questi anni?
(Alex Mele): sicuramente il cambio dei cantanti ha influito molto nell´evoluzione del sound del gruppo. Anthony Drago, il primo cantante che ha preso parte alle registrazioni delle demo, Claudio Conti ed infine Marco Palazzi corrispondono a tre ere musicali ben definite: con Anthony eravamo all´inizio e non avevamo ancora un´idea precisa di che strada seguire esattamente, ed essendo senza tastiere (il tastierista della mia ex band, i River of Change ci diede una mano per le prime registrazioni),facevamo molte cover dei Judas Priest. Questo tastierista ci aiutò principalmente in studio, ma non era un membro ufficiale, suonò con noi live solo quando aprimmo per Ronnie James Dio, alla Centrale del Tennis nel lontano 2000: quello era un periodo un po´ grezzo, in cui ancora non avevamo trovato la direzione musicale più adatta. Con Claudio alla voce abbiamo invece fatto i primi quattro dischi, e li eravamo su un power metal di matrice tedesca. Mentre invece dal 2007 ad oggi abbiamo sviluppato sicuramente un sound più sinfonico: sia Paolo (Campitelli) che il suo predecessore, hanno apportato grandi novità a livello stilistico.
A proposito del concerto che hai appena ricordato, quello che avete fatto nel 2000 in apertura ad una leggenda come Ronnie James Dio, hai un ricordo particolare di lui che vuoi condividere con noi?
(Alex Mele): guarda Ronnie era una persona di una grande umiltà, sembrava una persona affabile, parlava con tutti quanti noi, come se ci conoscessimo da una vita, in tutta tranquillità. Il batterista di un´altra band di apertura si presentò con una pila di dischi da farsi autografare e lui senza alcun problema glieli ha firmati tutti oltre a concedersi con tutti noi per le foto e altro. La cosa che più mi ha colpito di lui e mi rimarrà per sempre è sicuramente l´umiltà nel modo di porsi verso le persone: sai una leggenda come lui poteva tranquillamente tirarsela o stare sulle sue, e invece con noi si è comportato come fossimo amiconi di vecchia data, veramente un signore!
Avete pensato in futuro di usufruire, in alcune esibizioni live, dell´ausilio di un´orchestra sinfonica per alcune parti più epicheggianti?
(Alex Mele): ma magari (ride)! Direi che sarebbe un bel sogno da realizzare questo: sai poi di solito, quasi tutti i gruppi storici, quando arrivano alla “vecchiaia” sono soliti usare delle parti suonate dalle orchestre in sede live. Purtroppo una delle difficoltà è anche dovuta alle dimensioni del palco, visto che non sempre ci capita di averne uno enorme, che invece è necessario per l´ausilio di un´orchestra. Non ci abbiamo in verità ancora pensato, ma sarebbe una cosa veramente fighissima!
Ragazzi siamo oramai giunti al termine di questa lunga e interessante chiacchierata! Grazie ancora per il tempo che ci avete dedicato. Volete lasciare un messaggio ai vostri fan e in particolare ai lettori di Vero Rock Italia oltre che ai giovani musicisti in generale?
(Alex Mele): grazie a te per la possibilità offertaci. Speriamo che il nostro ultimo disco piaccia a tutti quanti e che vengano numerosi quando suoniamo, specialmente in Italia, perché all´estero invece abbiamo un seguito abbastanza notevole: in Italia purtroppo c´è ancora un po´ di snobismo a riguardo, mentre dovremmo tutti sostenere la scena, supportando tutte le band meritevoli. Ci vediamo in giro ragazzi!