GRUPPO: Quietflow
TITOLO: A New Wave
ANNO: 2021
ETICHETTA: DELTA Records & Promotion
GENERE: Elettronica / New Wave / Stoner
VOTO: 8/10
PAESE: Italia
Abituato generalmente all’ascolto quotidiano di generi prettamente ascrivibili all’universo hard’n’heavy classico, con virate sul progressive rock sinfonico ma anche sul metal a tinte estreme e moderne, devo ammettere di essere rimasto abbastanza spiazzato di fronte a questo inusuale quanto originale progetto musicale. Non che non avessi mai apprezzato sonorità vicine all’elettronica con riferimenti anche alla new wave italiana, ma mai esibite in maniera così “integralista”, senza compromessi di sorta. Soprattutto, da notare come il duo in questione, i Quietflow, siano una realtà musicale assai matura e ben strutturata, a discapito di quanto si possa pensare rispetto alla mancanza di una vera e propria rock band in senso classico: l’assenza di una lineup con basso, voce, chitarra e batteria non deve perciò lasciare sgomenti l’ascoltatore, ma anzi deve aumentarne la sua curiosità rispetto a questo eccellente prodotto discografico.
Badate bene, per farsi prendere e trasportare dalle otto composizioni che costituiscono questo EP d’esordio dal titolo già di per sé altisonante ‘A New Wave’, pubblicato a metà ottobre dalla DELTA Records & Promotion, bisogna dedicarvi tempo all’ascolto ripetuto e totale apertura mentale, senza schemi mentali di alcun genere. Un prodotto quindi adatto soprattutto per coloro che apprezzano sonorità moderne, improntate alla sperimentazione tecnologica, ma pur sempre incentrate su un uso parsimonioso ed intelligente degli arrangiamenti e delle linee melodiche, sapientemente tracciate dal duo in questione. Un mix di generi e di influenze, che spazia dall’elettronica e avantgarde fino al metal moderno, al punk e al pop rock, caratterizza questa ambiziosa proposta musicale che, sin dal principio, vuole rappresentare una risposta a tutte le recenti produzioni musicali vincolate dal mercato e dalla ricerca di un genere specifico di appartenenza.
Quello che ho maggiormente apprezzato di questo progetto è proprio l’approccio con il quale i due musicisti hanno scelto di tradurre in realtà i loro pensieri e stati d’animo, le loro emozioni sonore: lasciandosi letteralmente “trasportare dal mood del momento”, senza nulla di già composto a tavolino. Altro aspetto che si evince soprattutto dai testi di questi sette brani presenti (più un remix) è la totale estraneità a qualsivoglia pensiero politicizzato di sorta, andando invece a scavare nei meandri dell’animo umano e raccontandone le sue debolezze, i problemi quotidiani e le emozioni più intense. Rispetto a molte band altisonanti, la scelta di non trattare direttamente tematiche attuali del mondo politico e sociale, bensì di riuscire a descrivere l’essenza di ciascun essere umano a prescindere da qualsivoglia categorizzazione di sorta è un altro elemento imprescindibile dall’approccio compositivo che contraddistingue il progetto di Robi e Ciars.
Dal punto di vista invece del sound proposto, come poc’anzi accennato, siamo di fronte ad un connubio tra i generi più disparati, inquadrati però in un contesto prettamente indie/alternative: è possibile percepire echi e riferimenti ai Mars Volta, talvolta ai Porcupine Tree, ai Kraftwerk ma anche alcuni cenni ai Nine Inch Nails di Trent Reznor, ai Filter o alle virate punk di act del passato come Big Black o Fall. Sono però presenti anche suggestioni sonore che rimandano ad alcuni elementi doom/stoner old school riscontrabili nel sound dei Queen Of The Stoneage, così come arrangiamenti ed approcci compositivi vicini ai gruppi storici della New Wave italiana quali i Diaframma di Federico Fiumani e i primissimi Litfiba.
Insomma, una proposta d’esordio alquanto interessante e che merita, come dicevamo, pazienza, costanza e dedizione nell’ascolto anche delle più sottili sfumature sonore che qui, come si evince dalle premesse, caratterizzano le composizioni in esame.
Accingendoci ora ad un’analisi più approfondita dei brani presenti in questo EP di debutto, andiamo ad analizzare, una ad una, le otto tracce qui presenti che ci accompagneranno per un totale di quasi mezz’ora di immersione sonora!
L’incedere enigmatico e sincopato dell’opener “Superhero”è scandito da una ritmica quasi ipnotica, sulla quale si staglia la voce cavernosa e sussurrata nelle strofe e nel bridge centrale, fino al ritornello che sfocia in un vero e proprio urlo di libertà per poi ritornare su binari dal sapore psichedelico. Un brano quindi dalle tinte elettroniche chiaroscurali, dove già sono evidenti i rimandi eterogenei a differenti stili musicali, condensati però in modo fluido e mai scontato. L’assenza della chitarra, per quanto possa far sembrare la proposta meno rock o meno aggressiva, è ben sostituita da un ensemble di suoni e di programmazioni che rendono accattivante e detonante al punto giusto il pezzo. Continuiamo sulle stesse coordinate con la successiva “Roots”, contraddistinta da un incedere di basso dal groove pazzesco, a cavallo tra stoner e desert rock, con un ritornello che ti entra subito nella testa, con rimandi all’alternative anni ’90 e ad alcuni punti di contatto addirittura con la scena grunge di Seattle, concludendosi poi sulla scia di sintetizzatore che va scemando in alternanza con il fill di batteria. “Song Of The Owl” è introdotta da una linea di basso sulla quale si innesta l’andamento alternato della ritmica, fino al refrain centrale caratterizzato da una classica linea melodica dove il riff martellante diventa un muro roccioso su cui urlare tutte le paure ma anche tutte le speranze dell’attesa. Assai ben riuscito anche lo stacco a metà del pezzo, tra contrappunti orchestrati e un solo di batteria elettronica, su cui si staglia in lontananza la voce, fino al crescendo finale di nuovo in chiave elettrica.
Arriviamo così alla quarta traccia inedita, “Smooth Silence”, dove ancora una volta basso e batteria effettati aprono il brano, per poi rintrare su binari sincopati, dall’incedere quasi doomico sia negli arrangiamenti che nell’approccio canoro, che a tratti ricorda anche qualcosa di vagamente sabbathiano. Su un passaggio di basso tra le due strofe sono presenti sovraincisioni ed effetti digitali usati però sempre con sapienza e maestria, risultando così mai invasivi o gratuiti, bensì atti ad arricchire l’atmosfera dell’intera composizione. Il tintinnio di un synth ci introduce a “Quiet Emotion”, altro brano ben arrangiato e dalle melodie particolari, sussurrate come di consueto nelle strofe iniziali, per poi passare prima ad un pre-ritornello molto vicino a rimandi alla Depeche Mode, e poi ad un refrain classico con il basso elettrico sugli scudi assieme alla doppia voce. Veramente ben arrangiate le linee melodiche delle strofe, atte a creare stati emozionali altalenanti, dalle tinte quasi metafisiche: torno a ripetere, condivido pienamente il loro approccio che tenta di spaziare tra sonorità classiche e sperimentazioni moderne, senza mai trovare un punto di confine ma sembrando potersi evolvere sempre in continuazione.
Passiamo adesso a “Rocket”, che continua il nostro viaggio verso orizzonti eterei, ancora una volta contraddistinti da un andamento stoner nelle strife e più aperto nelle melodie centrali: il trademark alla base delle composizioni dei Quietflow sembra all’apparenza tradizionale ma nasconde invece un mondo vasto di sfumature che ciascun ascoltatore può cogliere anche in relazione al proprio stato d’animo durante l’ascolto. Anche qui riscontriamo delle belle linee melodiche sulle quali il basso e il sintetizzatore disegnano architetture sonore che rimandano anche agli anni Ottanta, con l’epilogo affidato al giro di basso dal sound “fangoso”.
L’ultimo tra i brani inediti che compongono questo EP, “Faceless Man” parte su binari che, almeno al primo ascolto, mi hanno ricordato qualcosa anche dei Linkin Park del compianto Chester Bennington, soprattutto nella trama melodica alla base della composizione: gli effetti e la programmazione sono ancora una volta usate per arricchire le atmosfere del brano, per poi sfociare in un refrain inarrestabile, con riff di basso monolitici. Proprio l’alternanza di diversi suoni di basso è certamente una delle caratteristiche cardine della proposta musicale dei Quietflow.
La traccia conclusiva è, a tutti gli effetti, un remix della già descritta Song Of The Owl, ad opera di Red Macula, arricchito dalla sovraincisione delle varie sezioni presenti nel brano originale. L’intro di questa nuova veste inizia con un effetto simil chitarristico, su cui poi si susseguono le differenti parti, magistralmente montate dal dj: l’effetto complessivo è a tutti gli effetti un nuovo brano, pur riprendendo le sezioni già presenti ma qui riassemblate in un puzzle sonoro che ne valorizza ancor più i tratti distintivi di partenza.
Per concludere, siamo di fronte ad un più che buono debutto discografico che merita certamente l’attenzione da parte sia di noi addetti al settore, sia da parte dei tanti ascoltatori aperti mentalmente a recepire nuovi stimoli musicali senza alcuno schema precostituito o categorie stilistiche di base. Ebbene si, come detto in apertura, per recepire il senso di questa proposta bisogna allargare i propri orizzonti, lasciandosi trasportare dalle emozioni scaturite da questo flusso sonoro, capace di suscitare differenti stati d’animo a seconda del nostro mood del momento: non esistono infatti brani che potremmo definire tristi o allegri, poiché tali categorie mentali sono frutto della sensibilità insita in ciascun ascoltatore. L’uso sapiente degli arrangiamenti e delle linee melodiche, così come degli effetti sonori e dell’impiego poliedrico del basso e della batteria elettronica sono i punti di forza di questo primo prodotto a firma Quietflow, dove forse l’unica pecca, per così dire, risiede nella mancanza di una maggiore eterogeneità tra i brani: per intenderci, non si percepisce una differenziazione tra un pezzo più aggressivo ed uno più lento. Ma questa, appunto, è una caratteristica importante delle loro composizioni, poiché all’interno di ciascuna è possibile riscontrare parti maggiormente introverse e meditative, alternate ad altre sezioni in cui prevale l’aspetto più duro e incisivo del loro sound, con le consuete aperture melodiche nei bridges centrali. Insomma, un prodotto adatto sicuramente agli ascoltatori più avvezzi a sonorità vicine ai già menzionati Nine Inch Nails e Mars Volta, ma al contempo consiglierei l’alscolto anche agli amanti del doom/stoner moderno, nonché a tutti coloro apprezzano le contaminazioni tra i generi più disparati, dall’elettronica alla new wave, fino all’alternative metal e punk. In attesa del loro prossimo full lenght, rinnoviamo ancora una volta i complimenti a Robi e Ciars per il coraggio e la dedizione che hanno mostrato in questo nuovo ed ambizioso progetto!
Tracklist:
1) Superhero
2) Roots
3) Song Of The Owl
4) Smooth Silence
5) Quiet Emotion
6) Rocket
7) Faceless Man
8) Song Of The Owl (Remix by Red Macula)
Lineup:
Robi Cappe: Basso, Voce
Ciars: Batteria, Elettronica, Voce