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Interviste SOMMARIO

CIRCLE OF WITCHES: tremate, tremate, le streghe son tornate!

A distanza di quasi due anni dalla nostra prima intervista, uscita in concomitanza del loro ultimo full lenght ‘Natural Born Sinners’, eccoci nuovamente a scambiare quattro chiacchiere in compagnia dei campani Circle Of Witches, formazione oramai sulle scene da più di quindici anni che, nonostante svariate difficoltà, è riuscita a costruirsi un ruolo di tutto rispetto nella scena hard’n’heavy tricolore! E’ sempre un piacere poter disquisire con il frontman della band, nonchè personale amico, Mario ‘Hell’ Bove su svariati argomenti, in particolar modo su i recenti cambi di lineup succedutisi nel corso degli ultimi mesi, sul riscontro dell’ultimo disco e su molte altre tematiche affini al mondo del rock e del metal contemporanei. Il nostro ospite si è riconfermato persona di ampie vedute, attento alle dinamiche ascrivibili al mondo in cui viviamo non solo di carattere musicale ma andando ad abbracciare temi di cultura generale legati comunque alle attuali difficoltà che il mondo della musica sta vivendo anche e soprattutto a causa della pandemia dovuta al covid-19. Questo e molto altro in questa nuova fantastica intervista con Mario: mettetevi comodi e gustatela dall’inizio alla fine!

Salve ragazzi, che piacere risentirvi, bentornati sulle pagine di VeroRock.it a distanza di quasi due anni dalla nostra prima intervista! Quali sono le principali novità in seno alla band da Settembre 2019 ad oggi? Grazie per averci di nuovo ospitati. In questi due anni abbiamo cambiato un po’ di cosette. Per primo, il chitarrista solista che ha dovuto separarsi per motivi di lavoro. Non è la prima né l’ultima volta che purtroppo abbiamo dovuto salutare un membro perché la campana a morte del “lavoro serio” è suonata. E’ una cosa che si mette in conto dall’inizio, o ti prepari a questa dimensione instabile o soccombi. Poi abbiamo un nuovo management che ci ha già staccato un biglietto per un tour internazionale a gennaio 2022 ed altre sorprese che verranno durante l’anno. Approfittando poi del periodo di pausa forzata, siamo più presenti sui social, incrementando i contatti e diffondendo maggiormente la nostra musica in versione digitale.

In quel periodo era da poco uscito il vostro ultimo full lenght ‘Natural Born Sinners’ (pubblicato per la Sliptrick Records a Maggio 2019 – n. d. r.). A distanza di circa due anni dalla sua uscita, com’è stato accolto a livello di vendite e di responso in generale anche da parte della critica di settore? Se poteste tornare indietro, c’è qualcosa che cambiereste di questo disco? Le recensioni sono state tutte positive, sia in Italia che all’estero, con accostamenti a diverse band, anche a diverse che non conoscevamo. Le vendite online sono state discrete, ma il fattore però che ci ha penalizzato è che nel momento in cui dovevamo martellare coi live, abbiamo dovuto rallentare soprattutto per il covid. ‘Natural Born Sinners’ è un album che ci ha segnato, nel bene e nel male, averlo fra le mani è stata un misto di emozioni difficilmente spiegabili, un vero viaggio tormentato che si concludeva lasciando sul campo tante ferite. E’ stato anche un capitolo importante per la crescita professionale della band, sia sul piano musicale e delle relazioni dentro e fuori il “cerchio”.

Fortunatamente, prima che scoppiasse questa pandemia da covid-19, siete riusciti a promuovere in tempo il vostro ultimo lavoro in studio, partecipando tra le varie date del tour anche al South of Heaven, svoltosi a Roma nel mese di Luglio 2019, in compagnia di tanti nomi della scena stoner/doom tricolore ed internazionale, tra cui i padrini Coven! Che ricordi hai di quella “rovente” notte metallica? Oltre al caldo, quella sera è stata anche il nostro ultimo concerto su palco con abbigliamento, intro, distorsioni, scenografia… Ho ancora l’immagine della splendida Jinx che, come una dea, ha tenuto la scena di quella bolgia infernale mentre noi soffrivamo e strizzavamo le asciugamani. Ricordo anche alcuni nostri fan che erano venuti apposta per noi, dopo averci conosciuti quando supportammo i Candlemass, sempre a Roma (o meglio, nei suoi pressi) qualche anno prima. Essere il motivo per cui un gruppo di ragazzi si scrive, si organizza e si incontra ad un concerto è una delle cose più belle a questo mondo!

Più in generale, com’è stato accolto il tour di supporto a ‘Natural Born Sinner’, sia in patria che all’estero (Ungheria, Germania, Austria e Malta)? Quali gli highlights tra gli eventi a cui avete preso parte e che ricordate con più soddisfazione? Il tour era pensato per essere un anticipo dell’uscita dell’album, avevamo un po’ di promo con una manciata di singoli, andati tutti a ruba. Le date più “calde” le abbiamo sicuramente avute in Austria, dove oramai possiamo dire di essere di casa dopo essere ritornati 4 volte. Ma abbiamo avuto ottimi riscontri anche a Busto Arsizio dove siamo stati ospiti insieme a Frozen Crown e Chronosphear. La cosa positiva è che ovunque andassimo, ci hanno offerto litri e litri di birra nel dopo show. Oramai, questo è per me l’indice di gradimento più fedele. Offriteci da bere e sapremo di aver fatto un buon lavoro!

Il pre-release del Natural Born Sinners European Tour ha visto esibirvi anche in due importanti festival internazionali quali l’Agglutination Metal festival a Chiaromonte (PZ) ed il Malta Doom Metal Fest. Che ricordi avete di entrambi gli eventi? Sono state entrambe delle esperienze entusiasmanti perché abbiamo suonato insieme a gruppi di calibro altissimo e di grande importanza storica come i Death SS o i Demon e the Skull. All’Agglutination è stato speciale, perché l’ho finalmente vissuto come spettatore e, alla fine, ho calcato anche io quel palco così prestigioso. A Malta siamo stati il gruppo di apertura del primo giorno ricevendo complimenti che si sono protratti anche nei giorni successivi, tanti contatti e pinte di Cisk, tante chiacchiere allegre con i ragazzi maltesi (una fan base stupenda) e molti cd venduti.

Riguardo il recente cambio di lineup, che ha visto la dipartita di Joe “Wise Man” Dardano prontamente sostituito da Claudio “the Crow” Cirillo alla sei corde, potete raccontarci qualcosa in più? Quali le novità a livello compositivo, se ci sono state, rispetto al precedente membro? Joe purtroppo (per noi) ha dovuto dare la precedenza al lavoro e al completamento della sua formazione al conservatorio per poter insegnare, il suo vero sogno nel cassetto. Non è una novità. Già in passato, a causa del “lavoro serio”, abbiamo dovuto separarci da elementi validi e con i quali si era creata una buona intesa. Oramai ho rinunciato all’idea di avere una formazione consolidata e non mi rammarico nemmeno più, ho solo una lista di sostituti. E’ un discorso molto cinico che nasce da tante esperienze negative in cui l’amicizia non era un legante ma un freno per le differenti direzioni e aspettative che si nutrivano. Ognuno ha le sue priorità e per quanto sì possa credere in un gruppo musicale, purtroppo questo non può essere un lavoro, anzi… Eppure è un’attività che richiede dedizione, molto tempo sottratto ad altro (affetti, studio, impieghi stabili, famiglia…) e anche tanti soldi da investire. Io stesso faccio i salti mortali con tanti lavori precari a tempo determinato per poter avere la flessibilità necessaria per suonare, girare e fare le prove in maniera continuativa. Il nuovo entrato, Claudio, è stata linfa vitale fresca perché porta in dote tantissimo entusiasmo e voglia di incendiare il palco. E’ un chitarrista differente da Joe Dardano, che è un classicista con un forte approccio prog. Claudio ha una passione per l’heavy ’80, con una predilezione per Randy Rhoads. Appena entrato, ha studiato tutto il repertorio in una settimana ma abbiamo avuto il tempo di suonare due live acustici, una partecipazione in radio e poi siamo stati rinchiusi. Infatti, è come una molla compressa che sta per esplodere… Insieme sono sicuro faremo cose che ci riempiranno di soddisfazione.

Parlando del vostro ultimo disco, ‘Natural Born Sinners’, ho veramente apprezzato sia la resa sonora che la varietà compositiva e delle tematiche trattate, riferite soprattutto al tema della “ribellione” e “rivolta” nel corso della storia attraverso il racconto di personalità quali Giordano Bruno, Spartacus, Lucifero o Anton LaVey. Possiamo quindi parlare di un vero e proprio concept album? Possiamo dire di sì, ma fino a un certo punto. Diciamo che, come il precedente, è un album unito da un topic comune. Non è un concept album come si realizzavano in passato, con un unico racconto svolto lungo le diverse canzoni, magari anche attraverso dei temi musicali ricorrenti. Diciamo che, appunto, esiste un concetto di base che viene declinato nei diversi testi. La ribellione ha assunto molteplici forme, sia quella di Lucifero contro il padre o di Anton LaVey contro la società bigotta americana, Spartacus contro i Romani o Giordano Bruno contro la chiesa, le streghe contro la cultura della discriminazione e delle repressioni o gli eretici torturati durante l’inquisizione…La nostra è una celebrazione di libertà, anche se i casi citati spesso non hanno raggiunto la sua realizzazione.

Il lavoro di produzione è stato curato da Alex Azzali e Nicholas Barker (Cradle Of Filth, Dimmu Borgir, Testament). Quanto è stato importante il loro apporto alla riuscita di ‘Natural Born Sinners’? Sul piano del disegno sonoro, l’apporto è stato fondamentale, soprattutto per dare il giusto spazio alla voce. Sugli arrangiamenti siamo stati guidati un po’ meno perché, probabilmente, il lavoro di scrittura e preproduzione era già buono. Abbiamo avuto qualche consiglio su delle parti di batteria e su un paio di riff da parte di Barker, dei rimaneggiamenti di alcune strutture, ma niente di drastico o che snaturasse le nostre idee delle canzoni. Il ruolo del buon produttore è quello di vedere le potenzialità future della band e fargliele già raggiungere nel disco. In più Nicholas ci ha suggerito una correzione sul titolo. In origine doveva chiamarsi “True Born Sinner” ma secondo lui “un inglese non avrebbe mai usato quella frase, anche se grammaticalmente corretta” e quindi ci ha proposto la citazione al film di Oliver Stone “Natural Born Killers”. All’inizio non eravamo entusiasti, ma lavorare con un produttore significa anche fidarsi, mediare, arrivare ad una sintesi dopo delle discussioni. Alla fine, ha avuto ragione lui.

Le registrazioni del vostro ultimo parto discografico sono iniziate nel Gennaio 2016 presso gli Alpha Omega Studios sul lago di Como, mentre la pubblicazione è avvenuta solo nel Maggio 2019. Come mai è trascorso un lasso di tempo così ampio per la lavorazione di questo album? Avete avuto alcuni imprevisti o difficoltà in particolare che ne hanno rallentato l’ultimazione? Abbiamo avuto grossi problemi personali con l’altro produttore e abbiamo rischiato di non vedere mai la fine di questo lavoro. C’era sempre qualcosa a cui desse la priorità, nonostante avesse premuto lui stesso per entrare in studio. Già in fase di registrazione è stato un calvario fra i suoi impegni sballati, gli orari strambi, le assenze e le discontinuità. Ci eravamo fidati di lui perché all’epoca ci faceva da agente e il nostro ex bassista lavorava con lui. Le premesse sembravano buone, tutti i nomi con cui aveva lavorato, ma i ritmi che ha seguito con noi sono stati disastrosi. Siamo riusciti ad avere il master “finale” con molta difficoltà nel 2018 e solo dopo numerose pressioni e l’aiuto provvidenziale di un amico. Ma era un progetto chiuso sul quale poi non potevamo ulteriormente intervenire, anche solo per estrarre delle tracce guida. Lo ricordo con estrema amarezza anche perché questa cosa ha avuto un riflesso enormemente negativo sulla tenuta della band. Dal dover essere un punto di svolta è diventato quasi la nostra fine, tant’è che due elementi hanno ceduto. L’atmosfera era veramente molto pesante, l’amicizia che ci legava si era rovinata sotto il peso delle frustrazioni e delle scelte sbagliate. Ma quel periodo è alle spalle e la band ha proseguito con ancor più slancio la sua attività.

Con riferimento, invece, al vostro penultimo disco, ‘Rock The Evil’ (edito nel 2014 per la Metal Tank Records – n. d. r.), quali sono le principali differenze a livello soprattutto compositivo, sonoro e di produzione rispetto a ‘Natural Born Sinners’? ‘Rock The Evil’ è un album “vecchia scuola”. Eravamo in tre, con un basso che fungeva da seconda chitarra, un’influenza ancora stoner, legata a un certo modo di fare musica più ’70, con diverse parti di assolo sia di basso che di chitarra, spesso alternate. ‘Rock The Evil’ è stato registrato così come l’avremmo suonato successivamente dal vivo, senza sovraincisioni delle parti ritmiche, nessun coro aggiuntivo o altro che non avremmo potuto riproporre su un palco con il power trio. In particolare, è un album che ha avuto una gestazione compositiva lunga e non programmata, erede del periodo in cui la nostra unica preoccupazione era inanellare una serata dopo l’altra, ovunque e a qualunque prezzo. Non pensavamo ai contratti discografici, né al disco in sé ma ad avere un pugno di canzoni da sparare a tutto volume da un palco. ‘Natural Born Sinners’ invece è stato scritto nel giro di un paio di mesi e registrato in una ventina di giorni (nonostante tutto). Avevamo un cronoprogramma per l’uscita e i tour che avremmo voluto rispettare. Ci demmo un “metodo” compositivo e trascorrevamo molto tempo in sala prove per rifinire il tutto prima dell’entrata in studio, un periodo in cui non abbiamo visto live, a differenza di ‘Rock The Evil’ che abbiamo iniziato a incidere un giorno dopo due date spettacolari in Austria. ‘Natural Born Sinners’ è sicuramente stato il nostro primo approccio professionale alla produzione, dalla scrittura fino alla pubblicazione, al netto delle problematiche di cui sopra.

Ho letto che la titletrack del vostro secondo full lenght, ‘Rock The Evil’ per l’appunto, è stata inserita nella colonna sonora ufficiale del film statunitense ‘Dead In Time’ con Michael Madsen ed il wrestler Colt Kabana. Come siete riusciti in questa fantastica impresa? Questo ambizioso traguardo è riuscito in qualche modo a farvi conoscere anche oltreoceano? Come spesso accade in questi casi, è successo tutto per caso. Un nostro amico, Luigi Ferri, lavorava alla colonna sonora del film ed ha ben pensato che il nostro brano fosse perfetto per l’atmosfera adrenalinica di questo action movie. Per noi è stato emozionante anche se ad oggi non ho visto il film perché non è stato ancora distribuito sulle piattaforme streaming che ho a disposizione. Non credo arriverà mai nei nostri cinema, però un giorno mi piacerebbe vedere e sentire l’effetto che fa avere un pezzo inserito in un film. Sarebbe comunque una cosa che mi piacerebbe molto ripetere o, addirittura, scrivere qualcosa che approfondisse il nesso fra la nostra musica e il video. Chi sa… Sul fonte americano non posso fare una stima certa, ma sicuramente in quel periodo abbiamo avuto diversi contatti in più sui nostri social con metalhead e radio statunitensi.

Con riferimento all’attuale difficile periodo per la musica live, nella speranza che si possa ritornare presto in tour e a partecipare ai concerti, state già pianificando qualche data estiva anche in piccole location? In estate purtroppo no. Qui al sud siamo completamente tagliati fuori da qualsiasi giro. Fra Roma e centro nord vedo rifiorire tante iniziative, ma i gruppi chiamati sono tutti di quelle zone, pare per abbattere i costi. Da un lato è una cosa molto onesta da parte dei gestori dei locali che in questo momento non possono impegnare molte risorse, quindi è giusto che si provveda con soluzioni che taglino almeno i costi di trasporto. Sarebbe stata una grossa ipocrisia d’altronde lamentarsi per la morte del settore e poi approfittare della sete di concerti per far esibire band gratis, cosa che ha fatto sciogliere tante formazioni valide. Ma al di là di questi problemi, il mio augurio è che il pubblico finalmente muova il culo, così che i locali possano ospitare con tutti i crismi musica da ogni dove, invece di far suonare sempre gli stessi nomi.

Sempre in relazione ai concerti, ho visto che avete recentemente annunciato anche un tour europeo di supporto agli Imperial Age con al momento sei date (due in Belgio e quattro nel Regno Unito – n. d. r.). Quali sono i vostri auspici? Siamo molto entusiasti e carichi per queste date, anche perché in parte ci ripagano dei due tour che abbiamo perso ad aprile e maggio 2020. Saremmo dovuti andare in Inghilterra (pre-brexit) e in Europa dell’est. Gli Imperial Age sono una band abbastanza famosa e contiamo di “rubare” loro un po’ di fan, così come è successo quando abbiamo suonato con Doro e Udo. Più che altro, è il primo passo per riaprire un discorso interrotto tempo fa fra ritardi nell’uscita del disco, tour saltati, elementi scappati via, che ci ha fatto rallentare enormemente e perdere tante occasioni!

Recentemente siete entrati a far parte della scuderia Rock On Agency! Com’è nata questa importante partnership? Quali le vostre aspettative in merito? Il tour con gli Imperial Age è esattamente il primo frutto nato dopo l’entrata nel roster della Rock On Agency. Conoscevo Gaetano Amodio dei DragonhammeR da molto tempo e sapevo dell’agenzia per la quale si occupa del booking. Ma l’occasione è stata creata da un’amica comune, Tiziana Arnese, la mastermind della community Metal Underground Music Machine che ci ha messi in contatto. Le aspettative sono molto alte perché so che lavorano bene, hanno diverse persone nello staff e numerosi contatti con promoter italiani ed europei. L’obiettivo è di suonare tanto e far crescere il numero dei nostri fan, e calcare palchi sempre importanti. Avere qualcuno che si occupi dei rapporti con la stampa, indirizzi flussi sui tuoi social, prenda accordi con i promoter è fondamentale. Oramai non se ne può più fare a meno anche perché il tempo non ce l’hai, pur volendolo impiegare. O suoni o fai tutto il resto, “lavoro serio” compreso.

A distanza di due anni dall’ultimo album, ‘Natural Born Sinner’, visto anche il recente cambio in lineup, state già lavorando al sequel discografico? Potete darci qualche piccola anticipazione a riguardo? Quando la data di una sua possibile uscita? Siamo molto combattuti sulla forma che dovrà avere il prossimo album, se essere un full o un ep, se avere anche un supporto fisico o solo digitale, se vinile e streaming… Abbiamo alcune idee, ma la situazione cambia così rapidamente che è difficile essere sempre pronti. Tutto è legato inevitabilmente a quanti live riusciremo a programmare. I concerti per noi (come per la stragrande maggioranza delle band) significano vendite. Se non suoniamo dal vivo difficilmente riusciamo a vendere cd, un po’ perché le uscite discografiche sono tantissime, un po’ perché le spese di spedizione sono tremende. E poi c’è quell’impagabile spinta emotiva che ti porta al banco del merch appena la band ha smesso di maciullarti i timpani ma tu ne vuoi ancora… E allora compri il loro cd. Siamo spesso stati sopraffatti da una qualche legge di Murphy… Se avevamo l’ep volevano il cd, se avevamo il cd volevano anche la t-shirt, se avevamo cd e t-shirt volevano il vinile da collezione, le spille e le bamboline voodoo… Per quanto riguarda il nuovo capitolo, sto abbozzando nuovo materiale, ma la “scintilla” non ha ancora fatto scoppiare l’incendio che darà vita al prossimo disco. Sul tema posso anticiparti che ho già pronti almeno due filoni tematici, su “spirito” e “morte”, alcuni testi già sviluppati con i ritornelli, tanti appunti di antropologia e vecchie storie, ma sono degli embrioni.

Rispetto sempre ai vostri progetti musicali paralleli ai COW, in quali band o gruppi siete attualmente coinvolti? Niente degno di nota dal punto di vista della continuità, soprattutto un po’ di cover giusto per sbarcare il lunario. Chitarrista, bassista e batterista sono laureati al conservatorio e si trovano spesso a suonare in formazioni estemporanee, ma nessun gruppo vero e proprio con musica inedita. Personalmente sto pensando ad un paio di progetti solisti, quasi a livello di one man band, per snellire al massimo possibile l’organizzazione del tutto e dare corpo ad alcune cose che nei Circle non avrebbero la giusta collocazione stilistica. Per ora sono idee, anche abbastanza concrete, che restano chiuse con le catene in una bara. Il problema è che starei volentieri a scrivere e suonare per lunghi periodi, ma devo frenarmi per non correre il rischio di avere altrettante opere incompiute, crisi depressive e frustrazioni.

Avete invece pensato di coinvolgere in particolare qualche artista che conoscete come special guest in futuro? Con quale musicista vi piacerebbe collaborare, italiano o della scena internazionale? La sparo grossa. Un sogno sarebbe lavorare con Andy Sneap per uno dei prossimi album. Più realisticamente credo che voleremo molto più basso, forse senza nemmeno ricorrere alla figura del produttore. Probabilmente sperimenteremo delle collaborazioni con i tanti amici della scena italiana. A me in generale piacerebbe molto dare corpo ai tanti contatti che abbiamo stretto lungo gli anni. Molto probabilmente chiederò una mano al Boia de La Janara, Nicola, con il quale siamo grandi amici e condividiamo la passione per numerosi gruppi. Ma non dirglielo, è ancora un segreto…

A proposito, durante la vostra longeva carriera (essendo attivi dal 2004 e con alle spalle comunque anni ed anni di gavetta – n. d. r.), avete avuto l’onore di condividere importanti palcoscenici in compagnia di mostri sacri del calibro di Candlemass, Doro, Udo Dirkschneider, Russell Allen (Symphony X), Dark Tranquillity, Pestilence, Death SS, solo per citarne alcuni. Quali ricordi più belli avete condiviso con loro? Con quali di questi artisti in particolare avete avuto modo di conoscervi personalmente? Da questo punto di vista, più che il palco abbiamo diviso diverse volte il camerino o l’albergo con alcune di questi big. Forse è la parte più bella dei live, quando puoi “studiare” da chi ha fatto tanto più di te. Per me è la situazione migliore perché suoni davanti a un pubblico enorme, hai lo stimolo a conquistartelo, poi puoi goderti gratis e in posizione privilegiata il concerto di musicisti professionisti che hai sentito solo su disco. In più ci parli prima e dopo, scambi consigli (per quello che possiamo suggerire noi), apprendi tanti trucchetti. Ci sono alcuni artisti che sono blindati, soprattutto prima dello show, come Jinx dei Coven, che arrivano direttamente sul palco. Doro invece ci stupì perché ci incrociammo nell’albergo a Mosca dove pernottavamo e fu lei a venirci incontro a salutarci mentre andava via. Ci chiese se eravamo il suo supporto e ci augurò buona fortuna, fu molto molto alla mano. Con i musicisti di Udo trascorremmo una notte nella hall del hotel dove pernottavamo bevendo, parlando e facendo foto stupide. Fra una birra e una vodka, ci confidarono quello che tutti noi “non iniziati” sospettavamo essere “IL” metodo che usano tantissimi musicisti per rispettare i tempi serrati di composizione. Basta prendere un pezzo di una band alla quale sei affine, suonare le parti che ti piacciono, cambiare un po’ di note e arrangiamenti, e hai un nuovo pezzo. Da questo punto di vista, è  più edificante poter scrivere quando hai voglia e ispirazione, in maniera molto romantica e senza pressioni. Però il lavoro è lavoro e la musica non fa eccezioni. Allen invece era una persona molto diversa fra palco e backstage, mi diede l’impressione di avere un’ombra molto greve sulle spalle quando siamo stati nel dietro le quinte e parlava con delle persone, abbastanza introverso e tormentato, come se facesse trasparire una certa rabbia, mi colpì questo. Abbiamo suonato insieme nel 2017 per il suo tour di beneficenza per raccogliere fondi per l’autismo e pochi mesi dopo ebbe quel grave incidente che l’ha segnato. Gli scrissi per sapere come stesse e mi rispose dopo diverso tempo con un lapidario “Recovering…”. Ha una voce straordinaria in potenza ed estensione come pochi. Quando invece suonammo in Germania in un festival dove c’erano, fra gli altri, i Dark Tranquillity, vedemmo il batterista che iniziava a fare flessioni quasi un’ora prima del concerto, mentre gli altri se ne stavano pigri a gironzolare fra gli stand e a bere birra calda. Il cantante Mikael Stanne chiacchierò diverso tempo con noi e altre band (i camerini erano dei semplici gazebo chiusi ai lati, sistemati su un prato secco appena tagliato). Parlavamo veramente del più e del meno, del caldo, del mal di gola, delle pile scariche dei microfoni, della necessità di avere un’auto in Italia per muoversi, cose così…

Sul tema della scena rock e metal tricolore, avendo avuto l’opportunità di esibirvi anche all’estero, quali sono a vostro modesto parere le principali divergenze o difficoltà riscontrate soprattutto rispetto a paesi quali Germania o Est Europa? E’ una questione solamente culturale? Cosa pensate del fenomeno Måneskin? Sì, immagino sia una questione principalmente culturale. In Italia si bada molto alla forma più che alla sostanza. L’affaire Maneskin ne è l’esempio. E’ vero, hanno avuto lo slancio da un talent, probabilmente il posto meno adatto dove cercare cose che abbiano un po’ di punch sonoro e vita discografica, hanno vinto Sanremo che non è assolutamente il tempio del rock… Ma la loro è una buona proposta soprattutto se messa a confronto con la melma di cui si nutre l’ascoltatore medio dello stivale. Noi non ce ne siamo accorti ancora, eppure loro si esibiranno su palchi dove noi band italiane solo con molta difficoltà potremo arrivare. Merito del management, sicuro, ma anche dei ragazzi che hanno la giusta attitudine, costruita o meno che sia… Puoi pagarti tutto, anche le partecipazioni ai festival, ma una volta che sei sul palco, se fai schifo sei finito, non c’è playback o slot che tenga. Bene o male è sempre il pubblico lì sotto che decide se portarti in trionfo o farti cadere nella polvere. E i ragazzi hanno una bella carica, a differenza di tanti “cani morti” che sul palco fanno l’esercizietto alla chitarra, il gorgheggio al microfono ma non riescono a coinvolgere nessuno perché suonano pensando di stare sotto esame e far vedere quanto sono bravi. Non è così. Suonare è come fare sesso col pubblico, devi dare per ricevere, scambiare, avvinghiarti e sudare, tanto. I Maneskin scopano come farebbe un adolescente che ha ancora un po’ di inesperienza ma di sicuro molti dei loro detrattori sono degli onanisti incalliti. Intendiamoci, non sono fra quelli che pensano che una sola band possa trascinare tutto il mercato. Ma magari possono ri-accendere il riflettore sulle tantissime band che fanno rock in tutte le salse, un riflettore spento alla fine degli anni ’90.

Ragazzi, vi ringrazio come sempre per la vostra disponibilità ed è stato per me un vero piacere rincontrarvi nuovamente, seppur a distanza! Avete un ultimo messaggio per i vostri followers ed i lettori di VeroRock.it? Ringraziamo te per questo nuovo giro di danza che ci hai offerto, è sempre un piacere rispondere alle tue domande. Ai vostri lettori chiedo di riscoprire il piacere della musica inedita, di scavare nella palude in cui siamo immersi noi gruppi “emergenti”. Se siete arrivati qui, al fondo dell’intervista, vuol dire che avete una marcia in più, non vi accontentate del solito pastone con cui ci ingozzano le major. Voi, e solo voi, avete il potere di far rinascere la scena venendo ai concerti, incontrandovi con altri appassionati, facendo massa, sostenendo i locali e le band. Solo così anche in Italia ci saranno sempre più concerti da nord a sud, non solo i grandi happening che costano un occhio della testa. Ai piccoli concerti potrete vedere e parlare con chi la musica la vive sulla carne, strappando tempo al tempo, senza mediazioni, senza roadie o guardie del corpo, tempi contingentati per parlare… Sta a voi. Noi ci siamo. Stay witchered!

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