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Interviste SOMMARIO

VALAR MORGHULIS: un viaggio tra mito e leggenda!

Tra le tante giovani realtà del panorama metal estremo tricolore, certamente i lombardi Valar Morghulis rientrano a pieno titolo tra le band che meritano una giusta considerazione. Nati tra le foschie dell’inverno 2017, i Valar Morghulis escono dalle nebbiose terre che circondano Milano. Nel 2016 i chitarristi Luca Mapelli e Lorenzo Pagani uniscono per la prima volta le forze col bassista Roberto Banfi e al batterista Valerio Villa. Il progetto ha vita breve a causa della partenza di Valerio verso le coste svedesi. Una volta tornato, Vale e la cantante Isobelle riesumano il progetto dalle ceneri: la formazione dei Valar Morghulis è completa! Unendo le varie influenze di cinque musicisti con diverse esperienze nella scena heavy, la band sviluppa velocemente un metal che unisce pesanti riff, oscure melodie, e testi che intrecciano epicità e oscurità, guidati dalla voce femminile principale contraltare di cori, screams, growls.
Dopo 10 mesi di duro lavoro, nell’ottobre 2017 i Valar Morghulis auto-producono il primo EP, “The Origins”, seguito da una serie di live nella scena metal lombarda, di supporto a band epic e melodic death metal quali Ulvedharr, Ephyra, Mechanical God Creation, Hell’s Guardian e molte altre. Nella primavera 2019, la band registra il primo full-length, “Fields of Ashes”, la cui uscita è prevista per Novembre 2019.
Entrati lo scorso mese di Febbraio nel variegato e corposo roster dell’agenzia di booking & management Rock On Agency, la band è alle prese con la lavorazione di nuovo materiale, nonostante la pausa live forzata a causa della perdurante pandemia di covid-19. L’attuale lineup è composta rispettivamente da: Isobelle (voce), Rob Banfi (bass, clean and screamed vocals), Luca Mapelli (guitar, growl vocals), Lorenzo Pagani (chitarra) e Valerio Villa (batteria). E’ stato un piacere per noi di VeroRock Italia contattare la i due cofondatori Rob e Luca per parlare con loro dell’evoluzione stilistica del gruppo, del loro ultimo album in studio e dei progetti futuri!

Buonasera Ragazzi, grazie per dedicarci un po del vostro tempo! Senza indugiare partiamo subito dalle domande. Quando e come nasce la band?
(Luca): la primissima idea di una band simile nasce nel 2016, con Rob (basso), Luca e Lorenzo (chitarre) che si trovano per suonare cover dai Satyricon agli Amon Amarth, ma il progetto è accantonato perché Valerio (batterista designato) deve partire per la Svezia. Circa un anno dopo, l’idea riparte da Vale stesso e Isobelle (voce) che in un pub propongono a Luca una band con un’impronta epico-melodica (le prime cover sono di Nightwish, Ensiferum, Manowar). Luca coinvolge Rob e Lorenzo: nascono i Valar Morghulis.

Siete cinque musicisti con diverse esperienze, com’è stato unire le vostre forze per il progetto “Valar Morghulis”?
(Luca):
 in alcuni casi è una sfida mettere insieme tutte le nostre idee, ma il fatto che abbiamo esperienze e influenze diverse fa sì che possiamo tutti portare qualcosa. Tra noi c’è chi è più ispirato dall’heavy o dal melodic death metal, ma anche chi ama generi più estremi, come il black. Il filo conduttore è questa cappa di oscurità che grava su tutti i nostri pezzi: che parlino di leggende, fantasy, storia, natura, cerchiamo di trovare la prospettiva cupa di narrare ogni racconto.
(Rob): inizialmente c’era solo la voglia di cimentarsi in qualcosa di diverso e divertirsi. Il primo brano che abbiamo composto assieme “Dreadfort” ci ha fatto dire: “Forse ne può uscire qualcosa di molto interessante”.

Il nome “Valar Morghulis” rimanda alla serie tv fantasy “Il Trono di Spade” ed è una delle frasi pronunciate da “Arya Stark” che significa “tutti gli uomini devono morire”/ “tutti sono mortali”. Cosa c’è dietro la scelta di questo nome così “imponente”?

(Rob): lessi i romanzi di Martin quando vennero pubblicati per la prima volta in Italia, vent’anni or sono. Il termine Valar Morghulis con la sua cripticità ha sempre avuto un grande fascino per me, ed ho sempre pensato fosse un nome perfetto per una band con determinate tematiche

(Luca): è un nome che riassume un po’ il filo conduttore dei brani: ogni luce ha una sua ombra, compresa la vita, che non ha un valore assoluto intrinseco. In “Where the Blackfish Dwell”, le creature si “aggrappano a fitte di vita” senza un apparente motivo; in “Darvulia” le vittime di Erzsebet Bathory pregano il cielo per una “fast death”“Queen of Hades” stessa è il mito dell’amore tra una dea di fertilità e il dio dell’oltretomba. Il concetto stesso del “gift of death” (il dono della morte) ripreso dagli Uomini Senza Volto che hanno come motto “Valar Morghulis” è calzante.

Il vostro sound spazia dall’ heavy metal all’epic metal passando per il melodic death metal, cosa ne dite in proposito, è corretto? Ci sono altri generi e/o sottogeneri che contaminano il vostro stile musicale? Ce ne sono alcuni che vorreste sperimentare in futuro? (Luca): prima di tutto, grazie per la definizione! Abbiamo sempre evitato di darci un genere stringente, in attesa che fossero altri a definire il nostro sound. Sicuramente è corretto: tutto quello che menzionate fa parte del nostro bagaglio, e ognuno di noi contribuisce con la propria esperienza. Qui e là si può trovare anche qualche accenno black melodico, più evidente in pezzi come Darvulia, ma in parte anche in “Blackfish” o “Dreadfort”.

(Rob): i generi servono alla stampa per dare un’idea del prodotto. Il volersi incanalare a tutti i costi decidendo a priori nel dettaglio “come” si vuole suonare l’ho sempre trovato limitante. Le proprie influenze usciranno comunque in ogni caso.

Ci sono delle band dalle quali vi sentite influenzati per creare la vostra musica?
(Luca): ci sono moltissime band da cui siamo influenzati, soprattutto considerato il nostro diverso bagaglio musicale. Se chiedessi a ciascuno di noi le band preferite, si passerebbe dal black a Maiden e Judas Priest, passando per Cradle of Filth, Nightwish, Amon Amarth… Alcuni ci danno i temi dark-epic, da altri prendiamo più melodia o il “riff” che non deve mai mancare.

Un album di otto tracce in cui i brani si susseguono tra racconti epici, drammi, oscurità, battaglie, tremendi fatti storici, miti e leggende: tutto questo è “Fields of Ashes” il vostro lavoro uscito nel 2019. Quale è l’effetto che volete che il disco susciti in chi lo ascolta? Quali sono le caratteristiche del sound dell’album?
(Luca): intanto vi ringraziamo per la domanda. Siamo contenti di essere riusciti a passare quello che è il mood del disco. L’effetto che speriamo di creare è quello di un viaggio appunto nei “Fields of Ashes”, tra varie storie legate tra loro dal filo conduttore di questo umore dark-epic. Abbiamo cercato di introdurre il paesaggio con un pezzo descrittivo come “Where the Blackfish Dwell” per poi raccontare varie storie, vere o fittizie, e infine chiudere con il “last stand” di “To the Walls”: la prima linea dell’album è “Life and death intertwine”, l’ultima è “Tonight meet your fate”. Poi ognuno può trovare la propria storia e vederci quello che vuole: non abbiamo la pretesa di lasciare un messaggio univoco a nessuno!

(Rob): ho sempre apprezzato gli album non eccessivamente lunghi, “meno è meglio” in molti casi. E da fan dei Maiden la formula di soli otto brani come “Iron Maiden” (non la ristampa con Sanctuary ovviamente) o “The number of the beast” la trovo azzeccatissima.

Come nasce una vostra song? Chi compone la musica e chi i testi?
(Luca):
 anche qui dipende molto. In “Fields of Ashes” la maggior parte dei pezzi parte da riff o idee dei chitarristi o di Rob, ma ci sono canzoni come “Queen of Hades” guidate da Isobelle. Luca e Rob più spesso scrivono i testi, mentre Vale riesce sempre a metterci del suo che non ti aspetti in ogni singolo brano.

(Rob): credo sia anche questo uno dei motivi fondamentali della varietà di “Fields Of Ashes”, lo scrivere in modo organico mette in gioco molte più variabili che non affidare la composizione di una singola persona.

Potete dirci qualcosa riguardo la vostra attività live? Qual è il concerto che ricordate con più soddisfazione e piacere?
(Luca): 
abbiamo cominciato a suonare pochi mesi dopo la nostra formazione, con il rilascio del nostro primo EP. Da allora abbiamo fatto vari live, forse il più bello dei quali è stato proprio il release party di “Fields of Ashes” al The One Metal Club, con tanto pubblico e molto coinvolto. Poi è sempre bello avere l’occasione di condividere il palco con band spettacolari della scena italiana quali Ulvedharr o Deathless Legacy, ma anche di ospitare gruppi dal resto d’Europa – per ora sempre tedeschi. Sicuramente la delusione più grande è stata invece l’annullamento del nostro show al Malpaga Folk & Metal Fest 2019, causa maltempo…Dovevamo aprire la giornata chiusa dai Finsterforst.

(Rob): anche quest’anno eravamo inclusi nella nuova edizione di Malpaga, e per il secondo anno non riusciremo ad esibirci. Sta prendendo la piega di una maledizione oramai.

Quali sono i vostri progetti a breve e a lungo termine dopo questo forzato periodo di stop a causa della pandemia “covid-19”?
(Luca): 
visto lo stop forzato, ci siamo buttati sulla composizione. Abbiamo molte idee in cantiere, quindi stiamo cercando di portarle alla luce. È comunque un vero peccato aver perso la stagione estiva, in cui avevamo programmato diversi concerti che attendevamo con ansia. Ci rifaremo l’estate prossima!

Grazie per il tempo che ci avete dedicato! Volete lasciare un messaggio ai lettori di “Vero Rock” e “Rock On Agency”?
(Luca): 
prima di tutto, vogliamo ringraziare sia Rock On Agency, che ci sta dando una grande mano, sia Vero Rock per questa occasione e per le domande non banali. Ai lettori diciamo sempre: non smettete di supportare la scena, soprattutto underground, in questo periodo! Abbiamo già visto diversi locali in cui abbiamo suonato chiudere i battenti in seguito a questa crisi, tante band sono in difficoltà. È importante supportare i nostri gruppi preferiti con merch, condivisioni, ascolti…insomma: come possiamo secondo i nostri mezzi! Così che si torni a suonare e pogare più forte di prima. KEEP ON ROCKING!

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