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Album 2024 Recensioni SOMMARIO

SIMONE SIMONS – Vermillion

SIMONE SIMONS – Vermillion
Anno 2024 – Voto: 9/10 *

Vermiglio: Colore rosso vivo, purpureo, prodotto da un minerale che si chiama cinabro costituito da solfuro di mercurio. L’antica parola latina “vermicŭlus” era il diminutivo di vermis, ovvero verme, perché simile al colore estratto dall’insetto omottero detto Kermes Vermilio. “Vermillion” ovvero “vermiglio”, è il titolo scelto per l’opera prima di Simone Simons, nota cantante della band orange degli Epica, icona del metal sinfonico.

Il richiamo ai capelli rossi della cantante è immediato, ed anche la copertina dell’album è rossa, così come anche le prime stampe in vinile. Simone viene rappresentata sul fronte della copertina come la Medusa della mitologia, con dei serpenti al posto dei capelli. La dea Atena temendo che la bellezza di Medusa fosse maggiore della sua la trasformò in un mostro che pietrificava chiunque la guardasse. Attraverso i secoli Medusa ha rappresentato la perversione intellettuale, l’altra faccia del bello che affascina e respinge, seduce e uccide. Con un tale impianto iconico e testuale, Simone parte nella sua avventura da solista con un partner d’eccezione: Arjen Anthony Lucassen, in arte Ayreon, mastermind del prog olandese. Infatti tutti i brani di “Vermillion” portano la sua firma nella stesura delle parti strumentali, mentre i testi sono affidati a Simone ed a Lori Linstruth , compagna e collaboratrice storica di Lucassen.

L’album si apre con “Aeterna” ed è davvero una dichiarazione d’intenti, la fusione fra le sonorità degli Ayreon ed il mondo lirico e barocco degli Epica. Una scala orientale sostenuta dai cori lascia spazio alla voce della Simons che narra in prima persona il destino della stella Aeterna che sta per diventare una supernova, una morte che porta ad un nuovo livello di esistenza rivelando contemporaneamente la profonda interconnessione con tutti gli elementi dell’universo. Se le sonorità e la narrazione scelte ci mettono in guardia su questo lavoro che potrebbe rivelarsi troppo impegnativo, tocca a le tracce seguenti cambiare un po’ tono. Infatti già la seguente “In love we rust” ha una linea melodica più cantabile, anche se la descrizione di un amore che finisce ha sempre un fondo amaro. In questo brano come in tutto il resto dell’album , è sempre presente una quota di elettronica negli arrangiamenti. In alcuni passaggi del brano inoltre non manca la presenza di una chitarra in stile floydiano che da un tocco di antica eleganza. Le sonorità più squisitamente Ayreon si rivelano in “Cradle to the grave” con il suo incedere prog metal e le evoluzioni melodiche tipiche del sound della band. Al brano partecipa la star del “melodic death metal” Alissa White-Gluz degli Arch Enemy che duetta con Simone mescolando il Growl ed il “canto pulito”, in una contrapposizione di toni che rende questo brano affascinante ed accattivante nello stesso tempo. Con “Fight or flight” abbiamo un deciso cambio di registro. Una voce etera su una base strumentale dal sapore gothic introduce una ballad delicata e misteriosa, sicuramente una delle canzoni più a fuoco di “Vermillion”.

Con “The weight of my world” si apre una sezione di tre brani con un sound più duro che si alternano a brani dai ritmi più pacati, brani dove al cocktail sonoro si aggiunge un elemento industrial e qualche soluzione alla Rammatein, senza mai perdere di vista la linea melodica del canto. “The weight of my world” si apre con la voce filtrata di Simone che canta alcune strofe in lingua olandese prima di passare al cantato in inglese nel coinvolgente ritornello sostenuto dal ritmo incalzante. L’alternanza con i brani più soft comincia con la delicata “Vermillion Dreams”, tra le più belle del lotto, con un cantato davvero emozionante e dei cambi ritmici molto interessanti. La canzone si chiude con una soluzione sonora molto in stile Ayreon. “The Core” vede la partecipazione del ringhio di Mark Jansen, collega e fondatore degli Epica. Il brano è molto ossessivo nel suo incedere quasi industrial e prog metal. Siamo in un territorio molto distante dall’universo sonoro al quale ci ha abituati Simone, un territorio di contaminazioni sonore che arricchisce il percorso degli artisti che vi partecipano.

Un breve tappeto elettronico introduce “Dystopia”, una traccia dal ritmo lento accompagnato da lunghe note di chitarra. Simone si cimenta anche nei coretti che accompagnano il suo cantato principale. Molto suggestivi i passaggi che richiamano alla memoria certe sfumature sonore dei Pink Floyd e dei conterranei The Gathering. Ma è con il penultimo brano che scoppia la bomba. R.E.D descrive i pericoli dell’AI che potrebbe, in un futuro non troppo lontano, rovesciare il dominio umano, prendere il sopravvento decimando e schiavizzando gli uomini: “The servants will become the masters”. La musica è quanto di più distante dall’universo sonoro degli Epica, meccanica, futuristica, dove l’elettronica sembra quasi sostituire l’attività umana: “We are a new revolution, a true evolution, we will dominate”. Torna il ringhio di Mark Jansen ed al coro partecipano gli Epica al gran completo recitando: “R.E.D. Rise, Evolve, Dominate.” Dunque, dopo un brano così devastante, come chiudere in maniera esemplare un lavoro tanto variegato e complesso? Credo che Simone abbia giocato bene la sua ultima carta riallacciandosi ai suoi fan storici. Ed ecco quindi “Dark night of the soul”, una splendida ballad semiacustica con pianoforte ed archi. La memoria corre verso i primi album degli Epica, dove apparivano delle ballad eleganti dal sapore gotico che lasciavano il segno. Inutile dire che anche questa volta non si può restare indifferenti e la canzone ci stringe il cuore.

In conclusione, come valutare questa prima opera in solitaria di Simone Simons? La qualità della musica scritta da Arjen Lucassen resta alta, ed anche la voce di Simone è sempre più matura e sicura di se nei suoi cambi di tonalità e di registro. Ma ciò che è interessante in questo progetto è il tentativo riuscito di allontanarsi dalle rispettive comfort zone per addentrarsi in sonorità nuove, mescolando prog metal ed elettronica. Tutto questo dà un senso diverso all’opera che non diventa un puro esercizio di stile ma un avventura sonora che richiede un ascolto più attento ed approfondito. “Vermillion” apre nuove prospettive per la carriera di Simone Simons, che speriamo in futuro possa regalarci altre opere altrettanto emozionanti ed innovative.

Line-up: Simone Simons: voce; Arjen Lucassen: chitarra, sintetizzatori; Rob van der Loo: basso; Koen Herfst: batteria; Guest: Ben Mathot: violino; Jurriaan Westerveld: violoncello; Peertu Kivilaakso: violoncello; Alissa White-Gluz: voce; Mark Jansen: voce; Joost van den Broek: pianoforte; John Jaycee Cuijpers: voci di sottofondo; Ariën van Weesenbeek: cori; Coen Janssen: cori; Isaac Delahaye: cori (traccia 9); Jasper Erkens: cori; Johan van Stratum: cori; Lori Linstruth: cori; Monique Hooft: cori; Peter Kettenis: cori.

SCHEDA *

ARTISTA: Simone Simons

TITOLO: Vermillion

ANNO: 2024

ETICHETTA: Nuclear Blast

GENERE: Progressive, symphonic, metal

VOTO: 9/10

PAESE: Olanda

Tracklist:

1. Aeterna

2. In Love We Rust

3. Cradle to the Grave

4. Fight or Flight

5. Weight of My World

6. Vermillion Dreams

7. The Core

8. Dystopia

9. R.E.D.

10. Dark Night of the Soul

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