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Live Report SOMMARIO

XXVII AGGLUTINATION METAL FESTIVAL: il live report della 27esima edizione!

CHIAROMONTE (PZ), Agglutination Metal Festival, 12/08/2023 – Come da tradizione, anche quest’anno siamo di nuovo qui a raccontarvi il resoconto della 27esima edizione dell’Agglutination Metal Festival, appuntamento al quale, per noi di VeroRock Italia, è impossibile mancarvi! L’evento in questione ha visto ben due ritorni memorabili che hanno reso allettante la kermesse. Il primo, relativamente alla location, nuovamente nello storico cortile delle scuole medie in Via Spaltro a Chiaromonte (PZ), dopo quella della scorsa edizione svoltasi invece al campo sportivo di Senise (PZ). Il secondo, con il comeback dei britannici Carcass che tornano all’Agglutination dopo ben nove anni dalla loro prima venuta in veste di headliner (esattamente in occasione della 20esima edizione, il 23 agosto 2014 in quel di Senise – n. d. r.).

Insomma, già solo queste due notizie possono essere utili per inquadrare lo spirito dell’ultima edizione dell’Agglutination appena svoltasi lo scorso Sabato 12 agosto 2023: rinnovamento e tradizione come nello spirito di un evento che è da sempre più di un semplice festival, vero e proprio appuntamento e luogo di ritrovo fisso per amici e appassionati di musica! Sempre un piacere rivedere tante persone, alcune che non si incontrava oramai da molto tempo, con le quali condividere emozioni “metalliche” in tutti i sensi, tra una birra e un panino per rifocillarsi tra un gruppo e l’altro. A proposito del bill di quest’anno, che dire? Indubbiamente variegato, come fortemente voluto da tutto lo staff dell’organizzazione, ma che ha saputo sicuramente soddisfare i gusti di tutti i presenti, anche i palati più esigenti. Dagli opener Coexistence, che hanno scaldato i primi arrivati con il loro sound in bilico tra progressive death metal ed extreme metal, ai salentini Essenza, dediti ad un hard’n’heavy senza compromessi, fino alla piacevole “sorpresa” (almeno per chi vi scrive – n. d. r.) dei Plakkaggio, con un’esibizione arrembante in pieno stile punk/hardcore, fino agli storici britannici Sacrilege, formazione di culto della NWOBHM, ai blacksters francesi Nocturnal Depression e ai già citati Carcass che non hanno certo bisogno di ulteriori presentazioni.

Anche in questa occasione, l’organizzazione e il service si sono rivelati all’altezza di un festival storico, e vale la pena ricordarlo anche tra i più longevi d’Italia e d’Europa, garantendo accessibilità e sicurezza a tutte le categorie d’utenza, ai giovani e ai meno giovani, con l’unico obiettivo di unire e “agglutinare” generazioni di metallari e non. In questo senso, un plauso va ancora una volta alla mente dietro questo festival (dal 2007 dedicato alla memoria di Alberto – n. d. r.), l’amico e fratello Gerardo Cafaro, che ha saputo superare le immancabili difficoltà del caso e personali per offrire a tutti noi un evento che certamente entrerà negli annali dell’Agglutination. Non ci resta quindi che augurarvi una buona lettura e rivivere assieme a noi, con il resoconto e le immagini del sottoscritto, questa giornata di festa all’insegna del metal, di tanta birra, ma soprattutto dell’amicizia che ci unisce e ci lega più che mai!

Coexistence

Dopo i saluti di rito con tanti amici e conoscenti e uno sguardo ai vari stands presenti quest’oggi, ci accingiamo a raggiungere il pit per gli addetti ai lavori quando intorno alle 17:00 inizia ufficialmente questa attesissima XXVII edizione targata Agglutination! Questa volta, l’onere e l’onore di aprire le danze tocca ai giovani toscani Coexistence, capaci di districarsi nel non facile compito di coinvolgere il pubblico delle prime fila. Si parte quindi con la tagliente “Collateral Dimension”, costellata da un drumming martellante su cui si staglia la voce graffiante di Mirko Battaglia Pitinello (voce e chitarra). Trattasi, come accennato in apertura, di sonorità affini all’ambito progressive death metal, con rimandi a colossi del calibro dei nostrani Sadist, degli storici Atheist, ma anche dei primi Opeth.

Con “Eclipse” siamo catapultati in una bolgia infernale, scandita dalla sezione ritmica composta da Christian Luconi (basso) e da Alessandro Formichi (batteria). Da sottolineare appunto la performance eccellente di Christian al Fertless così come dei restanti component, dotati di un’ottima tecnica strumentistica oltre che di un’apprezzabile capacità compositive. Terzo brano in scaletta, “Detach From The Abyss”, ci offre l’ennesima prova delle loro capacità, con pregevoli arrangiamenti curati anche da Leonardo Bellavista (chitarra) e da Mirko, sia nelle parti più tirate che nell’intermezzo quasi ambient. “Floating in The Celestial Wave” chiude il loro breve ma intenso set, con un’introduzione dal sapore soft e progressivo prima di debordare in un muro sonoro costellato da tempi dispari e ritmi serrati. Piacevole sorpresa averli scoperti e apprezzati, seppur per un breve lasso di tempo: i quattro ragazzi si sono dimostrati certamente all’altezza delle circostanze strappando più di qualche applauso meritatissimo!

Coexistence setlist:

“Collateral Dimension”

“Eclipse”

“Detach From The Abyss”

“Floating in The Celestial Wave”

Essenza

Si passa ora ad un sound leggermente più disteso ma non meno accattivante: ci troviamo di fronte ad uno storico act della scena metal italiana, attivo sin dal lontano 1993. Il loro è un sound di chiara matrice “old school” heavy rock, sulla scia dei teutonici Rage, solo per dare un riferimento più preciso: si tratta a tutti gli effetti di un connubio, alquanto riuscito, di sonorità prettamente settantiane (Rainbow, Judas Priest, Accept, ecc.) ed altre più vicine al power e thrash metal (Megadeth, Death Angel, ecc.). Ne è la testimonianza il brano di apertura, “Devil’s Breath” (dal loro omonimo full length del 2009 – n. d. r.), su cui Carlo G. Rizzello (voce e chitarra) sembra trasformarsi a tratti in una sorta di vero e proprio Mustaine, tanto per l’ugola quanto per il fantastic solo. “Rock’n’Roll Blood” sembra quasi una song uscita direttamente dai gloriosi anni Ottanta, con un groove che ti rapisce dal prima all’ultima nota, quasi vicina adirittura ai Mötley Crüe.

La seguente “The Song Inside” è un mid-tempo con i classici stop-and-go, supportati dal detonante Alessandro S. Rizzello (basso) e dagli stacchi precisi di Paolo Colazzo (batteria), mentre con “Edge Of Collapsed World” si torna su lidi più vicini al Bay Area sound. Mentre il parterre va lentamente riempiendosi, il trio leccese raccoglie non pochi apprezzamenti tra i presenti, grazie soprattutto alla capacità di non annoiare mai anche a livello di performance complessiva. Ci avviciniamo alla conclusione anche di questo set con la sinistra “(Universe) in A Box”, altro brano roccioso che riesce nell’intento di farci sbattere il fantomatico piedino e di scapocciare all’unisono alle transenne, e il finale affidato alla classicheggiante “Dance Of Liars”. Nonostante la loro ormai trentennale carriera, i tre moschettieri si dimostrano ancora capaci di ammaliare le schiere di metallari legati a sonorità vintage, pur mantenendo una loro fisionomia definita e “no compromise”, con un impatto diretto e sincero!

Essenza setlist:

“Devil’s Breath”

“Rock’n’Roll Blood”

“The Song Inside”

“Time (Keep My Memories Alive)” (non eseguita)

“Edge Of Collapsed World”

“(Universe) in A Box”

“Dance Of Liars”

Xenos A.D.

E dalla Puglia ci spostiamo ora in Sicilia con l’ingresso in scena dei thrashers provenienti da Agrigento, dediti ad un sound anch’esso old school sulla scia di colossi quali Slayer, Death Angel e soprattutto dei Megadeth. Pur avendo solo in tempi recenti cambiato il loro moniker (da Xenos appunto in Xenos A.D. – n. d. r.), i nostri sono tutti musicisti con anni alle spalle d’esperienza nella scena metal underground italiana, con all’attivo come gruppo ben tre full lenght, di cui il recente ed interessante ‘The Dawn Of Ares’ (edito dalla tedesca Iron Shield Records nel 2021). Il loro set ha quindi previsto l’esecuzione di brani estratti dal loro ultimo disco in studio e dal precedente ‘Filthgrinder’ (2020), oltre ovviamente ad un piccolo doveroso omaggio ad una delle band sopracitate che hanno costituito per loro un importante riferimento stilistico. Si parte dunque con la debordante “The Healer”, ultimo brano della loro recente fatica discografica, caratterizzato da un andamento tipicamente slayerano, tanto nel cantato quanto nell’approccio complessivo. In questo come in altri pezzi del calibro di “So Old, So Cold” e “The Dawn Of Ares” è innegabile non notare la grinta espressa dal leader della band, Ignazio Nicastro (voce e basso), mai domo su ciascuno dei brani presenti quest’oggi in scaletta.

Al contempo, tale energia è supportata dalla premiata ditta composta da Danilo Ficicchia (batteria) e da Giuseppe Taormina (chitarre), capaci di recepire e di rendere propria la lezione dei colossi della Bay Area. Dall’andamento molto in stile Testament la seguente “Filthgrinder”, altro brano capace di scatenare il putiferio tra le prime file, aizzate dal buon Ignazio ad ogni riff in uno scatenato e irrefrenabile headbanging! Ci avviciniamo alla conclusione di questa tempesta sonora con una chicca appositamente eseguita per tributare un Maestro del thrash qual è Dave Mustaine, con la riproposizione del classicone “Holy Wars” dei Megadeth: versione allungata che fa entusiasmare tutti i presenti e che riceve non pochi gradimenti. Ultimo sussulto sonoro, il finale affidato alla straripante “Interceptors” I cui riff incisivi chiudono una buona prestazione sugli scudi per un’altra realtà italiana da tenere in considerazione nel prosieguo del loro percorso. Per concludere con un loro motto: “No compromises, no fashions, no bullshits, just Thrash Metal at all!”

Xenos A.D. setlist:

“The Healer”

“So Old, So Cold”

“The Dawn Of Ares”

“Filthgrinder”

“Holy Wars” (Megadeth cover)

“Interceptors”

Plakkaggio

Giungiamo così al crepuscolo, mentre il parterre si va sempre più affollando di metalheads accorsi da ogni dove e anche da fuori regione, quando sale sul palco un altro gruppo che ha lasciato a dir poco il segno in quest’ultima edizione dell’Agglutination. Come per i precedenti Xenos A.D., anche per loro si tratta della prima partecipazione in assoluto a questa manifestazione: i cinque ragazzi provenienti da Colleferro (RM) hanno offerto una performance che verrà certamente ricordata negli annali del festival per l’intensità e l’energia profusa, nonché per la loro ironia e goliardia mai banale o scontata! La setlist ha previsto l’esecuzione di brani provenienti soprattuttodagli ultimi due album (‘Verso La Vetta’ del 2022 e ‘Ziggurath’ del 2015 – n. d. r.) e dai primi due, nel segno di un sound poliedrico, da loro stessi definito “New Wave Of Black Heavy Metal Oi!”, come l’opener di questa giornata! Si tratta infatti di sonorità puramente hard’n’heavy con rimandi ottantiani ma suonata con un’attitudine tipicamente hardcore/punk rock che li contraddistingue sin dagli esordi nel lontano 2007. Ci troviamo quindi di fronte ad una band godibilissima e soprattutto capace di mettere d’accordo anche le schiere più eterogenee di ascoltatori: dal punk amante di Ramones, The Clash, Offspring o Blink 182, al metallaro duro e puro della vecchia guardia!

Si passa poi alla fulminante “Palaeoloxodon Antiquus”, quasi una power-metal song in salsa italica, mentre “Colleferro” è un omaggio alla loro patria natia: Gabriele Calvano (voce e chitarra) riesce a divertire divertendosi assieme ai suoi compari Francesco Fiacchi (basso) e Valerio Marziali (chitarra). Altro brano tutto da gustare, “Verso La Vetta”, titletrack dell’ultimo disco, pur partendo in maniera soft si trasforma in una song grintosa contraddistinta da cori nel refrain centrale, seguita a raffica da “Missione Disagio” su toni quasi mid-tempati alternati a sfuriate in pieno stile punk e Oi! L’intro di synth/batteria di “Turbo Lover” dei Judas Priest introduce la successiva “Birra in Lattina”, vero e proprio inno dedicato agli anni d’oro dell’heavy metal quando la band di Rob Halford dominava le classifiche mondiali: classica easy song da ascoltare trangugiando appunto una birra fresca!

E dalle atmosfere tipicamente ‘80s si passa all’orientaleggiante “Ziggurath” in cui sono presenti brevi citazioni tratte da “Wherever May I Roam” dei Metallica nella parte iniziale e di “Powerslave” degli Iron Maiden sul finale. “Leggenda” (da ‘Approdo’ del 2012 – n. d. r.) e la seguente “B.P.D.” (dal loro secondo album ‘Fronte del Sacco’ del 2009 – n. d. r.) mettono in evidenza la destrezza della sezione ritmica, composta quest’oggi da Francesco e da Valerio Galassi (batteria) nonostante l’assenza del secondo bassista Chris Pomponi! “Rivolta” e “Granito” sono due ottime song che mostrano anche il loro lato più moderno, pur sempre restando nel solco sonoro che li contraddistingue, giungendo così alla conclusiva “I Nostri Anni”, cover degli 883 il cui testo però è stato appositamente riarrangiato per descrivere la vita di questi simpatici ragazzacci di Roma e dintorni che, sicuramente, hanno raccolto non pochi proseliti e un alto gradimento generale in questa tornata!

Plakkaggio setlist:

“New Wave Of Black Heavy Metal Oi!”

“Palaeoloxodon Antiquus”

“Colleferro”

“Verso La Vetta”

“Missione Disagio”

“Birra in Lattina”

“Ziggurath”

“Leggenda”

“B.P.D.”

“Rivolta”

“Granito”

“I Nostri Anni”

Sacrilege

Col sopraggiungere delle prime luci della sera, lasciamo la nostra Penisola per trasferirci direttamente nella terra d’Albione, con uno storico act proveniente da Gillingham (contea del Kent), tra i fautori principali della seconda ondata NWOBHM. Il combo capitanato dall’attempato fondatore Bill Beadle (voce e chitarra), fondatore e principale compositore della band, rappresenta indubbiamente una novità assoluta per questo festival che, dopo averci deliziato con gli storici Vanexa durante la scorsa edizione, porta un altro nome di culto della scena hard’n’heavy dei tempi d’oro. Il loro set si apre con una granitica “Pandemonium” (dall’omonimo ‘Sacrilege’ – n. d. r.) ed è subito un tripudio di applausi, grazie al loro appeal old school ma carico di tanto carisma ed energia.

Pur avendo avuto un lungo stop durato diversi decenni, i nostri sono attivi fin dal 1982 e lo si può testare dalle sonorità presenti nelle successive “Sanctuary” (dall’album ‘six6six’ del 2015 – n. d. r.), “The Court Of The Insane” (dall’ultimo album omonimo del 2019, di cui è stato girato anche un videoclip, diretto da Marco Paracchini – n. d. r.) o l’arrembante “Cry Of The Night” (dall’album ‘Sacrosanct’ del 2013 – n. d. r.). Oltre ai riff e soli granitici, condivisi con il compare Paul Macnamara (chitarra), il loro punto di forza è certamente costituito da una sezione ritmica di grande esperienza, costituita dall’accoppiata Neil  (Cozy) Turnbull (batteria) e da Jeff Rolland (basso).

“Ashes To Ashes” si districa su sonorità cupe e psichedeliche, per poi trasformarsi nella classica heavy song in cui si alternano parti veloci ad un ritornello più rallentato. Sempre dall’ultimo lavoro in studio, “Bring Out Your Dead” ci mostra il volto moderno dei quattro britannici, sempre però “fedeli alla linea” (o alle origini che dir si voglia). Con la sabbathiana “In Hell” e la rockeggiante “Rock ‘n’ roll with the Devil” ci avviciniamo anche alla fine del loro set, certamente apprezzabile e godibile anche se a tratti forse un po datato rispetto alle sonorità profuse dalle altre band presenti in cartellone. “Lies” e “Welcome To The Dragons Den” chiudono il sipario con una prestazione sicuramente positiva che viene giustamente riconosciuta da tutto il pubblico ormai sempre più folto e in trepidante attesa degli ultimi due gruppi in programma. Come recita il loro motto impresso sul pannello retrostante: “Ashes to Ashes, Dust to Dust, My Body My Soul My Creator’s Lust”!

Sacrilege setlist:

“Pandemonium”

“Sanctuary”

“The Court Of The Insane”

“Cry Of The Night”

“Ashes To Ashes”

“Bring Out Your Dead”

“In Hell”

“Rock ‘n’ roll with the Devil”

“Lies”

“Welcome To The Dragons Den”

Nocturnal Depression

E dall’Inghilterra passiamo ora in Francia per ascoltare dal vivo una delle band forse più attese dell’intera edizione. Si tratta di una realtà attiva oramai dal lontano 2004, artefice di un black metal atmosferico a tinte depressive: la vera mente e leader maximo dietro questo progetto è il carismatico e disponibilissimo Lord Lokhraed (voce e chitarra), accompagnato per l’occasione da Sattvahr (aka A.C. dei blacksters italiani Tulpa – n. d. r.) e dalla sezione ritmica dei nostrani Forgotten Tomb, Asher Rossi (batteria) e Algol Comerio (basso). “Tides of Despair” da il via alla loro esibizione che si rivela sin dalle prime battute intensa e catartica, proprio come la loro musica, a tratti quasi solare (viste le tonalità maggiori) e in altre circostanze a dir poco mortifera. Da ‘Spleen Black Metal’ (2015) viene proposta “Acédie”, introdotta da un pregevole arrangiamento di chitarra per poi entrare in una bolgia infernale, così come “Spring” (dal penultimo ultimo ‘Deathcade’ del 2017 – n. d. r.) a tratti quasi sincopata e ariosa sebbene il growl nel cantato talvolta tradisca trattando appunto di tematiche molto sensibili. “Nostalgia” si attesta su toni più dimessi nel suo lento incedere, quasi ipnotico in diversi frangenti ma non per questo noioso.

Ovviamente, ci tengo a precisare, si tratta di una proposta musicale la loro non accessibile a tutti, sia tra gli spettatori che tra gli addetti ai lavori: personalmente, pur non essendo un appassionato del genere in alcun modo, distante anni luce dai miei ascolti quotidiani, non posso di certo negare la particolarità della loro proposta, sicuramente apprezzata dai tanti appassionati presenti. Con l’atmosferica tempesta sonora di “When My Time Has Come to Die” passiamo, invece, direttamente alla titletrack dell’ultimo full lenght, il cui incedere quasi cullante per certi versi riesce addirittura accessibile anche ai non amanti del genere, come il sottoscritto.

Altro punto a loro favore, oltre ad essere per più di metà costituiti da membri di importanti act italiani assai conosciuti e apprezzati anche all’estero, l’umiltà e la spontaneità mostrata da Lokhraed, affabile e disponibile sia durante il meet&greet precedente il loro show, sia nel corso dell’esibizione quando tra un brano e l’altro scambia più di qualche battuta in un discreto italiano con il pubblico sottostante che sembra gradire lo sforzo. Ultimi sussulti prima dell’epilogo con la semi-ballad “Her Ghost Haunts These Walls”, molto godibile e a tinte quasi Dimmu Borgir, prima di “Dead Children” che chiude un’esibizione molto positiva che certamente ha saputo, almeno a tratti, rapire l’attenzione dei tanti presenti, nonché di un osso duro (e alquanto restio ad ascolti estremi) qual è il sottoscritto.

Nocturnal Depression setlist:

“Tides of Despair”

“Acédie”

“Spring”

“Nostalgia”

“When My Time Has Come to Die”

“Her Ghost Haunts These Walls”

“Dead Children”

Carcass

Arriviamo così alla vetta del bill di questa più che riuscita XXVII edizione, ritornando per lo Stretto della Manica in Inghilterra, con precisione in quel di Liverpool, per apprezzare nuovamente una delle formazioni storiche del melodic death metal a livello mondiale! Signori e signore, ecco a voi i Fab Four (non i concittadini The Beatles ovviamente – n. d. r.) calcare il palco accolti da un boato collettivo: primo tra tutti, Jeff Walker (voce e basso), sempre in forma così come ce lo ricordavamo oramai ben nove anni fa dalla loro prima apparizione all’Agglutination. Partenza affidata ad un brano dal loro capolavoro ‘Heartwork’ (1993), “Buried Dreams”, su cui si scatena il putiferio tra i fan presenti sotto palco, mentre il buon Jeff li arringa a più riprese con le sue consuete pose col basso. Dal loro recente ‘Torn Arteries’ (Nuclear Blast Records, 2021) viene eseguita a cascata “Kelly’s Meat Emporium” mentre con “Incarnated Solvent Abuse” si fa un viaggio nel tempo direttamente dallo storico ‘Necroticism – Descanting the Insalubrious’ (1991).

Esecuzioni dirette e ineccepibili, come solo i Carcass ci hanno abituato, con un Bill Steer (chitarra) sempre sul pezzo, capace di sfoderare riff e arrangiamenti di altissimo livello. Si ritorna all’ultima produzione con “Under the Scalpel Blade”, contraddistinta da cambi di tempo repentini eseguiti ottimamente da quel metronomo di Daniel Wilding (batteria, dal 2012 con la band – n. d. r.), mentre “This Mortal Coil” e la seguente “Tomorrow Belongs to Nobody” (dal sottovalutato, per l’epoca, ‘Swansong’ del 1996 – n. d. r.) suonano ancora attualissime, grazie sicuramente all’apporto della new entry James Blackford (già con i britannici Amulet – n. d. r.) capace di rinverdire il parco delle sei corde in sostituzione dei suoi predecessori Tom Draper e Ben Ash.

“Death Certificate” suona sempre come una sentenza, devastante come pochi altri brani, una vera e propria devastazione sonora eseguita con perizia tecnica ma soprattutto tanta grinta ed empatia con l’intera audience! Breve tuffo nel presente con “Dance of Ixtab (Psychopomp & Circumstance March No. 1 in B)”, una sorta di marcia marziale in salsa extreme metal, sorretta da poderosi riff di chitarra a tratti quasi stoner. Immancabile in qualsiasi loro scaletta l’accoppiata “Black Star / Keep On Rotting in the Free World”, sempre godibili anche a distanza di anni e richieste a gran voce dai numerosi fan giunti da ogni dove per riabbracciare ancora una volta i propri beniamini. Altro estratto del loro ultimo disco, “The Scythe’s Remorseless Swing” (di cui è stato anche girato un videoclip – n. d. r.) appare forse un po scialba rispetto alla produzione storica ma sempre suonata con tanta classe ed energia da vendere. Siamo quasi agli sgoccioli, quando “Corporal Jigsore Quandary” ci catapulta nei primi anni Novanta, con la sua verve in grado di destare l’attenzione anche dello spettatore più sonnolento vista l’ora.

Con l’altra accoppiata “Ruptured in Purulence / Heartwork” sembra essersi concluso definitivamente anche la loro performance, quando ecco i nostri venire richiamati a gran voce da tutto il pubblico per un ultimo richiestissimo bis finale. Tra un ringraziamento e un saluto ai tanti sostenitori presenti, Jeff ci accompagna sulle note della primordiale “Exhume to Consume”, altro manifesto sonoro dei loro primi anni (dallo storico e ancora acerbo ‘Symphonies of Sickness’ del 1989 – n. d. r.), così come la seguente “Tools of the Trade” (dal loro omonimo EP del 1992 – n. d. r.) prima del gran finale affidato alla martellante e tagliente “316L Grade Surgical Steel”, sulla quale Jeff e compari ci danno il loro definitivo saluto che sugella l’ennesima prova magistrale di una band che ha scritto pagine e pagine di storia della musica estrema internazionale!

Carcass setlist:

“Buried Dreams”

“Kelly’s Meat Emporium”

“Incarnated Solvent Abuse”

“Under the Scalpel Blade”

“This Mortal Coil”

“Tomorrow Belongs to Nobody”

“Death Certificate”

“Dance of Ixtab (Psychopomp & Circumstance March No. 1 in B)”

“Black Star / Keep On Rotting in the Free World”

“The Scythe’s Remorseless Swing”

“Corporal Jigsore Quandary”

“Ruptured in Purulence / Heartwork”

Encore:

“Exhume to Consume”

“Tools of the Trade”

“316L Grade Surgical Steel”

Tirando le somme, nonostante le premesse non proprio positive che si preannunciavano a poche settimane dalla vigilia del festival (in particolare il famoso TBA non ancora annunciato e conseguentemente eliminato nel bill – n. d. r.), possiamo parlare invece di un’edizione veramente riuscita sotto tutti i punti di vista: organizzativo, gestionale, a livello di suoni, di servizi offerti e in generale di tutto il duro e difficile lavoro profuso da tutto lo staff dell’Agglutination. Al contrario delle maldicenze, dei pigri non presenti e degli aimè non pochi detrattori, ancora una volta è Gerardo ad aver vinto contro tutto e tutti, in un anno per lui non certo facile, dopo la scorsa edizione forse un po sotto tono rispetto alle aspettative e alle difficili situazioni in cui la vita ci pone quotidianamente. Un altro aspetto vincente è stata sicuramente la scelta delle band, note e meno note, tutte di grande qualità e che hanno saputo, chi in un modo chi in un altro, ammaliare gli spettatori presenti. A proposito di questi ultimi, tasto come sempre dolente, pur non raggiungendo le vette di alcune edizioni precedenti, lascia sicuramente ben sperare per il futuro prossimo a venire, sperando di rivederci tra un anno sempre qui a Chiaromonte, sempre nel nome dell’Agglutination!

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