GRUPPO: LaCùra
TITOLO: Tra Ignoranza e Realtà
ANNO: 2021
ETICHETTA: DELTA Records & Promotion
GENERE: Alternative Rock/Hard Rock
VOTO: 7,5/10
PAESE: Italia
Ammetto che ho sin da subito nutrito una forte curiosità, unitamente a più di qualche naturale e comprensibile dubbio, rispetto a questa nuova, interessantissima ma soprattutto originale proposta musicale tutta made in Italy. Già il fatto della mancanza di una foto ufficiale di gruppo (la cui spiegazione però è stata direttamente esposta dalla band sulla loro pagina ufficiale di Facebook – n. d. r.), opportunamente sostituita da un’immagine emblematica e rappresentativa, disegnata dall’artista Diego Pagani (che ha curato tutte le grafiche di questo EP), è risultata sul momento una scelta che oserei definire semplicemente inusuale, forse spiazzante per chiunque abbia la curiosità di accostarsi a questo progetto innovativo. Un altro aspetto, non da sottovalutare, che ha altresì destato stupore è relativo al numero ed alla durata esigua dei brani presenti in questo estratto: soli quattro brani per un totale di poco meno di diciassette minuti. Purtroppo le mie perplessità, fortunatamente smentite sin dai primi ascolti, è dovuta naturalmente alla disabitudine che oramai la maggior parte dei fruitori di “nuova musica” percepisce dinanzi ad una proposta che si discosta nettamente dalla stragrande maggioranza dei prodotti recenti del panorama rock e metal underground tricolore e non. Abituati a visualizzare immagini su immagini di gruppo provenienti da set fotografici ed ultraritoccate, nonché a fruire di EP e full lenght composti a volte da un numero veramente eccessivo di brani (con la presenza ormai quasi fissa di bonus track ed alternative version varie), devo ammettere che si resta abbastanza straniti, di primo acchito, di fronte ad una proposta in apparenza misteriosa come la qui presente.
Questo ambizioso ed intrigante progetto, denominato appunto “LaCùra”, ha origine da quasi due anni, registrando nel suo organico musicisti dalle influenze ed esperienze musicali alquanto variegate ed eterogenee: ai fondatori Carlo Dones (basso) e Andrea Nurchis (voce) si sono successivamente aggiunti Umberto (batteria) e Gabriela (voce soprano). Ciascuno dei membri ha alle spalle anni e anni di gavetta nella scena undrground nazionale (Thee S.T.P., Quinto livello, Xternals), ragion per cui la nascita di questa formazione può essere vista come un vero e proprio esperimento sonoro, pur rimanendo saldamente inserita nell’ambito dell’alternative rock. La cosa che forse più di tutte risalta all’attenzione di chi vi scrive, e dell’ascoltatore più in generale, è certamente l’assenza di un chitarrista, affidando praticamente tutte le linee di accompagnamento e le parti soliste al debordante basso di Carlo, capace di destreggiarsi egregiamente in entrambe le circostanze. Al contempo, è altrettanto intrigante quanto anomala la presenza della doppia voce, con l’alternanza di quella più aggressiva e rock di Andrea a cui fa da contraltare quella lirica della soprano Gabriela. Devo ammettere che entrambe queste scelte mi hanno lasciato a dir poco spiazzato ancor prima dell’ascolto di questo breve ma intenso prodotto discografico. Il sound sperimentale proposto dal quartetto può essere inquadrato, con le dovute cautele del caso, nel panorama rock alternativo di metà anni ’90 anglosassone ed italiano, con un approccio sonoro che risulta ruvido e grezzo, ed un cantato totalmente nella lingua madre (vedasi forse i primi Blu Vertigo e Timoria, tra gli altri – n. d. r.).
Dal punto di vista lirico, i testi sono riferiti a temi ascrivibili alla realtà quotidiana moderna, riletti naturalmente in relazione alle esperienze e riflessioni personali, senza però esplicitarne possibili episodi, bensì cercando di “universalizzarne” il messaggio alla base. La profondità e l’attenzione riservata alle parole è riscontrabile già a partire dal moniker del gruppo, “LaCùra”, il cui significato è spiegato dagli stessi componenti sotto una duplice chiave interpretativa: da un lato, la necessità nel perseguire un progetto con meticolosità e forza di volontà, dall’altro, invece, l’aspetto di carattere sanitario e psicologico riferito nello specifico alla musica come soluzione e “cura dell’anima”. Insomma, tali premesse potrebbero, a ben vedere, scoraggiare o quantomeno rendere maggiormente difficile l’approccio dell’ascoltatore, anche se soltanto in apparenza. Soltanto dopo diversi ascolti è possibile percepire l’essenza di questo interessante ed innovativo prodotto, consigliato naturalmente ai più curiosi e a chi è alla ricerca di nuovi orizzonti sonori.
Con riferimento alla presente proposta musicale, nella seppur esigua durata di questo antipasto, è riscontrabile la presenza di elementi stilistici eterogenei, a volte anche dentro uno stesso brano. Nonostante la forte componente sperimentale presente nell’approccio compositivo, è però possibile rintracciare, al contempo, una linea di continuità presente in questi quattro estratti: il groove ruvido e graffiante della sezione ritmica, la dicotomia canora ed una cura maniacale per gli arrangiamenti. Sicuramente, la mancanza della sei corde è un elemento distintivo e caratterizzante sia il sound sprigionato che l’elaborazione compositiva.
L’apertura è affidata all’arrembante “La Vanità”, introdotta da un ruggente riff di basso su cui si innesta un martellante drumming, accompagnato dalla voce urlata di Andrea che denuncia appunto la “vanità umana che ci circonda”: altrettanto apprezzabile l’inserimento della voce altisonante di Gabriela nel refrain centrale. Da sottolineare lo stacco di basso nel bridge centrale, dove all’arrangiamento strumentale si unisce all’unisono la doppia voce dei due interpreti. Un brano che ben introduce tutti gli elementi che compongono questa proposta musicale e che ritorneranno, sotto varie vesti multiformi, nei tre pezzi successivi.
“Limite” è invece aperta da un tappeto di pianoforte caratterizzato da un’eco costante su cui si innesta la voce suadente femminile, mentre Andrea riesce ad offrire una prestazione canora su toni più introspettivi e lenti. Sebbene il brano sembra essere destinato a rimanere su tempi più tranquilli, questo intento iniziale è puntualmente tradito da un crescendo all’unisono che sfocia in un ritornello dal sapore totalmente rock, scandito da riff possenti e dalla rabbia cantata da Andrea, a cui fanno da controcanto una prova magistrale di Umberto dietro le pelli e di Gabriela nella coda finale, prima di tornare sui binari cullanti iniziali.
Con “Sciacalli” si ritorna su ritmi serrati, già a partire dall’apertura rocciosa delegata alla sezione ritmica, di chiara matrice hard rock settantiano (tornano alla mente addirittura i Deep Purple, soprattutto per il sound prodotto – n. d. r.), accompagnata subito dopo prima dalla voce di Andrea e poi dal controaltare di Gabriela: rispetto ai precedenti, questo brano risulta forse maggiormente diretto come impatto complessivo, e certamente potrebbe costituire uno dei momenti di maggiore intensità se riproposto in sede live. Anche in questa circostanza, il bridge centrale è disegnato da furenti linee di basso, a cui risponde un’altra prova sugli scudi di Umberto! A livello lirico, i testi sono una vera e propria denuncia verso i cosiddetti “arrampicatori sociali”, presenti aimè mai come oggigiorno in tutti gli ambiti ed i contesti sociali: la band riesce però ad affrontare ancora una volta questa tematica attuale attraverso una chiave di lettura universale, senza alcun esplicito riferimento preciso.
Il presente EP si conclude con la finale “Specchio”, aperto da uno stacco di batteria, dove si rimane a livello stilistico su lidi maggiormente hard rock, sia nelle strofe che nel ritornello centrale, con alcuni rimandi anche allo psychedelic/acid rock di fine anni Sessanta (penso ai primi Iron Butterfly della celeberrima “In-A-Gadda-Da-Vida” – n. d. r.). Nella sezione centrale del brano è apprezzabile il groove elaborato da basso e batteria in un intreccio variegato, su cui la prova di Andrea ricorda, con i dovuti distinguo, ricorda a tratti le sperimentazioni liriche dell’immenso Demetrios Stratos sia nell’intonazione quasi “parlata” che per il lirismo raggiunto. Si riprende così sulla falsariga iniziale, per terminare poi in una coda che vede come principale protagonista la voce di Gabriela, su registri davvero ammirevoli. Anche qui, grande cura degli arrangiamenti strumentali che costituiscono certamente un elemento fondamentale nell’economia del gruppo.
Tirando le somme, questo breve ma intenso EP riesce nell’arduo intento di presentarci una nuova ed interessante realtà musicale nell’ormai saturo panorama underground rock e metal tricolore. Come già detto in apertura, erano tante le perplessità che attanagliavano i pensieri del sottoscritto inizialmente, soprattutto per l’originalità ed unicità mnostrata da questo inusuale progetto. Musicalmente parlando, credo ci siano tutte le premesse per apprezzare un prossimo full lenght discografico del quartetto piemontese, in particolar modo per la varietà stilistica qui proposta che però non tradisce in alcun modo un sound in via di definizione ma già di per se ben riconoscibile nell’imprinting di base. Naturalmente, questo non è certamente un prodotto accessibile a chiunque, necessitando più e più volte ascolti ripetuti per entrare in profondità, sia dal punto di vista delle composizioni che dei testi elaborati. Non posso che concludere complimentandomi con la band per le capacità sin qui mostrate ma soprattutto per aver reso affascinante ed appassionante un prodotto di non facile fruizione!
Tracklist:
1) La Vanità
2) Limite
3) Sciacalli
4) Specchio
Lineup:
Andrea Nurchis: Voce
Gabriela: Voce Soprano
Carlo Dones: Basso
Umberto CZ: Batteria