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Live Report

ROCK IN PARK ON THE ROAD, Roma, 07/04/19 – Il report della seconda serata con i Dark Quarterer

Al termine di una prima fantastica serata, nell’ambito della premiere capitolina del Rock In Park On The Road, passiamo così all’epilogo di Domenica 7 Aprile 2019: siamo di nuovo al Let It Beer di Roma, pronti per la seconda razione di musica targata Rock In Park 2019. Il palco questa sera sarà calcato da altre tre compagini musicali, molto variegate fra loro: nell’ordine avremo infatti gli Your Next Mistake, i Poemisia e per concludere gli storici epici Dark Quarterer. Che le danze abbiano inizio!

Your Next Mistake

Un’intro melodica di chitarra, un po’ in sordina, accende i motori dei Your Next Mistake: la partenza è affidata a “We Die Alone”, Simone con la sua voce colorata di anni 80, ci accompagna in un brano fatto di melodie accattivanti in cui si mischiano hard & heavy, quanto basta, per adulare chi ascolta.
L’essenza melodica continua con “Your Next Mistake”: pezzo omonimo, in cui sono presenti anche dei bei cambi di atmosfere, sempre in uno stile improntato su un metal melodico ottantiano; Fabrizio e Flavio con le loro chitarre fanno del loro meglio, per lusingare le nostre orecchie.
Loro sono giovani e si vede ma con “Point Of No Return” pescano dentro se stessi per omaggiare una persona che purtroppo non c’è più: compito arduo il loro poichè credo che in casi come questi, e cioè tributare e onorare la scomparsa di qualcuno, si rischia tanto senza ottenere il risultato sperato. Ma la loro ricetta risulta azzeccata, basando tutto su riff molto semplici e precisi, che arrivano facilmente a chi ascolta: nonostante la voce di Simone tradisse un po’ di indecisione, vuoi per la giovane età e vuoi anche per l’emozionalità del brano, gli applausi ci sono e si sentono, “…While every silence cry for me/break my frame/my cage/my chains/so teach me how to fly…”. Molto bene!
Dopo gli applausi, arriva la ballad “Don’t Belong”: è soft al punto giusto, ma poi il loro sound energico esce e viene a catturarti con la consueta ruffianeria! Ci si avvia a grandi passi verso la conclusione della loro scaletta con gli ultimi due brani: il primo, “Fury Of The Storm”, ha messo in evidenza, secondo me, una parte centrale molto bella e musicale ma la voce, pur rimanendo funzionale alla musica, si è rivelata sottotono sia rispetto al pezzo in questione che a tutto il resto della serata. Le indecisioni vengono comunque messe da parte con “Fire”: nell’ultimo frammento di questa esibizione, il combo è stato convincente, dimostrandosi padrone delle proprie idee con la sezione ritmica, composta da Damiano Fidati (batteria) e Raffaele Ventura Costa (basso), ha reso ancora più massicci riff macinati dalle due chitarre, sorretti in pieno dal loro front man!
In conclusione, mi godo e ci godiamo tutti quanti un bel finale melodico a due voci: questo ci consegna una band giovane, che in alcuni casi presenta forse delle lacune, come ad esempio le pause troppo lunghe fra un brano e l’altro, la poca attitudine ad essere complici con il pubblico e anche qualche piccolo calo di concentrazione. Ma va bene così, perchè come ripeto sono una band giovane, che può solo migliorare, le idee ci sono, sono ben definite e molto valide, e lo abbiamo sentito tutti: passione e voglia di suonare erano ben presenti sul palco e lo testimoniavano gli applausi di tutto il locale. Forza ragazzi ci vediamo on stage al prossimo concerto!

Your Next Mistake lineup:

Simone Ruggeri – Voce
Fabrizio Cocco – Chitarra
Flavio Salcuni – Chitarra
Raffaele Ventura Costa – Basso
Damiano Fidati – Batteria

Your Next Mistake setlist:

“We Die Alone”
“Your Next Mistake”
“Point Of No Return”
“Don’t Belong”
“Fury Of The Storm”
“Fire”

Poemisia

L’essere umano, come sappiamo, è un entità molto complessa, al suo interno albergano due fattezze distinte e separate: male e bene lo guidano attraverso la sua esistenza terrena. Chi legge può stare tranquillo, non sto descrivendo la trama di un horror o di un thriller, ma introduco quello che è il secondo cambio di palco della serata. Una scenografia dal forte impatto gothic, fatta di candele e lapidi, immerge il Let It Beer in un clima surreale e arcano, dove in un alternarsi di luci e ombre oltre ai canonici strumenti rock fanno la loro comparsa due violini, una viola ed un violoncello! L’“Anemone” è un fiore molto delicato, e Tina Gagliotta con la sua voce lo descrive alla perferzione, catturando occhi e orecchie del pubblico: un impatto scenico molto teatrale, dove gli archi, suonati a dovere, fanno sentire la loro presenza.
Si passa a ritmiche più incalzanti, con un riffing tendente al folk, e nella gotica oscurità creata ad arte dalla band, è arrivato il momento di ascoltare “Amnesia”: gli archi continuano ad essere protagonisti della scena, coadiuvati in maniera esemplare da Marco Monaco (chitarra), Salvatore Talento (basso) e Michele Antonio Coppola (batteria), nel locale luce e buio si inseguono, giocano a nascondersi ai nostri occhi fino a che la prorompente voce di Tina si svela di nuovo a noi, e per mano ci porta verso un finale bello e malinconico, culminato dagli applausi della gente!
Il nuovo pezzo, è introdotto come fosse un piccolo carillon ma basta poco e lo stile intenso e operistico dei Poemisia, puntellato da un drumming di stampo metallico, fa la sua apparizione in “Totensonntag” terzo brano in scaletta. Si va avanti, e i Poemisia che danno prova di se stessi, mostrandosi un combo molto affiatato e con “Solerte De’ Bardi” ci donano una ballata dal sapore medievale, in cui metal e opera si avvicendano fino ai gorgheggi finali di Tina.
“Giunse Al Fin Il Momento”: dove viola e violini pizzicati, iniziano delicatamente per poi diventare protagonisti. Una martellante batteria e una infiammata chitarra vanno a completare lo sfondo, in cui la loro narratrice ci dona, anche attraverso la sua recitazione, un’altra storia dal finale frenetico ma bellissimo.
Il tempo sembra essersi fermato, e invece siamo arrivato al ballo finale: “La Danza Degli Spiriti” avvolge il locale con le sue spire fatte di note e musica; ma ahimè il tempo è scaduto, si è affievolito velocemente come la fiamma di una candela. Prima che questa possa spegnersi del tutto però, posso dire che, nonostante un piccolo palco, lo show era veramente degno di nota: si sono mescolati musica ed esoterismo insieme, abbiamo assistito ad una recitazione che ha donato un approccio molto teatrale delle canzoni in cui si intrecciavano la modernità e la classicità degli strumenti che suonavano. Ormai la fiamma della candela è spenta, quando verrà accesa di nuovo altri applausi accoglieranno la ribalta de i Poemisia: Bravi!

Poemisia lineup:

Tina Gagliotta – Voce
Marco Monaco – Chitarra
Salvatore Talento – Basso
Michele Antonio Coppola – Batteria
Pasquale Murino – Violino
Domenico Ventrone – Violino
Floriana Russo – Viola
Ludovica Centracchio – Violoncello

Poemisia setlist:

“Anemone”
“Amnesia”
“Totensonntag”
“Soleste De’ Bardi”
“Giunse Al Fin Il Momento”
“La Danza Degli Spiriti”

Dark Quarterer

Il 1969 viene considerata una data speciale per chi ama sonorità “prog”, in quell’anno siamo stati ammessi alla corte del Re Cremisi. Da quel momento in poi, anche nella nostra bella Italia nacquero realtà progressive di grande valore, che avrebbero poi scritto pagine musicali molto importanti e apprezzate nel mondo: nel 1972 prende vita la prima formazione dei Dark Quarterer, che sta per calcare il palco del Rock In Park 2019.
Si parte con un prog sognante e di classe, Gianni Nepi (voce e basso) ci introduce nel mondo Dark Quarterer, sentiamo subito ritmiche importanti che sfociano in una parte centrale dove chitarra e tastiere giocano a rincorrersi tra loro: “…Nessuno può descrivere il percorso da intraprendere…nessuno sà se sarà difficile…solo il destino decide…” , ma qui a decider di noi è l’impatto musicale eccelso che la band ci sta offrendo da quando è entrata in scena. E con un finale funambolico, mette fine a “The Path Of Life”, direttamente da ‘Ithaca’ edito nel 2015.
Un inizio veramente energico e vigoroso, mentre restiamo nella “terra del sole”, patria di Odisseo, dove una cadenzata e furiosa “Mind Torture” ci attira con impeto nelle sue spire con bellissimi cambi di ritmo e parabole vocali. La maestria di questi artisti trasuda da ogni nota che viene suonata, il pubblico guarda, ascolta, ne viene rapito e applaude come fosse alla mercè della maga Circe che domina le menti e ci fa schiavi della musica!
Non si prende fiato, ma si continua a correre, il più lontano possibile dagli errori alla ricerca di una luce per l’anima: “Escape” resta saldamente in scia del pezzo precedente, fortemente epica e con una bellissima commistione tra prog classico e metal grazie alla chitarra di Francesco Sozzi e al drumming martellante di Paolo Ninci (batteria), a cui si aggiunge un tappeto tastieristico dal forte impatto emotivo ottimamente suonato da Francesco Longhi (tastiere).
Momento più intimo, dove Gianni Nepi, vocalmente perfetto, canta camminando sulle corde dell’anima, canta di come seduto in riva al mare osserva il cielo e guarda negli occhi della solitudine: “Nostalgia”, eccola che goccia a goccia e nota dopo nota, avvolge i pensieri con la sei corde di Francesco, ancora sugli scudi, forte come un vento freddo e notturno, senza nulla da invidiare ad artisti più blasonati.
I ricordi ora si accendono di una luce fortissima, “…Il potere è tutto/la bellezza è tutto/il resto non è niente…”: ci troviamo nel 1988, il disco in questione è ‘The Etruscan Prophecy’, un introduzione dal sapore un po’ barocco e poi tanto ma tanto prog, maestoso, bello, accattivante e senza tempo sono gli ingredient di “Devil Stroke”. Pezzo che ha impressionato molto il sottoscritto, e che suonato ancora oggi dopo 31 anni mi dà l’idea di come, secondo me, i Dark Quarterer abbiano fornito ispirazione ad altre band (una di queste potrebbe essere i Magellan – n. d. r.).
La classe compositiva è nell’anima di questo gruppo, e non si è mai arrestata, “…The gold of the sunset will never warm you…”: siamo qui al cospetto di musica di altissima qualità, le orecchie dei presenti sono in totale godimento con “Darkness” dove la voce di Gianni Nepi non conosce pause, non è stata scalfita dal tempo e si lascia andare offrendo ai nostri applausi la massima emozionalità di cui è padrone!
“…I have lost myself gazing into her eyes/Lady Scolopendra destroys me…”: non serve presentare un brano dove si sente battere il cuore di questo fortissimo combo, mentre le tastiere (per loccasione solo due) arrivano direttamente dagli anni 70, con trame stupende accompagnate dall’infaticabile Paolo Ninci (batteria) sempre presente a corredo di una piccola opera di 8 minuti!
E con un po’ di rammarico, siamo giunti alla fine di questo splendido sogno progressive, “…la notte sta arrivando/il giorno è andato…/niente più canzoni/niente più rumori…” , solo che in questo caso le persone non scompaiono ma restano, anzi restiamo lì, sotto il palco per poter disporre ancora un po’ della maestrìa dei Dark Quarterer. Concludono il set con il brano omonimo (per l’appunto “Dark Quarterer” il preferito della serata, da chi scrive – n. d. r.), che misterioso si erge all’interno del locale, ma dopo questo breve e soffuso avvio si cede il passo ad una cavalcata musicale, guidata dalla voce cangiante del buon Gianni. I nostri cuori si riempiono di progressivo splendore e magnificenza e corriamo su territori musicali mai dimenticati: è il giusto sigillo finale che rende onore a questi musicisti che sempre sorridenti suonano e creano con passionalità l’arte di cui sono fieri paladini!
Grazie, Gianni Nepi, Francesco Sozzi, Paolo Ninci, Francesco Longhi. Grazie per le luci, i colori e le emozioni di un concerto bellissimo!

Dark Quarterer lineup:

Gianni Nepi – Voce/Basso
Francesco Sozzi – Chitarra
Paolo Pinci – Batteria
Francesco Longhi – Tastiere

Dark Quarterer setlist:

“The Path Of Life”
“Mind Of Torture”
“Escape”
“Nostalgia”
“Devil Stroke”
“Darkness”
“Lady Scolopendra”
“Dark Quarterer”

I ringraziamenti di rito vanno fatti, e in questo caso sono particolari. Grazie e complimenti alla Sounds Rock Agency che ha creduto nel progetto di questo piccolo (ma grande) “Rock in Park on the road” , dove hanno trovato collocazione ben sei band diverse tra loro ma con un unica grande passione, che è quella di fare musica di qualità! Grazie al Let It Beer che ha aperto le porte a tanta diversità musicale, che ha incendiato il palco. Noi di Vero Rock, siamo grati come sempre per avere avuto la possibilità di esserci per potere raccontare questa storia!

Fonte: Rocco Faruolo

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